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R Recensione

5/10

Iroha

Sheperds & Angels

L’i­dea sa­reb­be anche stata buona: sol­ca­re quel ter­ri­to­rio fra new-wa­ve, shoe­ga­ze e psi­che­de­lia va­ria­men­te se­mi­na­to – in sta­gio­ni di­ver­se e con me­to­di dif­fe­ren­ti - da Brea­thless, Slo­w­di­ve, Jesu, per vedere se nuovi fiori iridescenti potevano ancora sbocciare.

Pec­ca­to che le dense poe­ti­che at­mo­sfe­ri­che che ne de­ri­va­no siano, com­po­si­ti­va­men­te par­lan­do, de­bo­li no­no­stan­te l’in­se­ri­men­to di un so­stra­to chi­tar­ri­sti­co piut­to­sto con­si­sten­te. Andy Swan (nei Final in­sie­me a Ju­stin Bro­drick aka Jesu e mem­bro fon­da­to­re dei Go­d­flesh),  Diar­muid Dal­ton (Go­d­flesh) e Do­mi­nic Crane (The Boaty Man, Rum­ble Fish) co­strui­sco­no il loro edi­fi­cio so­no­ro ispi­ran­do­si dun­que a mo­del­li ar­chi­tet­to­ni­ci che già hanno “stu­dia­to” nel corso della loro espe­rien­za. Ma l’im­pres­sio­ne ge­ne­ra­le è che la pro­du­zio­ne abbia vo­lu­to gio­ca­re trop­po sui ri­ver­be­ri e molto sul­l’al­ter­nan­za fra me­lo­die fra­gi­li e riff mo­no­li­ti­ci, cer­can­do di li­vel­la­re le “al­tez­ze”: da ciò sca­tu­ri­sce una re­gi­stra­zio­ne non im­pec­ca­bi­le che fa ap­pa­ri­re la band di­stan­te e il qua­dro so­no­ro d’in­sie­me piut­to­sto an­neb­bia­to (in par­ti­co­la­re l’i­na­de­gua­ta rit­mi­ca), av­vol­to in una fo­schia che non per­met­te di co­glie­re ele­men­ti di­stin­ti­vi par­ti­co­lar­men­te si­gni­fi­ca­ti­vi. Anche l’uso della voce, che viene pro­po­sta come quasi un sus­sur­ro pro­ve­nien­te da lon­ta­no non con­sen­te di co­lo­ra­re op­por­tu­na­men­te gli spazi che se­pa­ra­no l’i­spi­ra­zio­ne dal­l’e­se­cu­zio­ne. E così ognu­no dei brani del la­vo­ro sem­bra ugua­le agli altri, senza apri­re var­chi verso altre po­ten­zia­li­tà.  

She­perds & An­gels”, pur fon­den­do tra­so­gna­tez­za shoe­ga­ze e ir­ruen­za po­st-me­tal, ri­sul­ta de­bo­le, ina­dat­to a vei­co­la­re le buone in­ten­zio­ni che pure la band pos­sie­de. Ma in pro­spet­ti­va di un eventuale terzo album, ci sono an­co­ra molte cose da ri­ve­de­re.

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