R Recensione

9/10

The Creation

The Creation

“La nostra musica è rossa con lampi viola”: fu così che il chitarrista Eddie Phillips descrisse il sound di una delle più innovative band dell’area beat-psichedelica inglese di metà anni ’60.

Similmente ai contemporanei Fleurs de Lys con i quali il destino s’intrecciò concretizzandosi in collaborazioni, i Creation, sia a causa di molteplici cambiamenti di line-up che non garantì loro un seguito costante, sia, principalmente per incomprensioni di carattere storico ( troppi gruppi di maggior risonanza stavano emergendo e spopolando in quell’era così sovraffollata di menti geniali), passarono quasi inosservati nella loro madrepatria, polarizzando riscontri ottimi altrove. Le radici degli embrionali Creation affondavano nel 1963, allorquando il singer Jimmy Virgo fondò assieme al chitarrista Norman Miffen (ex membro dei Cliff Richard & The Drifters), al secondo chitarrista Mick Thompson, al bassista John Dalton e al batterista Jack Jones, i Jimmy Virgo & The blue jacks.

Gruppo dalla brevissima esistenza, alla defezione del cantante e del lead guitarist, succedettero, rispettivamente, Kenny Pickett (voce) e Eddie Phillips (chitarra), ribattezzandosi The Mark Four; con questa nuova formazione il successo non tardò a farsi attendere e nel 1964 la Mercury sfornò una serie di singoli che balzarono in vetta alle classifiche,“Rock around the clock”,” Crazy country Hop” le cui B-sides erano originali cover di grandi nomi da Marvin Gaye a Bill Haley. All’ascesa e ad una acqusizione di uno stile più personale fecero capo mutamenti interni: il bassista Dalton confluì nei Kinks mentre il chitarrista ritmico intraprese una carriera solista. Ma il talento emergente dei Mark Four non potè sfuggire, una volta nella capitale inglese, al produttore Shel Talmy, già alle prese con i Kinks e gli Who: dopo aver provveduto a rimpiazzare il bassista con Bob Garner, li mise sottocontratto per la sua label Planet, con il suggestivo nome di Creation, scovato da Eddie Phillips in un libro di poesia russa.

E fu nel 1966 che i Creation debuttarono con la straordinaria “Making time”, travolgente beat psichedelico imperniato su frenetici riffs di chitarre flengerate suonate con l’archetto del violino,acide e rugginose, così come le rullate delle drums che trascinavano in un uragano di suoni tutta l’impalcatura sonora. Nello stesso mese uscì “Try and stop me” dal sound molto prossimo agli Who, prorompente ed energico. Ed il manager Talmy proprio nei Creation intravvide una propaggine di quella sperimentazione sonora messa in atto dagli Who stessi; e l’apparizione al celeberrimo programma musicale Ready, Steady, Go! Risvegliò l’attenzione del pubblico grazie anche a trovate sceniche di vario genere ideate dal singer Kenny Pickett.

Alla musica dovevano corrispondere immagini sempre nuove, essere in continua evoluzione visiva, “action painting”, come Pickett amava definire l’essenza della“creazione”, mirabilmente riassunta nel singolo al fulmicotone “Painter man”: agli accattivanti cori in falsetto che corroboravano la bella e graffiante voce di Pickett, corrispondeva uno stravolgimento armonico ad opera di chitarre distorte suonate con l’archetto (innovazione che i Led Zeppelin riprenderanno più tardi) e una sezione ritmica ossessiva, nelle drums soprattutto,volta a scandire come un orologio lisergico l’andamento portato al massimo grado di frenesia e coinvolgimento. E delle potenzialità del gruppo subito se ne accorse anche Pete Townshend che senza perder tempo propose al talentuoso Phillips di raggiungere gli Who in qualità di secondo chitarrista; a sorpresa quest’ultimo rifiutò e fu Townshend ad entrare nel fan club dei Creation!

La deliziosa “Biff, bang, pow! “ dal titolo squisitamente pop-art ( e cosa erano i Creation se non pop-art sonora?), era un omaggio implicito alla band di Daltrey & co. sia per il fraseggio iniziale di chitarra simile a quello di “My generation”, inno Mod per antonomasia, sia per gli arrangiamenti stilistici. Il singolo si piazzò bene nelle charts britanniche ma lo straordinario successo che il gruppo stava riscuotendo in Germania li persuase ad intraprendere là il tour, trascurando così la Gran Bretagna dove il ferro andava battuto finché caldo e la breve tournée nella madrepatria insieme agli Walker Brothers servì poco per consolidarne la fama. A ciò si aggiunsero cruciali tensioni interne che sfociarono in soventi e fulminei mutamenti di line-up, in dissapori sempre più marcati e il risultato fu il colpo assestato alla linfa vitale del gruppo: Kenny Pickett. Il vocalist uscì bruscamente di scena, rimpiazzato da Bob Garner mentre un nuovo bassista fu trovato nella persona di Kim Gardner ex membro dei Byrds.

Ciò che i nuovi Creation diedero alle stampe nel 1967 fu “ If i stayed too long”, ballata dal groove nero riscaldato dal timbro vocale di Garner che ben si confaceva a quel sound tipicamente Stax in voga in quel periodo e che aveva costituito una fetta della produzione dei connazionali e futuri collaboratori Fleurs de Lys. “Nightmares”, scritta a quattro mani, in passato, da Pickett e Phillips, nello stile quindi dei “vecchi” Creation, fu rispolverata e confermò come la band non avesse un futuro in patria, riscuotendo ancora una volta numerosissimi consensi in Germania, Olanda, Scandinavia. Ed in Germania uscì il singolo “How does it feel to feel”, ammiccante garage acido che riportava il gruppo ai fasti degli albori, ma a cui fu preferita l’evocativa psichedelia di “Life is just beginning”, vuoi per il suggestivo arrangiamento di violino in apertura, vuoi per l’incedere lievemente nostalgico ma incalzato dai poetici e svolazzanti archi che ne fece un hit in terra germanica.

L’ultimo tentativo di conquista della Gran Bretagna fu attuato con il lisergico freakbeat di “Throrugh my eyes”, vecchio sogno in technicolor targato Pickett/ Phillips e celebrato da evanescenti e trascinate escursioni vocali, ritmica cadenzata e sensuale tipica dei trips musicali d’epoca. Al nuovo tour europeo coincise, nel 1968, l’uscita di “Tom Tom”, ulteriore vecchio brano inutilizzato dei soliti Kenny Pickett ed Eddie Phillips ritirato fuori e rimesso a nuovo, lanciato come singolo per la Gran Bretagna che si rivelò putroppo un flop.

Disillusa, la band si sciolse alla fine del tour, quando un’inaspettata offerta di alcune date a Madrid concorse ad una reunion lampo, richiamando vecchi membri, quali Pickett e Phillips ed assoldandone di nuovi. Un rinnovato entusiasmo percorse i Creation e la volontà di ricominciare fece capolino; finito il breve tour spagnolo però Eddie Phillips lasciò definitivamente il gruppo per dedicarsi alla vita matrimoniale ed al lavoro nei trasporti londinesi e fu Ron Wood, ex membro dei Byrds e già all’attivo nella band di Jeff Beck a sostituirlo. A questa novella formazione corrisposero l’uscita di “Midway down” e “ Girls are naked”, entrambi nettamente inferiori, ormai, in termini di originalità melodica e carenti di quell’energia dirompente che aveva caratterizzato il sound dei primi, sfavillanti Creation.

Com’era da aspettarsi entrambi i 45” passarono del tutto inosservati salvo che fuori dalla Gran Bretagna e nell’estate del ’68 la band si sciolse definitivamente; Kenny Pickett, dopo aver militato nella road crew dei Led Zeppelin, divenne un compositore di successo, mentre Kim Gardner fondò un gruppo tutto suo. Ron Wood entrò in pianta stabile nei Rolling Stones e l’onnipresente Jack Jones scelse la via del cabaret. Eddie Phillips, nella seconda metà degli anni ’70 riprese l’interrotto discorso musicale per uscire allo scoperto in qualità di solista con alcuni singoli. Ancora una volta, dunque, la perfida terra d’Albione era rimasta sorda al richiamo dei suoi figli, trascurando la portata innovativa di una band a cui un destino meno avverso avrebbe di sicuro tributato i giusti onori.

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brian 8/10
REBBY 7/10

C Commenti

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TheManMachine alle 0:55 del 17 giugno 2008 ha scritto:

Straordinaria Brionia come sempre!

Leggo le tue recensioni, cara Brionia, benché così corpose, sempre con grande piacere. Storia e passione si incontrano, che spettacolo! Davvero poco considerati i Creation, avrebbero meritato sicuramente più attenzione e successo, ma un po' se la sono voluta, vista la scarsa coesione interna della band e la mancanza di intenti condivisi. Come ben evidenziato da te. Due noticine se mi permetti: se l'album da te recensito è "The Best of the Creation", l'anno di uscita di questo disco non credo sia il '66, visto che il debut album "We Are Paintermen" è del '67. Poi: Jimmy Page cominciò ad usare l'archetto del violoncello sulle corde della chitarra elettrica già con gli Yardbirds, quindi prima di formare i Led Zeppelin. Va be', a parte queste quisquilie, complimenti ancora per l'avvincente recensione. A presto!

Utente non più registrat (ha votato 4 questo disco) alle 13:54 del 18 ottobre 2020 ha scritto:

A parte il fatto che la portata di questa band dimenticata da Dio è innovativa come il nulla, tanta grinta ma talento discutibile. Senza scomodare i nomi dei grandi complessi britannici, perché sarebbe proprio uno spreco, ma vogliamo mettere gli Small Faces? O gli Animals? E dai, su.