R Recensione

7/10

Robert Wyatt

Comicopera

Robert Wyatt ha già fatto la storia della musica, creandosi una reputazione invidiabile grazie alle sue incredibili intuizioni con i leggendari Soft Machine, grazie alla bellissima parentesi con i Matching Mole e, soprattutto, grazie a una carriera solista tra le più interessanti all’interno del panorama della musica moderna (“Rock Bottom” è, a parere di chi scrive, il disco più bello della musica rock).

Wyatt somiglia solo a se stesso, e basta seguire proprio la sua carriera solista per accorgersene. Che senso ha, dunque, un nuovo album del Maestro di Canterbury nel 2007, a quarant’anni dal primo LP dei Soft Machine? In realtà, si potrebbe complicare la domanda estendendola anche a Bob Dylan, Neil Young e molti altri ancora. Ma Robert è diverso. La sua voce è la prima, grande differenza. E’ come la tromba di Miles Davis: sempre in cerca di qualcosa di nuovo, eppure le note sono sempre quelle, il suono che può emettere è sempre quello. Ma lo strumento-voce di Wyatt è in grado, come lo strumento di Miles, di offrire ogni volta qualcosa di nuovo. E di incantare. Il resto parte da qui.

Comicopera” non fa eccezione, e per certi versi riprende una delle caratteristiche del suo predecessore “Cuckooland” (2003) e dell’altra opera dell’ultimo decennio, “Shleep” (1997), cioè la volontà di ricercare il formato più rassicurante della canzone senza tradire le proprie vocazioni sperimentali (sintetizzate, forse, in quel capolavoro che è “Moon in June”, composta per i Soft Machine). Altra caratteristica che può inserire “Comicopera” in un’ideale trittico 1997-2007 è la continua dicotomia tra la dimensione intima e quella sociale. In verità questo è un tratto saliente dell’intera carriera del musicista, diventato forse più palese negli ultimi dieci anni, dato che in precedenza Wyatt sembrava voler tenere distinti i due aspetti con album “a tema” socio-politico.

Tracciate queste poche coordinate, veniamo alla musica. “Comicopera” è diviso in tre atti. Nel primo atto, “Lost in Noise”, spicca l’iniziale “Stay Tuned”, una cover della cantautrice Anja Garbarek. Appena parte questo brano, è difficile non pensare al “respiro” che permeava tutto “Rock Bottom”: il respiro della vita, dell’esistenza, dell’essere umano. Un brano davvero coinvolgente, etereo, che riesce perfettamente nel compito di calare l’ascoltatore nella dimensione wyattiana. E’ invece una ballata dolce, romantica e rilassata “Just as You Are”, un duetto con la cantante brasiliana Monica Vasconcelos, caratterizzato anche per un lavoro non trascurabile delle chitarre suonate da Paul Weller. Ma è anche un brano decisamente piatto, sempre in prospettiva wyattiana. “You You”, “AWOL” e “Anachronist” sono invece tre confessioni basate essenzialmente sulle capacità comunicative di Wyatt e della sua voce, nelle quali non mancano interessanti riferimenti jazz (specie in “Anachronist”). Il primo atto, dunque, può essere considerato quello dedicato più approfonditamente alla dimensione intima del Maestro.

Il secondo atto (“The Here and the Now”) comincia con “A Beautiful Place”, una scanzonata ballata chitarristica che, limitandoci ai giorni nostri, potrebbe venire fuori da un disco degli Eels. “Be Serious” è un trascurabile esercizio jazz, mentre ben più interessante è la strumentale “On the Town Square”, che sempre su una base jazz ricorda un’orchestrina natalizia che prova i brani da suonare circondata da qualche passante infreddolito. Wyatt torna alla delicata confessione in “Mob Rule”, brevissimo episodio che sembra avere la funzione di dividere in due l’album. “A Beautiful War” riprende infatti “A Beautiful Place” ma può essere raccordata – per la musica e per l’atmosfera – al terzo atto, che come vedremo è quello della dimensione sociale. “Out of the Blue” è invece il brano più legato al passato, un mix tra le voci brechtiane di Ivor Cutler in “Rock Bottom” e il lirismo di qualche brano con i Matching Mole.

Il terzo atto, “Away With the Fairies”, raccoglie come detto gli episodi a sfondo “sociale” della musica di Wyatt, e si apre con una cover di “Del Mondo” dei nostri C.S.I., già presente su un tributo fatto da artisti italiani al Maestro di Canterbury. Questo è un remix, nel quale la voce dolce di Robert sembra ancor più delicata. “Cancion de Julieta”, da Garcia Lorca, ricorda certe atmosfere del disco “Lorca” di Tim Buckley: sarà un caso? In realtà, ad eccezione della cover di “Del Mondo”, nel terzo atto c’è ben poco di rilevante, tra i carillon di “Pastafari” e il passaggio a vuoto di “Fragment”, che va a riprendere “Just as You Are”. La conclusione è affidata all’inno popolare “Hasta Siempre Comandante”, sospeso tra i ritmi stile Santana (!) e il tocco jazz dei musicisti. E, a proposito di musicisti, oltre a quelli citati vanno ricordati Brian Eno e Phil Manzanera, che hanno contribuito a tradurre (parzialmente) in musica una delle intenzioni di Wyatt, cioè avvicinare la propria musica a quella delle big bands, con uno sforzo non sempre premiato da risultati entusiasmanti. Un compito non facile per una musica inscindibile dal suo autore.

Comicopera”, però, resta un disco bellissimo, la cui media viene abbassata da qualche passaggio a vuoto (ne sono stati indicati diversi, sopra). E’ un vero peccato, ma è difficile considerarlo una nota di demerito perché un conto è valutare i passaggi a vuoto di gruppi appena nati, all’attivo da poco tempo e già coinvolti nella frenesia di pubblicare continuamente dischi; un altro conto è, invece, valutare i passaggi a vuoto di un artista che fa musica da almeno quarant’anni, si concede all’industria discografica solo quando sente di aver qualcosa da dire e compone musica così intima e ricercata (nell’intimo, intendo).

In più, e concludo, alla valutazione di questo disco contribuisce una riflessione personale: sto cercando da qualche tempo di avvicinarmi il più possibile a gruppi e musicisti nati, professionalmente diciamo, negli ultimi anni. Eppure emozioni così profonde, sensazioni così piacevoli e un’empatia così intensa sono riuscito a trovarle solo in questo album. O è colpa mia, o il merito è di Robert: nel dubbio, voto per lui.

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 7 voti.
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REBBY 7/10
Mboma 7/10

C Commenti

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Mboma (ha votato 7 questo disco) alle 16:49 del 5 novembre 2007 ha scritto:

rock bottom!

benché sia un disco "minore" all'interno della discografia di wyatt, una serie di bozzetti raccolti in un'unico contenitore, piuttosto che un'opera figlia del medesimo disegno artistico, si lasica ascoltare con trasporto e passione. E se in qualche frangente non convince appieno, e se più in generale può sembrare confezionato con leggerezza ed approssimazione, rimane comunque un disco sincero ed estremamente godibile, legittimo figlio dell'arte e della visione della vita di un grande ed intelligente artista come bob. bella recensione.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 18:34 del 21 dicembre 2007 ha scritto:

disco stroncato

questo disco di Wyatt è stato stroncato da più parti

ma a dire il vero osannato anche da altre e wire ne ha fatto il disco del 2007

al che mi pongo la domanda: il 2007 è stato così fiacco?

il disco per me è OK più del prolisso Cuckooland ma probabile che da fan del vecio non sono obiettivo

fabfabfab (ha votato 10 questo disco) alle 14:14 del 7 giugno 2008 ha scritto:

Istruzioni per l'uso

Allora, comprate questo disco (stupendo, enorme, immenso), magari in vinile, e portatelo a casa (se lo mettete nell誕utoradio vi inseguo e vi sparo alle gomme).

Spegnete le luci e cercate di ottenere il silenzio di tutto il condominio, o anche di tutto il quartiere, se avete contatti con la camorra.

Mettete il disco sul piatto, alzate il volume (non troppo), chiudete gli occhi e ascoltate la voce di Robert Wyatt che si distende su lenzuola di fiati (鉄tay tuned? primo pezzo del primo atto s perch il disco diviso in tre atti, come quelli degli anni ?0).

Dura tre minuti e quarantanove secondi.

Ora spegnete tutto, riaccendete le luci e continuate la vostra vita.

Tra una settimana ripetete lå¼›perazione e sentite anche il secondo pezzo. E via cos settimana per settimana.

Fra centododici giorni potrete sentirlo tutto, dalla prima alla sedicesima traccia (æ»´asta siempre Comandante?).

Poi per dovrete andare a cercarvi altri dischi, perch Robert Wyatt ne pubblica uno ogni 4/5 anni. Bisognerebbe trovare qualcuno di altrettanto bravo Dunque Ehm Vediamo