Rover - Live @Circolo degli Artisti - Roma, 2 marzo 2013
Per una antica e romantica tradizione, la prima cosa che mi colpisce ad un concerto finisce per condizionare l'intero evento. Appena arrivato, nell'allora vuota sala del Circolo degli Artisti, noto una famiglia, mi sembra di intuire francese, che si dirige spedita, con due incantevoli bambini in testa di circa 3 e 5 anni, verso le transenne che delimitano il palcoscenico. Il più piccolo impugna la fredda barra metallica e comincia ad aspettare.
Stasera e' di scena il francese Timothée Régnier, meglio noto con il suo nome darte, Rover, giovane rivelazione della passata stagione, in tour in questi giorni in Italia per presentare il suo omonimo esordio, un disco che mi aveva piacevolmente impressionato. Ad aprire il concerto, alla presenza di una modestissima platea, sono i Persian Pellican da Ascoli Piceno. Un duo, chitarra elettrica e batteria, dalla vena post rock e dalla tecnica alt folk. Niente male e il pubblico applaude soddisfatto.
Verso la fine dell'esibizione, come detto molto apprezzata, ho il tempo di voltarmi ed accorgermi che la folla si e' magicamente duplicata, forse triplicata, e che sul palco, dopo pochi minuti dattesa, si palesa, mescolata ai tecnici di scena, la mastodontica figura di Rover, un ragazzone dall'aria paffutella e simpatica, che goffamente adagia la sua chitarra sul piedistallo e torna nelle retrovie. Il clima è quindi quello dellesibizione tra amici, senza deliri da star o atteggiamenti da rock star, dove pure la presenza del pubblico potrebbe sembrare casuale. Questione di pochissimi minuti e Timothée, accompagnato da un giovanissimo batterista, raggiunge il posto sulla scena e scambiate le ultime occhiate di rito, comincia a suonare.
Sulla scena ci sono, e rimarranno fino alla fine, solo lui ed il batterista, con una tastiera in bella vista dietro il colosso francese, allapparenza posta lì per caso. Allinizio si pensa ad un momento introduttivo, in attesa che salgano tutti i restanti membri della band, ed invece e' la lineup che caratterizzerà tutto il concerto, con l'unica variante di Rover che, su un paio di pezzi, lascerà la sei corde per spostarsi alle tastiere. Chi conosce l'album sa quanto il sound sia ricco, curato, finemente arrangiato con un ruolo decisivo delle potenti linee di basso. Ragion per cui i primi pezzi lasciano decisamente lamaro in bocca, non essendo sufficienti la chitarra e la batteria (che tra l'altro detta un ritmo decisamente più lento rispetto alle versioni originali), a rendere giustizia della bellezza dei brani originali. Remember, il pezzo dellalbum che preferisco in assoluto, è il terzo in scaletta, ma la versione proposta è talmente lenta, con decise variazioni melodiche rispetto alloriginale, che realmente fatico a riconoscerla. Seguono in ordine sparso tutti i pezzi dellalbum con picchi di esaltazione del duo raggiunti con Aqualast e Tonight, questultima, in una versione più decisa e dura rispetto alloriginale, in chiusura della scaletta pre-bis. Applausi a scena aperta, urla di compiacimento e ringraziamenti commossi di Rover, che sembra pure imbarazzato di fronte a cotanto calore.
Pochi minuti e i due ritornano in scena con la doppietta Queen of the fools e Full of Grace che consacra definitivamente lesibizione romana del pachidermico talento doltralpe, alla quale segue un lunghissimo applauso ed un generale senso di appagamento che inizia a serpeggiare tra i commenti del pubblico uscente.
La scena iniziale mi aveva comunicato tanta tenerezza, passione per la musica e ricerca di una sana convivialità, lasciandomi un gradevolissimo sapore in bocca. La scena finale, pure.
Merci beaucoup Monsieur Rover. Arrivederci.
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