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R Recensione

7,5/10

Steven Wilson

Get All You Deserve

Con il secondo disco solista, Steven Wilson recupera ampiamente la scelta di non aver fatto seguire al debut album un tour: così a  “Grace For Drowning” segue un lungo peregrinare fra il vecchio e il nuovo continente (38 date), per quello che probabilmente è il più elaborato show della sua intera carriera. Uno show che a parere del cantante, compositore e chitarrista necessitava di essere documentato in audio e video con la cooperazione del fedele Lasse Hoile chiamato a farsi carico prima della regia dei concerti – tutte le immagini proiettate sono scatti del fotografo e art-director danese – e poi di quella del film tratto dalla performance registrata al Teatro Metropolitan di Mexico City, il 13 Aprile di questo anno.  Ovviamente il tutto confezionato nella sontuosa veste di un cofanetto contenente doppio cd audio, DVD e Blu-Ray.

Per la prima vera grande occasione al di fuori dei suoi Porcupine Tree, Wilson mette in piedi una formazione di talenti: Marco Minnemann alla batteria (era ad un passo a subentrare a Mike Portnoy nei Dream Theater, ma la sua credibilità se l’è costruita attraverso molti lavori a suo nome e militando nelle fila di  Kreator e Necrophagist e nelle band di Paul Gilbert, Mike Keneally e Nina Hagen; con Trey Gunn ha realizzato l’ottimo “Modulator”), Theo Travis al flauto, clarinetto e sax (uno dei più apprezzati fiatisti in circolazione, attivo da un paio di decenni in diversi ambiti – jazz, elettronica e, indubbiamente, progressive – e dal 2008 partner musicale di Robert Fripp nel progetto a firme congiunte), Nick Beggs al basso, al chapman stick e alla voce (da qualche anno nel gruppo di Steve Hackett, mentre a partire dagli 80s  prima nei Kajagoogoo e poi in una miriade di line-up dal vivo per artisti disparatissimi: ABC, China Crisis, Alphaville, Howard Jones, Belinda Carlisle, Gary Numan, Tina Turner…), Niko Tsonev alle chitarre (guitarist professionista dal 1990, sebbene questa collaborazione con Steven Wilson sia forse il suo più importante fiore all’occhiello), Adam Holzman alle tastiere e al piano elettrico e non (più volte inserito dalla rivista Pulse! tra i primi dieci tastieristi della categoria Fusion, nominato da Keyboard come uno dei dieci più grandi musicisti al mondo: di impronta chiaramente jazz – il suo stile può essere definito un crocevia fra Keith Jarrett, Chick Corea e Keith Emerson – ha avuto la fortuna di vedere il suo nome accanto a quello dei musicisti che hanno suonato su “Tutu” di Miles Davis, seguendo poi il leggendario trombettista nel tour successivo).

Steven Wilson, oltre a cantare – stavolta ottimamente supportato alle backing vocals da Nick Beggs – come al solito si divide fra chitarre e tastiere; ma più che altro oggi si diverte come non mai a fare il “direttore d’orchestra” dei fenomeni lo accompagnano. A dire il vero, non trovo Niko Tsonev così fenomenale e penso che Wilson sbagli a delegare a lui alcuni fra i più cruciali assoli presenti nelle due prove in studio: a lui preferivo di gran lunga Aziz Ibrahim, il chitarrista che l’ha preceduto nella first leg della tournée.

 La selezione dei brani in scaletta ovviamente propende per il recente “Grace For Drowning”: da citare la magistrale suite Raider II (per la descrizione dei suoi oltre 23 minuti vi rimando alla mia recensione del disco), con tutto il bagaglio Crimsoniano era “Lizard” che si porta dietro, Sectarian con le dissonanze sempre derivate dalla tradizione di Fripp & sodali, la magnifica Deform To Form A Star, con interludio pianistico jarrettiano  pregno di grande emozione, la suggestione agreste di Like Dust I Have Cleared From My Eye (lunga ballad in pieno stile Wilsoniano, con chiaro riferimento ai Porcupine Tree del periodo “Stupid Dream”, “Lightbulb Sun”), l’ipnotico magma di Remainder The Black Dog, la carezza in odor di Coldplay di Postcard, ma anche le influenze trip-hop che confluiscono nelle ipnotiche Index e No Part Of Me, nelle quali Minnemann sostituisce il suo drumming alle propensioni elettroniche che avevamo assaporato in studio. Gli estratti dal primo album solista “Insurgentes” sono già accolti dal pubblico con il sapore dei classici: l’iniziale No Twilight Within The Courts Of The Sun (nella quale i musicisti entrano uno alla volta sul palco), la “Porcupine-Tree-oriented” Harmony Korine, la conturbante rivisitazione di Abandoner, l’evanescente fluttuazione magnetica offerta da Veneno Para Las Hadas (uno degli emozionali centri di gravità di questa tournée) e la conclusiva celebrazione costituita da Get All You Deserve (che non a caso da il titolo a questo cofanetto dal vivo), nella quale Wilson sente il bisogno di richiamarsi all’artwork del disco da cui è tratta, indossando una maschera antigas durante l’apocalittica coda strumentale. C’è tuttavia spazio per un inedito (Luminol) che confluirà nel nuovo episodio in studio che vedrà la luce nella primavera del 2013, nel quale vedremo coinvolta proprio la sua l’attuale line-up dal vivo. Il brano, definito “epico” dallo stesso Wilson, è un vero compendio progressivo per i non addetti ai lavori: ai suoi sussulti iniziali di chiaro riferimento Yes (periodo “Drama”), seguono sezioni che sembrano tratte dai primi lavori solisti di Steve Hackett e altre riferibili agli struggenti romanticismi del debut album dei King Crimson (contribuisce il flauto di Theo Travis e una cascata di Mellotron), che conducono ad una parte evidentemente riferibile ai Genesis di Supper’s Ready, sino al finale dove si toccano persino le dinamiche dei Dream Theater della suite A Change Of Season. In Luminol viene esaltato il carisma strumentale del bassista Nick Beggs, qui particolarmente vicino alle vibranti propulsioni di Chris Squire. Con tutto ciò nelle orecchie, già comprendiamo che anche per il prossimo album Steven Wilson (con Alan Parsons nel ruolo di sound-engineer), deciso a sfruttare a pieno le potenzialità di una band così coesa, continuerà a propendere per la rievocazione, seppur in grande stile, del corpus progressivo. Fra l’altro l’ha detto chiaramente: “finalmente con un gruppo così posso realizzare quella musica che sono perfettamente in grado di ideare, ma non di suonare”.

A livello scenografico, la performance non fallisce nel coinvolgere gli spettatori (anche televisivi, a questo punto): qui il protagonista, nel bene o nel male, resta Lasse Hoile, ossia il vate/graphic-artist al quale Wilson, da oltre un decennio, ha interamente demandato il compito di plasmare il suo immaginario visivo. La sua usuale tetra prospettiva, indecisa fra fetish e decadentismo, tuttavia stavolta riserva alcune luminose soluzioni ambientali (litoranei deserti, campi di grano sterminati, scintillii, figure in controluce, ombre fluttuanti), che ridanno respiro agli occhi. Inoltre fino al terzo brano il gruppo si esibisce, come nella miglior tradizione dei Sigur Ros, dietro un velo-sipario che consente di rivelare subito, in modo massiccio e  particolareggiato, le tematiche visuali di Hoile, fatte di angoscianti presenze, di instabilità mentale, di squallide location domestiche, di surrealismi paranoici, di disturbanti divagazioni oniriche, di bambole decapitate, sullo sfondo di panorami naturali apparentemente tranquilli eppure pregni di inquietudine. Ma le circa dieci telecamere, fra quelle fisse e quelle mobili, impiegate per registrare il concerto, colgono l’essenza dello show e catturano le luci in tutta la loro intensità, privilegiando l’esaltazione delle sfumature viola-blu; il montaggio, serrato ma non ipercinetico, segue l’inter-play fra i musicisti, con stacchi funzionali e rispettosi del ritmo emotivo delle sequenze. L’interesse non è mai per gli strumenti quanto piuttosto alla relazione fisica fra strumento e strumentista. Wilson rimane spesso al centro dell’attenzione ma la regia sa ben distribuire i meriti fra i vari protagonisti che popolano la scena.

Certamente l’intero concerto si caratterizza come una sorta di Bignami di Storia Progressiva per chiunque si sia perso qualche significativa antichità risalente al quinquennio che va dal 1969 al 1974, con alcune citazioni (King Crimson e Van Der Graaf Generator fra tutti, ma si potrebbero individuare decine di altre realtà anche meno evidenti), anche piuttosto sfacciate.

Ma se per questo tour la scaletta è stata costruita esclusivamente sui due album usciti a nome di Wilson, quest’ultimo ha già avuto modo di dichiarare che per i concerti che seguiranno la pubblicazione del nuovo opus, nel 2013, verranno inseriti nella setlist i brani tratti dai primi tre storici dischi dei Porcupine Tree.

Musicalmente tutte le belle declamazioni che ci ha elargito il “buon” Steven tra fine Anni ’90 e inizio millennio, in merito alla sua ormai consolidata distanza dalla psichedelica settantina e dall’orpellosità progressiva, sono state evidentemente oggetto di una pesante e drastica revisione: rimane qualche perplessità su quale sia, a questo punto, il volto più autentico dell’artista. Sicuramente l’aver personalmente curato i nuovi mix in 5.1 della discografia dei King Crimson, di “In The Land Of Grey And Pink” dei Caravan, del debutto e di “Tarkus” degli Emerson, Lake & Palmer, di “Aqualung” e “Thick As A Brick” dei Jethro Tull, deve aver pagato non poco sotto il punto di vista di una nuova immagine da “Harry Potter del prog”: e visto che i fan del genere sono certamente ancora moltissimi, avrà pensato il maghetto inglese, perché negarsi i loro consensi, concedendo loro nuove composizioni perfettamente in linea con quanto di meglio la prima metà dei Seventies ha prodotto? Presto poi lo vedremo anche nel progetto “Genesis Rivisted II” di Steve Hackett – il chitarrista torna ad appropriarsi dell’immortale materiale della sua ex-compagine – nel quale Wilson presterà la voce a Can-Utility and the Coastliners e suona la chitarra in Shadow of the Hierophant (storica composizione dell’Hackett solista). Perché non prendersi dunque “tutto ciò che si merita”, come declama il titolo oggetto di questa recensione, senza precludersi nulla?

 

Ma senza perdersi troppo in congetture, si può senza dubbio dire che questo cofanetto offre davvero una impeccabile performance, immortalata con un maestria che non prescinde mai dal buon gusto: al di là delle sue cupe ambientazioni, Hoile sta diventando un regista bravo e volenteroso di superare i suoi limiti passati. Avendo visto il concerto romano del tour un questione, posso riferire di quanto “Get All You Deserve” riesca pienamente a raccontare con veridicità quanto portato in scena, costruendo un film che non cede mai il passo alla noia. Una vera rarità per quanto riguarda i DVD dal vivo.

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C Commenti

Ci sono 6 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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swansong alle 18:16 del 28 settembre 2012 ha scritto:

Luminol, il brano postato qua sopra, lascia veramente senza parole..semplicemente fantastico! Non vedo l'ora di procurarmi l'intero dvd..con il grande rammarico di essermi passaggio live di questa primavera, mannaggia! Ottimo Stefano, come al solito - e come al solito, per me, un pelo strettino di manica col voto!

REBBY alle 18:31 del 28 settembre 2012 ha scritto:

beh sai com'è Swan, la crisi si fa sentire in tutti i settori, anche in quello dei voti eheh

Utente non più registrato alle 13:47 del 2 ottobre 2012 ha scritto:

Magnifica occasione per riassaporare le emozioni fortissime della data all'Alcatraz di MI.

Splendida la musica e splendide le riprese, veramente un prodotto con i fiocchi.

Un musicista, Mr. Steven Wilson per cui gli aggettivi superlativi non si sprecano...con buona pace dei detrattori o di chi vorrebbe vedere altre band al di sopra di questo autentico Re Mida...

REBBY alle 14:44 del 2 ottobre 2012 ha scritto:

Addirittura Re Mida, quale quello di Altan? :Craxi e Berlusconi sono come Re Mida: tutto quello che toccano diventa loro.

-- Altan eheh

Utente non più registrato alle 14:39 del 10 ottobre 2012 ha scritto:

ahahahah...bella questa...grande Altan...inarrivabile Steven Wilson...

brogpsycrog.blogspot.it

Utente non più registrato alle 21:34 del 14 novembre 2012 ha scritto:

Steven Wilson tornerà in Italia, il 28 Marzo 2013 (unica data) al Teatro della Luna di Assago (MI).

Una degna cornice per un concerto di Wilson...