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R Recensione

6/10

My Education

A Drink For All My Friends

Nel processo di ridefinizione delle coordinate del post-rock attuato dalla label teutonica Golden Antenna, trova spazio una band texana che pur non mettendo in campo una revisione topografica radicale, sa generare una sostanziosa dose di vibrazioni positive, circumnavigando - con tenacia e saggezza da capitani esperti - mari ribollenti di sensazioni già provate, di orizzonti sonori già visitati. Non a caso dopo il breve intro A Drink..., con ...For All My Friends la destinazione del viaggio pare immediatamente riconoscibile nei territori strumentali creati dagli A Silver Mt. Zion, territori allo stesso tempo glabri e maestosi, caratterizzati da ruvidi deserti battuti dal vento e da imponenti alture emozionali: vengono dunque evocate quelle strane alchimie fra sacrali panorami elettrificati e incombenti epifanie progressive. 

Non si discosta molto da queste location, neppure l'affascinante fluire di Mister 1986, nella quale il violino tratteggia delicati arabeschi e le chitarre acustiche si appaiano a quelle elettriche. I My Education, con il loro sesto album (il precedente, "Sunrise" uscito tre anni fa, era un'opera di sonorizzazione del film muto di Murnau del 1927 uscito in Italia con il titolo di "Aurora"), cercano di gestire con abilità le transizioni tra le opposte fattezze dei paesaggi, riuscendo a portare alla luce quel continuum che ha il sapore dell'essenzialità.

In Roboter-hohlenbewohner si avvicinano pericolosamente alle ipnotiche geometrie space-rock dei Maserati, fluttuando nelle loro stesse sgargianti orbite celesti e  lasciando troppo poco spazio a inedite interpretazioni del cosmo: ma il brano è un dichiarato omaggio alla memoria dell’amico Jerry Fuchs che dei Maserati – e anche dei !!! – era il batterista, morto in drammatico incidente (cadendo nel vuoto nel tentativo di uscire da un ascensore rimasto bloccato). Black Box, nel suo mesmerico dipanarsi, rivela un aspetto dei My Education che non emerge negli altri episodi del lavoro: una grande capacità di descrizione d'ambiente, attraverso le forme di un post-rock incline a garbate divagazioni psichedeliche, in grado di rendere questo uno dei migliori passaggi di tutto "A Drink For All My Friends".

In Happy Village ad essere lambite sono le radure emozionali dei Mogwai, da quelli più asciutti, emersi ad esempio nella colonna sonora del documentario dedicato a Zidane, a quelli esplosivi di We're No Here (su "Mr. Beast"): una carezza lenta fatta di pensosi arpeggi, che diventa via via più fragorosa, in un crescendo che include distorsioni, accelerazioni, derive psichedeliche. Ma i Mogwai, su questi stessi piani prospettici, hanno già perfettamente edificato eloquenti cattedrali sonore perché questi nuovi costruttori riescano a stupire con analoghe intuizioni architettoniche. Il pezzo tuttavia nel finale sfocia violentemente in Homunculus, che è davvero una scarica adrenalinica, una scheggia impazzita, percorsa da un fremito post-punk.

"A Drink For All My Friends" è un bignami di storia del post-rock, che trova modo e maniera di colpire per veracità e per urgenza espressiva. E i primi ascolti sanno avvolgere in una fitta coltre sensoriale nella quale è bello perdersi per un po'. Se fosse uscito, al più tardi, nei primi anni del millennio staremmo ora a parlarne come di un classico. Ma siamo nel 2013 e non possiamo non fare i conti con ciò.

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