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R Recensione

7/10

Federico Ferri

I Funamboli EP

La tradizione di quel cantautorato introspettivo giocato, in equilibrio naturalmente precario, sulla corda di un’emozione, che ha attraversato quel pezzo di storia della musica italiana che va da Tenco ai La Crus, passando per Ivano Fossati, è quella a cui si richiama Federico Ferri (oltre alla voce, chitarre acustiche ed elettriche, percussioni), costituendo lì il suo habitat sonoro d’elezione. Calzante, dunque, il titolo prescelto per questo raffinato EP, anche se la musica in esso contenuto non rimane confinata al solo territorio della nostra penisola. Apparrà ben chiaro, una volta giunti alle vibrazioni wave de Il deviatore di parole, così sospesa fra morbidezze alla Elbow e sferzate alla Doves (o viceversa). Tuttavia il richiamo al panorama nostrano rimane legato a doppio filo alla visceralità con la quale vengono trattate le trame del cuore, tenute insieme da quella misteriosa amalgama che risponde al nome di amore. E' nelle funamboliche rime dei testi che si rinviene l'ars poetica a cui Federico Ferri si abbevera e di cui è dispensatore. La title track è in tal senso esemplare, nell’evolvere in quel dolente sostrato umorale del quale la formazione di Mauro Ermanno Giovanardi si è resa così ritrosamente protagonista, compartecipando di quello stesso sofferto sentire. Decisamente invece ascrivibile all'enfasi sentimentale delle migliori ballate di Guy Garvey & soci, l'intensa e conclusiva Itaca. Più indecisa sul da farsi è invece Blue, stranamente ammiccante ad una verve indie-rock poco incline all’intimismo emozionale evocato dagli altri episodi dell’EP, qui ben rappresentato dal testo ma non dalle note e dalle ritmiche che su di esse si inerpicano. Fondamentale l’opera di “guida” e di produzione offerta da Giuliano Dottori degli Amor Fou (che qui si occupa anche di chitarra, basso, tastiere, pianoforte, programmazioni e cori… e si sente) , personaggio chiave per il progresso artistico del songwriter di Milano. E proprio a Milano “I Funamboli” è stato presentato dal vivo in apertura del concerto dello scorso Ottobre di Massimo Zamboni.

Sicuramente per Federico Ferri è ipotizzabile il ricorso all’immaginario di un infaticabile camminatore “in limine” di geografie sentimentali, di un cantastorie innamorato delle parole e della sinestesia che lega indissolubilmente queste alla musica, quasi che ognuna delle due modalità sia una proiezione dell’una sull’altra e, quindi, che ognuna sia fonte di illuminazione per l’altra. E sembra ricordarcelo, quasi urlando come Nanni Moretti in “Palombella Rossa”: “LE PAROLE SONO IMPORTANTI”!

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