R Recensione

8/10

No-Man

Mixtaped (2DVD)

Provare a raccontare, nello spazio di una recensione (nella fattispecie quella del loro doppio DVD di recentissima pubblicazione che contiene un dischetto live e un altro documentaristico), l’epopea “minima” dei no-man è impresa ardua, ma quantomai necessaria. Necessaria perché la loro storia, iniziata nel 1987, ci permette di armonizzare la loro misconosciuta vicenda musicale con la Grande Storia della musica alternativa a cavallo fra new-wave classica, rock alternativo di stampo british e gli avamposti della musica elettronica, che in quegli anni cercavano di scrollarsi di dosso i nobili esperimenti degli Anni ’70, ma anche le “applicazioni” nel campo del dancefloor.

Mi aiuterà il “documentary” dal titolo Returning presente nel secondo DVD e, sicuramente, l’aver vissuto in prima persona, da fan (non mi nascondo...), questa esperienza unica (e continuativa) di una reale band di crossover, che ha nel suo curriculum vitae il pregio di aver lavorare con i musicisti più influenti della scena underground del rock inglese. Tutto nasce ovviamente dall’incontro fra il cantante/songwriter Tim Bowness e il chitarrista-multistrumentista/compositore Steven Wilson (noto al grande pubblico per essere il leader dei Porcupine Tree). Nei primissimi anni attorno al duo ruotarono in pianta più o meno stabile, anche Ben Coleman (violino) e Stuart Blagden (chitarra, strumento presto ad appannaggio del solo Wilson, finora impegnato solo alle tastiere). In particolare Coleman sarà fino al 1994 il terzo membro effettivo dei no-man.

La sperimentazione non sempre ha assunto forme di avanguardia, come comunemente si potrebbe pensare. La sperimentazione dei no-man è da intendere come sapiente alternanza di stili, senza tuttavia smarrire l’identità di fondo e il gusto, oserei dire l’anima dei no-man stessi, passando dall’industrial-new wave dei singoli incisi con a nome no-man is an island (vedi Screaming Head Eternal o The Girl From Missouri), al trip-hop (riferimento: il singolo Colours del 1990 che all’epoca ebbe ampia visibilità, incluso nell’album del 1992 Lovesighs), dal pop sofisticato e stiloso realizzato nella scuderia di One Little Indian, alle prime esperienze live del 1992 (che grazie al fatto di avere lo stesso manager di Talk Talk e Rain Tree Crow, è stato realizzato con Steve Jansen, Richard Barbieri, Mick Karn nella line-up, il cui contributo si è esteso poi all’album Loveblows and Lovecries del 1993), dallo scontro fra funzionali canzoni techno-pop e lunghi elaborati brani dalle colte atmosfere (uno scontro, ad esempio, fra la trendy You Grow More Beautiful e la “cardinale” Angels Get Caught In The Beauty Trap, con ospite Robert Fripp, che si susseguono, senza soluzione di continuità, nell’ambizioso Flowermouth del 1994, al quale parteciparono anche l’ex-King Crimson Mel Collins al sax, Lisa Gerard alla voce, Steve Jansen e Chris Maitland alla batteria, che da lì a breve si sarebbe unito ai Porcupine Tree), dalle ricerche ritmiche e “massivamente” elettroniche (l’album Wild Opera del 1995), fino ai capolavori di quelle ricercatissime ed introspettive ballad di evidente richiamo all’evanescente eredità dei Talk Talk (Returning Jesus 2001 e Together We’re Stranger 2003) e al “ritorno” del 2008 con il discontinuo Schoolyard Ghosts.

Sicuramente nel periodo di più alta ispirazione (i primi Anni 2000, seguiti alla fuoriuscita dalla troppo modaiola e pretenziosa label One Little Indian), tutta l’esperienza dei no-man è da leggersi nella scia emozionale-artistica di artisti del calibro Miles Davis, Talk Talk, Dead Can Dance, David Sylvian, Kate Bush, The Blue Nile, Brian Eno & Robert Fripp: siamo ormai nella sfera della completa sublimazione del pop, della dissoluzione del rock. Pura opera di dilatazione di suoni e sentimenti, finalmente lasciati liberi di fluire. Ed è proprio in virtù di questo processo di dislocazione sonora (rispetto ad ogni corrente contemporanea) che i no-man realizzano due dischi degni di essere considerati fra i 10-20 dischi più importanti del decennio. Ecco, il secondo DVD ripercorre, con dovizia di particolari e interviste, tutta questa storia apparentemente minore, includendo negli extra anche i videoclip realizzati (quindi non i loro brani migliori, preciserei).

Fuori dall’excursus storico, il primo dei due supporti invece cattura la performance della “reunion” (anche se il gruppo non era mai stato dichiarato sciolto) che ha avuto luogo a Londra, al Live Bush Hall, il 29 Agosto 2008. La scaletta per l’occasione, essendo stata l’esperienza live dei no-man sempre discontinua e piuttosto ridotta rispetto alla lunga discografia prodotta, è davvero una sorta di “best of” in grado di fondere e  amalgamare le tante sfaccettature della loro diamante musicale, includendo tanto i pezzi che li hanno moderatamente resi famosi nelle indie-chart (Pretty Genius, Days In The Trees, Things Change), quanto le composizioni più “nobili” degli ultimi tre album (Only Rain, All The Blue Changes, Returning Jesus, Lighthouse,Truenorth). La formazione allestita per l’occasione è fatta di buoni musicisti, ma è certamente lontana anni luce dal tour del 1993 (con Jansen-Barbieri-Karn, tanto per intenderci): ma tutto funziona come deve e certamente ormai Steven Wilson non è più il giovinastro timido ma intraprendente di quindici anni fa, bensì è ormai un perfetto stratega in grado di ottenere il meglio dai fanti del piccolo esercito a sua disposizione, anche al di là delle possibilità dei singoli.

Da segnalare, in chiusura, l’ospitata dell’ex no-man Ben Coleman, in una Things Change al fulmicotone, arricchita per l’occasione, con un lunghissimo, infiammato assolo iper-psichedelico di violino elettrico. Non so perché, ma tutto ciò ha il sapore dell’addio. Vorrei smentirmi, ma Wilson ormai appare sempre più attratto da altri lidi d’interesse e di certo il successo mondiale dei Porcupine Tree, oggettivamente distanti dalle raffinate prelibatezze malinconiche dei no-man, non fa altro che gettare ombra sul futuro del duo. Continuerà a confortarci la tanta stupenda musica che hanno prodotto: in fin dei conti, già così, ci potremmo ritenere felici di aver avuto modo di appaiare agli intensi ascolti di Spirit of Eden / Laughing Stock dei Talk Talk, questa nuova accoppiata di lavori del 2001 e del 2003 che, a mio avviso, sono già nella Storia della Musica.

E nella speranza ultima che altri, dopo di loro, sappiano seguire questo solco tracciato su un terreno, un po’ nascosto, ma fertilissimo. I nomi già ci sono, basta spulciare bene anche il nostro stesso sito…

 

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C Commenti

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daniele.synesthesia alle 8:51 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

No-Man

Splendida recensione Stefano. I No-Man meritano tutta l'attenzione possibile.

Utente non più registrato alle 14:10 del 15 febbraio 2012 ha scritto:

Eccellente dvd+cd con alcuni brani tratti da quest'ottimo live (Wilson in grande spolvero con meravigliosi assoli pschidelici). Per continuare un ascolto su simili coordinate, procuratevi Memories Of Machines con la collaborazione di Peter Hammill, Steven Wilson, Robert Fripp, ecc.

Utente non più registrato alle 10:31 del 4 luglio 2012 ha scritto:

In uscita Love And Endings (cd/dvd)

luca.r alle 11:51 del 10 gennaio 2017 ha scritto:

che palle i No-Man.... la voce di Tim Bowness è tra le più piatte e noiose che mi sia capitato di sentire.