Mercury Rev
Deserter's Songs
I Mercury Rev hanno creato un immaginario. Sarebbe stato un immaginario collettivo se la società musicale fosse stata governata da personaggi di spessore e abitata da persone più aperte e disponibili a scoprire e a guardare aldilà del loro naso. Ma la pappa pronta fa più gola di un pasto ancora da cucinare eppure quest'ultimo una volta servito in tavola è infinitamente più gustoso perchè ha richiesto sacrificio e passione. Stesso vale per la musica. Mercury Rev hanno popolato il loro immaginario di creature magiche ed eventi fantasmagorici, inventandosi un universo proprio, slegandosi completamente dalla realtà in nome di un' estetica fine a se stessa, ma meravigliosamente fine a se stessa.
Il loro progetto va ben aldilà della musica, diventa sperimentazione "sui generis", un cocktail di poesia, cinema, pittura e più in generale arte. Penso che sia uno delle tante vie di fuga che hanno caratterizzato i terribili anni '90: come in "Teorema" di Pasolini l'uomo, disperato, sull'orlo del baratro, cerca nelle maniere più disparate di ricoprire quel vuoto, quella ferita aperta. Il grunge esorcizza il gorgo dei '90 con la rabbia (ripredendo stilemi già del punk britannico), il post-rock con la destrutturazione della forma-canzone, gli shoegazers con una sorta di misticismo orientale, i Radiohead (agli albori) con una autoflagellazione adolescenziale, i Mercury Rev con una esplosione di fantasia. Mercury Rev vivono in una Xanadu felice dove Mirò convive con Tolkien, Hitchcock con Brahms. La quantità di riferimenti o solamente pensieri che vengono in mente ascoltandoli è insostenibile, eppure la leggerezza di questo pop-non-pop fa sì che tutto il peso di tanta carne al fuoco non si senta. La carriera dei MR si è sviluppata su sentieri sempre diversi mantenendo sempre però come costante l'ingegno, la creatività, la non-linearità. Partiti da un noise-rock molto particolare (Yerself is Steam è album assolutamente incredibile, un' orgia di caos e rumore senza nessun filtro, un omaggio al feedback) sono poi evoluti in un suono levigatissimo e raffinatissimo, che qualcuno definisce pop ma io non me la sento. Dire che i Mercury Rev sono pop è come dire che Mozart era un suonatore ambulante.
Pop non significa "musica tranquilla che ha una buona melodia" come rock non significa "musica non tranquilla sporcata dalla chitarra elettrica" come avanguardia non significa "musica inascoltabile" (per quanto spesso le tre affermazioni possano sembrare valide). "Deserter's songs" esemplifica forse al meglio il vulcano di idee di MR. Ora si capisce perchè hanno cominciato a scuola, girando colonne sonore per film a basso costo. "Deserter's songs" è una colonna sonora di un film mai girato, un film sull'arte, sulla bellezza, sulla fantasia. Non si può ascoltare D'sS così tanto per ascoltarlo, bisogna starci dentro, bisogna avere solo lui. Richiede un suo spazio personale, per rimanerci in intimità, altrimenti è meglio non ascoltarlo potrebbe risultare una nenia continua. Soprattutto è necessario entrare nel suo mondo: è un mondo parallelo, fatato, se si rimane ancorati alla realtà è inutile ascoltare D'sS. Quindi quando decidete di metterlo su, assicuratevi di essere da soli, al riparo da qualunque tipo di miasmo ammorbante (scusa la traduzione infelice B...), oppure se siete in viaggio, guardate di fuori. E' notte, le luci della centrale elettrica vi avvolgono, le auto in corsa sfiammeggiano, piove sul vetro della carrozza, le gocce si appoggiano delicatamente, c'è silenzio quanto basta per sentire un sibilo in lontananza. Siete pronti per ascoltare D'sS.
"Holes" inizia con un incredibile apertura sinfonica da brivido e già si capisce dove andranno a parare i MR. Sembra di ascoltare Mahler, assurdo! Inizia il canto fragile di Baker puntellato dal pianoforte ed è già estasi, canto che si rompe in un interludio grandioso per batteria, orchestra e theremin. L'uso del theremin avvolge in una atmosfera incantata, è un trip, sembra di essere nel "mago di Oz" o nel "flauto magico". Ancora canto, poi ancora interludio con assolo di fiati. Capolavoro strepitoso e non me ne frega niente se è barocco o ridondante. "Tonite It Show" è introdotto dallo xilofono (la quantità di strumentazione che usano i MR è da orchestra sinfonica) e dai fiati, ancora il canto trasognante di Baker, l'atmosfera diventa più fantasy, mi vengono in mente "il signore degli anelli" o il "pifferaio magico". Sono dentro alla favola, accanto al pifferaio, lo seguo, danzo con lui. Tutto ancora perfetto, lussuoso, meraviglioso. E' ancora solamente l'inizio del viaggio: come non farsi prendere dalla bucolicità di "Endlessly", arpeggio dolce di chitarra, coro angelico, theremin. Arrangiamenti da repertorio classico, alla maestosità delle prime canzoni si sostituisce la delicatezza, sembra natale, scende la neve, addirittura si sente una melodia che ricorda "astro del ciel". Non sto a discutere le melodie (che sono straordinarie), perchè c'è ben altro. C'è la ricerca di una essenza musicale, di comprendere il segreto della musica, quale effetto produce sulle nostre menti. E' avanguardia, sperimentazione totale, è una delle cose più ardite fatte negli anni '90 musicali (i Sigur Ros dovrebbero pagare come minimo una birra ai MR per aver inventato tutte le caratteristiche ideali delle loro composizioni), ma oltre alla ricerca c'è anche un certo benessere psico-fisico che si prova nell' ascoltarli, il che non fa mai male. Certo se siete incazzati e volete ascoltare gli Iron Maiden non è questo il genere adatto ma non sarete sempre incazzati... "I collect coins" spiazza tutti: dopo aver mostrato la grandeur orchestrale i MR infilano una mini-traccia al piano che sembra uscita da un vecchio film anni '30, con tanto di scratch di grammofono.
L' immaginario si amplia, MR inventano una musica capace di essere anche immagine, una musica che parla. "Opus 40" è forse il capolavoro melodico dell'album: un trionfo di gioia e di festa. Qui siamo sicuramente più vicino ad un pop di classe, ma definirlo così sarebbe sminuire un arrangiamento tra i più compositi del'album (fiati, archi, organetto e chi più ne ha più ne metta), addirittura una sezione reggae con mini-assolo di organo. Un' orgia di suoni, colori, vitalità e quel ritornello così spontaneo, così leggero ("Tears in waves minds on fire/nights alone by your side"). "Hudson Line" continua sulla strada di melodie ingenue, in fiore, puntellate dal sassofono e intermezzate da una sporca chitarra elettrica prima e da un organo poi. Semplice, lineare. "The Happy end (the drunk room)" divide ancora l'album con un intermezzo eccentrico di piano già come aveva fatto ICC, ancora magia che questa volta evoca i mostri colorati delle migliori composizioni Mironiane. Proprio Mirò, secondo me, è la chiave di volta dell'arte MR. La fantasia esagerata, quella creatività illimitata e illimitante, quel rutilare di colori sfrenato che compare ad esempio nel "Carnevale di Arlecchino". Mirò ha creato un universo parallelo dove non esiste più l'uomo, ma solamente la sua fantasia. La fantasia che produce mostri, animali fantastici, espressioni perverse del nostro inconscio. Guardando "Il carnevale di Arlecchino" si colgono milioni di emozioni diverse, che vanno dall'incubo, all'ironia, alla gioia, alla malinconia, al sogno. E' quasi insostenibile osservarlo perchè abbaglia di fremiti, di pulsioni vitali, come un fiume in piena. Per i MR vale lo stesso discorso traslato in musica. In coda THE(TDR) propone una specie di avanguardia concreta alla Cage (o almeno a me sembra di coglierla).
Ma è ancora Mirò il riferimento principale: gli scherzi di un mostriciattolo dispettoso steso sul pianoforte. "Goddess on a Highway" è invece più seria, più rock per certi versi, pur mantenendo sempre quella spensieratezza tipica delle loro melodie. Queste caratteristiche la rendono più corposa ad esempio di altri pezzi, in cui sembrava veramente che la melodia si potesse spezzare da un momento all'altro, ed è sicuramente la canzone più vicina al formato canzone dell'album insieme a O40 (anche gli Arcade Fire dovrebbero pagare una birra agli MR per aver inventato tutte le caratteristiche ideali delle loro canzoni). "The funny Bird" è invece più lasciva rispetto al resto del gruppo, con una lieve tendenza ad un elettro-rock che si sublima nell'assolo di chitarra wah-wah. Si rivedono i MR di Yerself is Steam, più noise, più chitarrosi. L'unico ponte di contatto con i vecchi MR ed infatti canzone a se stante nel panorama D'sS. "Pick up if you're there" è ancora un intermezzo fantastico, arrangiato in maniera meravigliosa. L'unico buco nero dell'album, l'unico passaggio che evoca disperazione, incubo (come in ogni buon film vi è il momento negativo!). Assolo di theremin su un tappeto di archi e sintetizzatori, sensazioni da brivido, se non eravate ancora ipnotizzati da quest'album ora non potete che esserlo. Per quanto mi riguarda uno dei passaggi più belli dell'album. Ma cosa succede? Non ve lo siete chiesti a questo punto? "Delta Sam Bottleneck Stomp" è dance allo stato puro. Dance-pop da classifica. Incredibile. Dopo il buio del sottosuolo MR ritorniamo in superficie dove ci attende un party in piena regola.
Quindi la bonus track, sperimentazione totale affidata ad una sezione di archi ubriaca. Nessuno se le mai cagata, ma io voglio dare una mia interpretazione: Prendete un cartone animato come "Tom e Jerry" o qualsiasi altro di Hanna e Barbera. La colonna sonora che accompagnava quei cartoni era straordinaria perchè era stato d'animo, ovvero creava da sè già una situazione particolare tanto che avreste potuto guardare il cartone chiudendo gli occhi. Ho sempre pensato che chi scrivesse quella musica fosse un genio. Gli archi che seguono i passi del personaggio o i piatti che accompagnano una colpo sonoro mi hanno sempre colpito per la loro facilità nella descrizione di un fotogramma. Penso che gli MR abbiano voluto fare lo stesso: ascoltando questa bonus track ho brividi alla schiena ricordando come fossi così abituato ad osservare quei cartoni animati da non riuscire più a discernere musica da immagine. Erano una sola cosa indivisibile. E' con i MR che ho capito quale sia l'essenza musicale di quel tipo di colonne sonore, quella di creare una parvenza di realtà edificandola su sette note, null'altro. MR stessa cosa.
(...E quell' oh-oh umano piazzato in mezzo non potrebbe rappresentare la spaesatezza e l'inquietudine dell'uomo di fronte a questa grandeur fantasiosa? Lo smarrimento nell'aver perso scampoli di realtà, sistemi di riferimento mentre Tom insegue per l'ennesima eterna volta Jerry sul tappeto di casa? Pensateci...)
Una delle più grandi esperienze degli anni '90 (se non la più grande).
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