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R Recensione

5,5/10

Herself

Herself

Il palermitano Gioele Valenti, critico musicale e strumentista acustico, ha in mente una stanza. Nessun cielo. Una stanza, proprio. Chiusa, calda, accogliente, come la sua terra. Di questa stanza egli rappresenta la figura principale, la sagoma che si accoccola al centro, il motore da cui si dipanano onde e vibrazioni, i mood di una canzone – un’unica canzone – destinata a ripetersi, con un balletto di minime variazioni tematiche, all’infinito. Attorno a lui un discreto accompagnamento ritmico, un robusto rinforzo d’archi, qualche distorsione. Valenti prende il microfono, e sussurra in inglese – ché in una stanza, specie se ovattata, l’elettricità è cacofonia al napalm. Un arpeggio segue l’altro, giustapponendosi con effetto orchestrale, senza fretta, in una catena ipnotica che tutto lascia trapelare, eccetto l’impressione di poter essere spezzata da un momento all’altro. Eppure “Strangler Who’s Me” sta lì, sotto i tre minuti, manifesto lo-fi (ma quanto lo-fi?) di una sensibilità tenue, spazialmente piccola, intensa quanto basta, Ringkomposition folk per loner e cuori in pena.

Su uno schema di semplice essenzialità, Herself – curioso pseudonimo dietro cui si nasconde l’egida solistica di Valenti, qui attorniato per la prima volta da un abbozzo di vera e propria band – proietta ansie ed intreccia filosofie quotidiane in un disco omonimo, il quarto, incredibilmente omogeneo e fedele a sé stesso. Fin troppo. Il gioco regge la candela quando, in “Here We Are”, il bello e tenebroso arrangiamento arty-psych per tastiere e drum machine scombina l’ostinato soliloquio voce e chitarra, o gli accordi solari di “Funny Creatures” squarciano il malinconico velo filtrato del cantato, disciogliendosi in rallentamenti lisergici che propri impreziosivano i Flaming Lips degli anni ’90 o, ancora, in “Outside The Church” l’acustica volteggia in un vuoto saturato dal fingerpicking e cullato sul vento dello splendido violoncello di Aldo Ammirata (coda strumentale di sicuro impatto) e, in “Sugar Free Punk Rock”, la chitarra aggiuntiva dell’ospite Amaury Cambuzat (Ulan Bator) proietta su tessuto noir, e chiusura in organetto, il filtro folktronico della grana melodica di base.

Poi, il diluvio. (Ri)cercata è, senz’altro, la volontà monotimbrica di esprimere più sfaccettature con un unico concetto: in questo contesto vanno inquadrate le due metà di “Tempus Fugit”, levitante e cinematografica la prima, contratta ed inquieta la seconda, con gli archi che tagliano anziché lenire. Altrettanto difficile a cancellarsi, tuttavia, è una sensazione, del tutto tangibile, di noia latente, che subentra al progressivo scentrarsi di un platter troppo lungo (quasi un’ora) e poco reattivo a stimoli esterni. Di nuovo voce e chitarra pizzicata in “Violence Is For Leaders”, sistri e sonagli a cavalcare l’onda impetuosa di “Passed Away” (persasi, per l’ennesima volta, in un’introspettiva semplificazione ad incastri), un sobrio Elliott Smith in maggiore in “The River” e le ombre del post rock in cui si tingono corde e atmosfere amniotiche di “Something In This House”. Non cambia più nulla, scosse ed andature si narcotizzano, l’encefalogramma perde vivacità, la ballata finale (“How You Killed Me”) non accentua abbastanza gli spigoli.

E in questa stanza, ça va sans dire, i visitatori tendono a trattenersi solo quanto basta.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 2 voti.
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sacha 8,5/10
Capuano 7,5/10

C Commenti

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sacha (ha votato 8,5 questo disco) alle 8:31 del 13 novembre 2012 ha scritto:

gran disco, recensione quantomeno viziatella

Marco_Biasio, autore, alle 9:45 del 13 novembre 2012 ha scritto:

Poi mi spieghi perché.

sacha (ha votato 8,5 questo disco) alle 13:08 del 13 novembre 2012 ha scritto:

Spiegartelo sarebbe un'offesa all'intelligenza di entrambi... ma una tra le tante spiegazioni (la meno maliziosa) potrebbe essere il fatto che il tuo gruppo preferito sono i System Of A Down

Marco_Biasio, autore, alle 13:56 del 13 novembre 2012 ha scritto:

Ancora non ci arrivo (sarà perché ascolto i System Of A Down?), ci penso su...

Capuano (ha votato 7,5 questo disco) alle 7:36 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Concordo con Sacha. Forse non sarà al pari del precedente God Is a Major, ma sicuramente non è un disco da 5,5. A meno che critici storici coma Elio Bussolino, Aldo Chimenti e (in passato) Enver, a parte un'altra dozzina, non hanno preso un abbaglio, il buon Biasio nella migliore delle ipotesi non ha ascoltato; la recensione è stupidamente velenosa.

Marco_Biasio, autore, alle 21:53 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Anzitutto puoi chiamarmi Marco. Mi sarei aspettato, da due commenti (su due) in pieno disaccordo col mio parere, che si muovessero critiche ad alcuni determinati giudizi espressi nella recensione, che invece viene prima definita, genericamente, "viziatella" e poi "stupidamente velenosa". Come se fossi pagato per quello che scrivo... Gli aspetti positivi del disco ci sono, eccome, e li ho riportati in un intero paragrafo, ma è chiaro che se si vuole leggere solo ciò che fa comodo questo non fa testo, ed il voto non si spiega. Ti dirò di più: oltre a non coltivare nessun astio verso Gioele (perché mai dovrei, poi?), quando questo disco è uscito, a fine marzo, l'ho pure intervistato in merito. Il che significa che ce l'ho sottomano da aprile e, a casa mia, fino a novembre fanno sette mesi. Sei liberissimo di dire che non l'ho ascoltato, o che l'ho ascoltato male, e mi fa piacere sapere che a Enver è piaciuto. Se tu e sacha, invece, cercavate una marchetta cucita su misura, ho paura abbiate sbagliato sito (e persona).

Capuano (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:55 del 19 novembre 2012 ha scritto:

Visto che Biasio risponde ad entrambi con una sola fava, mostrando un piuttosto specifico disprezzo nel mescere le identità di chi scrive sul suo blog, farò altrettanto io con i "pro-recensione" - anche in questo caso - "due su due"; al di là delle marchette su (o fuori) misura che solo Biasio (e chi altri se no?) sa se usa fare o meno, e al di là della disputa su cosa sia o meno un epiteto (un esempio, "Achille piè veloce", e non "stupidamente"), per ritrovare il veleno nell'esternazione del caporedattore, basta il fatto che un disco italiano di qualche rilievo come quello di Herself, viene qui trattato (e male) dopo "sette mesi" dalla sua uscita (è chiaro che mi si risponderà che la fila è lunga!)... Poi Biasio mi chiede una critica sui giudizi... ma lui stesso deve sapere che una critica sulla critica è già di per sè un paradosso, e, in ultima analisi, non concepibile sulla singola frase o sul singolo giudizio (tipo la "noia latente", che è pur sempre un affetto soggettivo e non materia di critica nel merito, né criterio universalmente valido); una critica (sulla critica) può solo essere indirizzabile ad un milieu generale da cui si evince un particolare malanimo di chi pone in essere la critica stessa. Troppo facile uscirsene così, Caporedattore! eheheh... Chissà perchè poi tutti gli scriventi sul web se ne escono sempre col fatto che non vengono pagati... a parte il fatto che io vedo molta pubblicità, mica bisogna per forza essere al soldo di qualcuno per smerdare un artista, esitono una miriade di altre dinamiche in termini di “ritorno”. Meditiamo.

Marco_Biasio, autore, alle 15:05 del 19 novembre 2012 ha scritto:

Mi hai sgamato. Siccome mi fa schifo la mia quotidianità di caporedattore non pagato, ho deciso di sfogarmi sul primo disco italiano che mi capitava sotto mano. Solo per pubblicità personale, sia chiaro: al New York Times piacciono un sacco i recensori stupidamente velenosi.

REBBY alle 9:45 del 20 novembre 2012 ha scritto:

Non c'è disputa sull'epiteto, infine ti sei spiegato (malino eheh) quindi

Mesci anche tu eh!

Io, a differenza di Marco, del disco in questione ho piluccato solo qualcosa sul web, quindi non dico nulla, come nulla ho detto della recensione.

Tanto che ci sono: a mio parere, la critica musicale italiana, professionista o meno che sia, in generale sopravvaluta spesso i prodotti autoctoni (Marco stesso, secondo me, ne ha sopravvalutato qualcuno eheh), difficilmente accade il contrario.

Capuano (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:50 del 20 novembre 2012 ha scritto:

... eh, eh, e meno male che ci sei tu, che ti spieghi meglio... ahahah

REBBY alle 16:54 del 20 novembre 2012 ha scritto:

e se così fosse tu avresti capito..., ma così non è stato ghgh

Capuano (ha votato 7,5 questo disco) alle 7:35 del 22 novembre 2012 ha scritto:

Ok, stavolta ammetto... Touché

REBBY alle 9:09 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Maddddai, è sicuro che ha ascoltato, ovvio con le sue orecchie.

Spiega cosa intendi per recensione stupidamente velenosa, che altrimenti il tuo è solo un gratuito epiteto eh.

Capuano (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:35 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Ragazzi, su andiamo!, ma esisterà pure un leggere tra le righe, o bisogna per forza essere pornografici? Ok, intanto “stupidamente velenosa”, non è, stricto sensu, un epiteto; secondo, se una mandria di critici affermati concorda con la qualità (vogliamo dire sopra la media?) del disco e blasio gli dà sotto la sufficienza, vorrà dire qualcosa, o no? Finiamo allora nel relativismo assoluto?... Intendo, forse un criterio mediano avrebbe reso giustizia sia all’artista che a tutti i critici coinvolti, secondo me. In ultima analisi, ma questo è davvero solo a titolo personale, se la “noia latente” fosse il criterio dominante attraverso cui misurare la validità di un disco, tre quarti del post rock avrebbe dovuto essere defenestrato da queste pagine. Ci sarebbe pure dell’altro… ma io mi fermo qui.

REBBY alle 10:16 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Quindi se una recensione è nettamente in disaccordo con una mandria di critici affermati è stupidamente (questo l'epiteto) velenosa? O hai sbagliato termini oppure siamo al relativismo assoluto dei significati eheh

Giuseppe Ienopoli alle 16:14 del 20 novembre 2012 ha scritto:

... sei forte Capuano! ... quasi quanto il molleggiato ... vorrei aggiungere un epiteto ma non me ne intendo molto ... .... eheh ... e+h ...

Capuano (ha votato 7,5 questo disco) alle 7:34 del 22 novembre 2012 ha scritto:

Ache tu sei forte, fiancheggiatore (è un epiteto?)... ma cos'è, sta levata di scudi?... Ho solo detto la mia, il più educatamente possibile... (totalitario, è un epiteto?)

REBBY alle 9:04 del 22 novembre 2012 ha scritto:

Giuseppe un mio fiancheggiatore? Ma figurati, parteggiava sicuramente per te eheh

Sul web succede che non è come pare a prima vista.