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R Recensione

10/10

Who

Who's Next

Agli Who riesce l’album perfetto nel 1971 con questo mirabile, immortale, intramontabile, eccezionale lavoro.

Incastonato fra due opere ambiziose e abbondanti (“Tommy” del 1969 e “Quadrophenia” del 1973, a loro tempo entrambe in LP doppio ed entrambe con film al seguito) le surclassa abbondantemente grazie ad un irripetibile stato di grazia compositivo del capogruppo, il chitarrista Pete Townshend, sublimato da geniali trovate di arrangiamento, per l’epoca assai innovative.

Gli strumentisti sono tutti al massimo delle loro possibilità: Townshend risolve la propria limitata, seppur grintosissima e peculiare, tecnica chitarristica azzerando quasi gli assoli, sferragliando da par suo a tutto braccio di acustica e di elettrica, nonché svariando a pianoforte, organo e sintetizzatore, e poi affiancando spesso e volentieri al microfono il cantante Daltrey, il quale di per sé ci dà oltremodo dentro col suo stile imperfetto, ma potente e generoso. La sezione ritmica merita ascolti dedicati (una volta familiarizzati con il disco): lo stile furioso e creativo del pazzoide Keith Moon risplende fortissimamente con colpi di tamburi e piatti pieni di cuore e potenza; le praterie melodiche che riesce a trovare il basso nodoso e agilissimo di John Entwistle sono senza confini, vere e proprie canzoni dentro la canzone .

Come non bastasse, vi sono un paio di strumentisti ospiti che fanno cose bellissime, il pianista Nicky Hopkins nobilita un paio di ballate col suo caldissimo tocco pastorale ed il violinista Dave Arbus, correndo col suo strumento elettrificato dietro a quel matto di Keith Moon, stampa un memorabile assolo in fuga nel finale di “Baba O’Riley”.

Costei è la canzone che apre l’album ed il primo dei consacrati capolavori di cui esso è impagabilmente disseminato. Per il suo incipit Townshend si inventa nientemeno che la prima “sequenza” nella storia del rock, una frase ostinata di sintetizzatore che compare prima da sola, viene raggiunta progressivamente dagli stacchi di piano (sempre Townshend), dal groove di batteria e poi via via da chitarre e voce, restando poi da sfondo a tutto il brano e riaffiorando negli stop e nelle sincopi. Una tipologia di arrangiamento di cui negli anni ottanta specialmente faremo poi scorpacciate, ma la sua prima genie è qui, a buon merito del nasuto Pete Townshend, esimio compositore. Il titolo del pezzo è un collage fra i due ispiratori dello stesso, il santone Baba, grande ispiratore di Townshend e il musicista Terry Riley, grande ispiratore della partitura di sintetizzatore che rende questo brano così peculiare. Daltrey canta deciso le strofe, si fa da parte per far cantare al suo chitarrista il breve ponte e conclude poi con un urlo lancia la fuga di violino elettrico, una faccenda in cui Keith Moon ci mette del suo, serrando sempre di più il ritmo e costringendo Dave Arbus ad inseguirlo fino al parossistico finale: cinque minuti di perfezione.

In “Bargain” il senso di ricovero creato nel prologo dalle assolvenze di chitarra elettrica, controllate con il pedale del volume e sostenute dagli accordi di acustica, viene demolito dalla tipica entrata strabordante della batteria che detta un ritmo decisamente rock, subito squassato dalle altrettanto tipiche scariche ritmiche di Townshed, quelle a braccio roteato a 360°, suo marchio di fabbrica. La melodia è bellissima, splendido pure lo stacco strumentale con dei bordoni di sintetizzatore e un basso sublime. L’irruento Moon riconduce il gruppo di nuovo al rock iniziale per un’ulteriore strofa al termine della quale la chitarra acustica ed ancora il synth provvedono adeguata base per un fantastico lavoro di doppia cassa e sventole varie un po’ su tutte le pelli dell’esplosivo Moon. Cinque minuti e mezzo di libidine.

Melodicamente fortissimo pure l’attacco del terzo brano, “Love Ain’t For Keeping”: due chitarre acustiche dettano ritmo e armonia, Daltrey è sonoro ed evocativo, il bassista e il chitarrista lo sostengono ai cori. Non vi è traccia di chitarra elettrica e il tutto si conclude dopo poco più di due minuti, semplici ma decisi ed efficaci. In “My Wife” parecchie cose cambiano, è l’unico episodio dell’album non composto da Townshed ed alla voce ed al pianoforte vi è l’autore del brano, il bassista Entwistle: è un rocchetto piacevole ma senza quelle genialità melodiche e armoniche proprie del suo collega chitarrista, uno fra i migliori compositori della storia del rock, nel quale una sezione fiati prova a dare un certo nerbo .

Torna ad innalzarsi il disco con l’attacco chitarra/pianoforte di “The Song Is Over”. Si sente che sta lavorando un pianista coi fiocchi, pochi e semplici accordi ma suonati dall’ospite Hopkins con una sensibilità da concertista. La canzone si inerpica poi per sentieri ritmici e melodici più impervi, con Daltrey che ha modo di spingere la sua tonante voce fino al limite, per poi riacquietarsi sul pianoforte, ripartire una seconda volta e planare sulla sezione strumentale, risolta da un incrociarsi di pianoforte e sintetizzatore da una parte, basso e batteria dall’altra fino al reiterato finale: bellissima. Ma ancora più bella è “Getting In Tune”, che nel vecchio LP apriva la seconda facciata: ancora il pianista Hopkins ad introdurre la prima strofa e poi accompagnare Daltrey con incommensurabile classe. Essi vengono poi raggiunti dall’esuberante sezione ritmica, per uno sviluppo del brano assolutamente convincente, specie quando la strofa viene ricantata in coro a tre voci ed in altra, più elevata tonalità. Il brano si conclude con la solita irruenta jam session nel quale svetta il solito Keith Moon a suon di rullate.

La seguente “Going Mobile” è cantata da Pete Townshend. La sua voce nasale e afona è sostenuta nuovamente ed adeguatamente da una ritmicissima chitarra acustica e da saltuari contrappunti di sintetizzatore, conclusi da un assolo all’elettrica con il pedale wah wah, anch’esso molto ritmico. L’episodio senz’altro meno interessante del disco, soprattutto per la mancanza del forte timbro vocale di Daltrey. Il quale torna alla grande per cantare la ballata “Behind Blue Eyes”, vetta melodica del disco: un arpeggio di acustica giocato sui rivolti di quarta, sesta e nona sostiene la bellissima progressione vocale e sfocia in un ritornello a tre voci di grande suggestione. La batteria entra solo per il ponte e la sezione strumentale, per poi acquietarsi e far cantare a Daltrey un’ultima strofa: da brividi.

L’epilogo del disco è fornito da un abbondante brano (oltre otto minuti) che ha messo d’accordo un po’ tutti quelli che masticano musica rock più o meno appassionatamente: trattasi di assoluto capolavoro. “Won’t Get Fooled Again” inizia con una scarica di chitarra elettrica che libera una partitura di organo sintetizzato VCS3 che ha fatto epoca: in maniera simile a ciò che sta nel prologo “Baba O’Riley”, il disegno armonico/ritmico dell’organo resta da sfondo a tutto il pezzo, sommerso dagli altri strumenti nelle fasi più concitate e pronto a riemergere appena essi tacciono. A parte il genialissimo e trascinante lavoro d’organo, in questo pezzo d’arte Townshend mette al massimo anche la sua grande abilità di chitarrista ritmico, accompagnando Daltrey con grande personalità e poi tagliandosi passaggi ritmico/strumentali di inestimabile gusto e sonorità. “Won’t Get Fooled Again" si dipana a lungo senza però minimamente stancare, alternando cantati e perfetti intrecci strumentali. Particolarmente memorabili le fasi in cui è il VCS3 al proscenio, da solo o colla sola strabordante batteria di Keith Moon a scandire gli ottavi battuti dall’organo, mitico anche l’urlaccio accappona pelle che Daltrey decide di emettere per introdurre l’ultima strofa: di una potenza mai sentita. Il pezzo, e il disco, si concludono con gli ultimi stacchi all’unisono di basso chitarra e batteria.

Melodia, originalità, grinta, furia, personalità, passione, lucidità d’intenti circolano copiosamente in questa grande opera di musica popolare dello scorso secolo, della quale è indispensabile la conoscenza.

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Voto degli utenti: 9,3/10 in media su 64 voti.

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Mboma (ha votato 10 questo disco) alle 8:52 del 19 ottobre 2007 ha scritto:

Keith Moon Is God!

Il miglior album degli Who per me, più coeso e omogeneo rispetto a quel "Tommy" che invece valuto troppo ambizioso e tedioso. Ottima recensione!

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 11:51 del 19 ottobre 2007 ha scritto:

grande album, sicuramente più compatto di Tommy ma forse un pò meno ambizioso. il mio otto vale per un otto e mezzo

Marco_Biasio (ha votato 10 questo disco) alle 14:55 del 19 ottobre 2007 ha scritto:

Bellissimo!

Opera imprescindibile per tutto il rock futuro!

ozzy(d) (ha votato 10 questo disco) alle 9:58 del 22 ottobre 2007 ha scritto:

no one knows what it's like

Bravo Pier Paolo, garanzia per il rock deluxe! Sull'album, che aggiungere? La perfezione!

swansong (ha votato 10 questo disco) alle 14:05 del 24 ottobre 2007 ha scritto:

Capolavoro!!

per me il migliore degli Who assieme al mitico Live at Leeds (altro 10!)

Moon (ha votato 9 questo disco) alle 15:52 del 29 ottobre 2007 ha scritto:

eeeehh

eeehh che ricordi!! uno dei miei primi album feticcio della mia adolescenza....ma non quando è uscito eh! non sono così decrepita

Vikk (ha votato 8 questo disco) alle 15:27 del 31 ottobre 2007 ha scritto:

Mai piaciuti gli Who, ma questo disco e' spettacolare!!!

DonJunio (ha votato 9 questo disco) alle 19:07 del 31 ottobre 2007 ha scritto:

john entwistle, il più grande bassista di sempre....

hai fatto il pieno di applausi anche stavolta, ma è troppo facile con dischi del genere eheheh......scherzi a parte, che dire di questo album? "Behind blue eyes" e "won't get fooled again" le mie preferite.

rael (ha votato 8 questo disco) alle 11:20 del 29 novembre 2007 ha scritto:

questo ed il live at leeds sono i dischi che ancora oggi ascolto con maggiore frequenza

sheller (ha votato 10 questo disco) alle 16:38 del 28 aprile 2008 ha scritto:

Il rock!

SanteCaserio (ha votato 9 questo disco) alle 21:54 del 26 ottobre 2008 ha scritto:

Concordo

L'album perfetto degli Who! Una delle vette del rock in generale

REBBY (ha votato 10 questo disco) alle 0:24 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

Anche per me il miglior album degli Who insieme

Live at Leeds

bargeld (ha votato 10 questo disco) alle 0:31 del 30 gennaio 2009 ha scritto:

dieci. no more

Velvet 77 (ha votato 10 questo disco) alle 22:07 del 2 marzo 2009 ha scritto:

Baba O' Riley è uno dei pezzi rock nel vero senso della parola più grande di tutti i tempi. ti toglie ogni frustrazione e ti ci mette dentro l'energia più pura che si possa inimmaginare. faccio i miei complimenti al recensore.

Velvet 77 (ha votato 10 questo disco) alle 22:10 del 2 marzo 2009 ha scritto:

ps

tuttavia non insinuare che la gente non abbia le capacità culturali per scrivere....è questo uno sfrondone specialmente nel mio caso

lev (ha votato 8 questo disco) alle 13:20 del 18 marzo 2009 ha scritto:

baba o'riley è un capolavoro. in generale un ottimo disco, anche se non tutto mi fa impazzire.

luca.r (ha votato 7 questo disco) alle 16:29 del 28 ottobre 2009 ha scritto:

vado controcorrente..

ma questo per me, della trilogia 'imperdibile' degli Who è l'anello debole... certamente è tutto fuori che un brutto disco, ma Tommy e - soprattutto - Quadrophenia sono una buona spanna sopra, imho. baba o'riley più che una cnzone, un autentico manifesto del rock. Ma il resto del disco non è a questi eccelsi livelli

H2O_LUCA (ha votato 8 questo disco) alle 20:26 del 12 novembre 2009 ha scritto:

E-C-C-E-Z-I-O-N-A-L-E-!

Chi è appassionato di musica e soprattutto di rock made in U.K. non può non avere questo fottuto cd!

Incredibile come in canzoni come la leggendaria

Baba O'Riley o Won't Get Fooled Again i quattro musicisti somiglino a quattro solisti pur essendo coordinati alla grande. BELLO BELLO BELLO

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 10 questo disco) alle 12:11 del 29 novembre 2009 ha scritto:

Prendete la versione Deluxe

nella Deluxe edition vi un secondo cd col live al Vic Theatre, grandissimo, al livello del Live at Leeds. Il disco è un Monolite del Rock. Behind Blue Eyes è una delle canzoni più belle di sempre. Da quelle sessions uscirono anche altri ottimi pezzi che non furono inseriti nel vinile originale, come Pure and Easy e Baby don't you Do it, che ricorda Rock and Roll dei Led Zeppelin.

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 21:45 del 29 novembre 2009 ha scritto:

finalmente mi trovo d'accordo con pierpalo su un disco...dopo tante monnezze recensite ci voleva

bart (ha votato 9 questo disco) alle 5:07 del 20 marzo 2010 ha scritto:

Seminale

Il più grande disco degli Who e uno dei più grandi dischi rock della storia. Un gruppo al massimo della forma. Consiglio anche il sottovalutato Who sells out.

Bellerofonte (ha votato 10 questo disco) alle 20:09 del 13 aprile 2010 ha scritto:

Uno dei migliori 5 album di tutti i tempi! Pazzesco, enorme, un macigno.. Mi fa accapponare la pelle ogni volta che lo ascolto

dalvans (ha votato 10 questo disco) alle 14:23 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Incredibile

Il terzo capolavoro dei Who

bill_carson (ha votato 9 questo disco) alle 11:04 del 10 dicembre 2011 ha scritto:

un classico

una pietra miliare di quello che oggi si è soliti chiamare "classic rock"

Zeman (ha votato 10 questo disco) alle 11:54 del 2 settembre 2012 ha scritto:

IL disco rock.

alekk (ha votato 10 questo disco) alle 23:10 del primo marzo 2013 ha scritto:

straordinario. il disco definitivo di un gruppo straordinario. Won't get fooled again e Baba o'Riley sono la storia del rock. Keith Moon ineguagliabile,il più grande batterista di tutti i tempi

Utente non più registrato alle 14:05 del 11 gennaio 2014 ha scritto:

Chi non conosce The Who non conosce il rock...

Mattia Linea (ha votato 9 questo disco) alle 11:23 del 15 agosto 2014 ha scritto:

Uno dei primi esempi di entrata in scena di synth nel mondo del rock (grazie a quella mente geniale di Pete Townshend. Un capolavoro, tutt'oggi attualissimo. Oltre alle canzoni più note, da segnalare "The Song Is Over", "Getting In Tune", "Going Mobile" e la bellissima "Bargain" con un ritornello urlato in pieno stile Roger Daltrey.

ProgHardHeavy (ha votato 10 questo disco) alle 18:58 del 3 settembre 2014 ha scritto:

CAPOLAVORO. Questa volta non ho sbagliato a votare, il 10 lo merita tutto tutto tutto. UNo dei miei dischi preferiti.

glamorgan alle 18:24 del 9 giugno 2015 ha scritto:

Non so perche ma e' un disco che, a parte baba , won't get fooled again e behind blue eyes, non sono Mai riuscito ad apprezzarlo. Sara' Il fatto che sono un Grande sostenitore Dei kinks e di ray Davies? Pete Townsend non l'ho potuto soffrire...

glamorgan alle 18:28 del 9 giugno 2015 ha scritto:

Intendevo dire che Townsend mi e' sempre stato sullo stomaco. Preferisco di gran lunga l'ironia e Il sarcasmo di ray davies, fra l'altro Arthur e village green Li preferisco di gran lunga ad ogni disco degli who

Paolo Nuzzi (ha votato 10 questo disco) alle 15:26 del 29 marzo 2016 ha scritto:

IL rock.

Vito (ha votato 9 questo disco) alle 12:37 del 21 febbraio 2020 ha scritto:

È con who sell out il disco più bello e importante degli who. Eccezionale,soprattutto baba o riley dedicata al grande minimalista terry riley.un classico assoluto