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R Recensione

9/10

Who

Quadrophenia

Aspramente criticato e snobbato dai fans di lunga data, idolatrato da quelli di nuova generazione,

Quadrophenia fu, forse, l’album più “Who” di qualsiasi altro lavoro degli Who. Più complesso di quello che potesse apparire ad una prima e superficiale chiave di lettura, la sua genesi datò 1972. In origine era intento della band e del suo principale ideatore Pete Townshend dar vita ad un’opera rock imperniata sui quattro artisti stessi, considerato che lo straordinario “Tommy” che l’aveva preceduta, per forza di cose veniva identificato col solo Roger Daltrey. Tuttavia, l’idea di un personaggio centrale di fantasia che incarnasse non soltanto le personalità dei singoli Who ma anche le frustrazioni e le illusioni dell’adolescente in cerca di sé stesso, cominciò a farsi strada nella mente di Townshend.

Ed il memorabile ed efficace calembour fra quadrophenia e schizofrenia, trovò immediatamente ragion d’essere nel tormentato protagonista Jimmy Cooper: giovane mod fresco del 1965 ( con un salto di tempo indietro di 7 anni, epoca in cui gli Who stessi avevano cavalcato l’ondata Mod) che nel Modernismo cerca risposte e salvezza dal male di vivere dell’adolescenza. L’impatto e l’approccio emotivo di Quadrophenia distava anni luce da quello di Tommy: mentre l’innocente e angelico Tommy, aggredito e dilaniato emozionalmente e psicologicamente da un ributtante mondo esterno( la sua famiglia in primis), nel suo tortuoso cammino verso la luce avrebbe conquistato e detenuto un’incrollabile forza e pace interiore tale da illuminare quanti intorno a lui, il travaglio di Jimmy non porterà solo sé stesso alla rovina, ma travolgerà anche i suoi rapporti sociali. Tommy raggiunge, di sofferenza in sofferenza, di sopruso in sopruso, la consapevolezza di sé e del mondo esteriore, mentre Jimmy fino alla fine combatterà contro i suoi demoni.

Lungi dall’essere un’opera giovanilstica, Quadrophenia era un richiamo di Townshend alla maturità, un tentativo di indurre i fans( e gli altri componenti del gruppo) a fare i conti con la crescita e il cambiamento degli Who ( forse, avvenuto in maggior misura soltanto in sé stesso), prendendo atto che gli anni ’60 erano finiti nonostante si pretendesse ancora di riesumarli e trascinarli instancabilmente; messaggio, questo,che l’audience di allora certamente non captò, contribuendo ad accorciare le distanze fra le frustrazioni del fittizio mod Jimmy Cooper e quelle del suo creatore Pete Townshend, innanzi a coloro che volevano imprigionarlo nella ragnatela dorata delle glorie del passato,( gli altri tre Who compresi), e che solo l’irrequieto chitarrista pareva volersi lasciar dietro definitivamente.

E Quadrophenia era una sfida: sfida verso i fans, sfida verso il gruppo e sfida verso l’impossibilità di perpetrare all’infinito l’illusione di un’eterna giovinezza. Sarà proprio Townshend, attraverso l’animo tormentato di Jimmy a lanciare la sua provocazione: affrontare la maturità che la vita impone o suicidarsi; e quando la pregiata Vespa Gs, simbolo del modernismo e di una sfrontata giovinezza precipiterà dalla scogliera senza il suo “cavaliere” in parka, sarà chiaro che l’unica decisione possibile e sensata è stata presa. Concepita come la sound-track per un film immaginario( senza la minima idea della sua realizzazione postuma), sia in studio che live, l’effetto sonoro doveva essere parimenti “quadrofenico”, anzi, “quadrofonico” a voler essere precisi.

Nel suggestivo brano d’apertura “I am the sea” che introduce e riassume in un lisergico riverbero bagnato dal mare i temi salienti della storia, le onde sembrano avvolgere e risucchiare l’ascoltatore(effetto ottenuto durante i concerti posizionando casse tutto intorno l’area), preparandolo al manifestarsi della quadrofenia del protagonista; avvisaglie percepite freneticamente e rabbiosamente attraverso potenti arrangiamenti e vocals graffianti nel seguente “The real me”. Jimmy si perde nel suo progressivo estraniamento, sentendo l’alienazione crescere e non ottenendo da nessuno risposte soddisfacenti, né dallo psichiatra, né dalla madre, né dal prete. E a seguito di una lite domestica sfociata dopo un morbido interludio di pianoforte e chitarra acustica ( “Cut my hair”), precipitando ancora di più nell’instabilità emotiva, si domanda se il Modernismo non possa essere la giusta soluzione ai suoi turbamenti.

The punk and the godfather”, energetica dichirazione di rivolta adolescenziale contro la finzione scenica delle rock’n’roll stars: è Jimmy che in cerca di risposte nei suoi idoli mod, si reca al concerto della sua band preferita ( gli Who naturalmente), ma ne rimane deluso dopo un incontro fugace nel backstage. Non c’è nulla dietro al rock’n’roll, le sue stelle sono mere bugie e in fondo, neanche con i suoi simili mods ha molto da dirsi; sono eroi a cui ispirarsi che egli cerca, qualcuno o qualcosa in grado di soddisfare la sua brama di certezze, di questioni insolute. Consapevole della sua superiorità emotiva, l’essere “the face”, il mod perfetto è l’illusione di poter contare qualcosa e di imporsi.

Un apparente serenità ed una sobria malinconia è quella che un ispirato Roger Daltrey accompagnato da accordi lirici di piano e una chitarra quasi poetica, intona, cantando la sconfitta del giovane Jimmy, la bruciante consapevolezza di essere un perdente: ma nonostante tutto, sé stesso è ciò che gli rimane( “I’m one”); è un attimo ed in un crescendo di pathos, l’essere il solo ed imporlo rabbiosamente attraverso uno smagliante e ruvido Keith Moon colma di contrapposizioni emozionali il brano. Come diventare il migliore, il “top of the mods”, se non finanziandosi per la propria immagine? Il protagonista lascia la scuola impiegandosi come spazzino ( nel film,invece, sarà un portabuste d’ufficio), lavoro che lo deprimerà ed esaspererà ulteriormente ( “The dirty jobs”, “Helpless dancer”, “Is it my head?”); pessimismo e sconforto che dilagheranno in uno dei passaggi più belli e commoventi dell’album “I had enough”e “Love reign o’er me” alla vista dell’ambita e desiderata Stephanie con il suo migliore amico.

Le travolgenti drums di Moon e l’impeccabile, irrefrenabile sezione ritmica Entwistle-Townshend coadiuveranno un Daltrey invelenito in un’inarrestabile presa di coscienza. Jimmy Cooper ne ha abbastanza di ciò che è stata la sua esistenza ( feste, droga, sogni e adolescenza ) ma soprattutto, ne ha abbastanza di vivere. La drammatica “I had enough” è una resa dei conti che s’interseca e si completa con la toccante “Love reign o’er me”, che in un disperato grido di chi medita il suicidio si tronca d’imporvviso. Ma alle 5,15 (“ 5,15” ) il quadrofenico mod è pronto nel suo abito migliore, parka, droga e gin, a saltare , sopra accenti in bilico fra soul, funky e schietto rock, sul treno che lo condurrà a Brighton: in uno stato mentale alterato e surreale, ricorda i bei tempi andati, dagli scontri coi rockers che proprie su quelle spiagge avvenivano,all’amicizia con gli altri mods, fino alla sua ex-ragazza.

Ma lì, a Brighton, ora c’è solo lui a far rivivere le immagini e le illusioni del passato che si accavallano nel suo cervello stravolto; l’invidiato e imitato “ace face” re di tutte le feste (nel film, ruolo di Sting) non è che un fattorino di un hotel (“Bell boy”, qui interpretato superbamente da uno sguaiato Keith Moon), le ragazze incontrate solo delle sciocche. Le personalità multi-sfaccettate di Jimmy, ovvero l’essenza stessa della quadrofenia, per un istante si riuniscono in un unico momento di raziocinio ( “Is it me for a moment?”) deflagrante nella finale crisi di rabbia che lo spingerà a rubare una barca (nel film si tratta della Vespa di Sting) e scivolare in deliquio verso le cascate; è un attimo e prima di sfracellarsi si aggrappa alle rocce, lasciando precipitare la sola barca.

Jimmy ne esce trasformato sensibilmente; purificato, abbraccia la pioggia che scende, ritrovando finalmente sé stesso e pronto a vivificarsi nell’amore, l’unica cosa che dia veramente un senso alla vita: ed il magnifico tema di “Love reign o’er me” torna a ripetersi, indispensabile reprise che chiarifica il senso dell’opera. Attraverso il dolore, Jimmy ha acquistato un grado maggiore di consapevolezza e maturità ed in questo sta la sua vittoria.Quadrophenia è dunque un racconto universale e poco importa la sua ambientazione;che siano mods del ’65 è rilevante solo ai fini di un concept album ma non nel suo intento e nella sua morale.

La purificazione e la presa di coscienza attraverso le sofferenze, nel ripido cammino vero la luce e la saggezza non necessita di etichette, è un percorso (quasi) obbligato per tutti e Jimmy Cooper ne è il testimone di una parabola musicale,perché in fin dei conti, la sua quadrofenia, è un tratto caratteristico del genere umano.

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Voto degli utenti: 8,9/10 in media su 41 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 13:19 del 12 settembre 2008 ha scritto:

Brionia, sposiamoci.

PierPaolo (ha votato 8 questo disco) alle 16:10 del 12 settembre 2008 ha scritto:

Nel caso, posso venire al matrimonio?

Già, per un appassionato di musica avere una compagna di alta e nobile sensibilità cultural/musicale come Brionia sarebbe il top del top. La mia amata e convivente, purtroppo, è una dark distratta... abbiamo ciditeche separate!

TheManMachine alle 17:28 del 12 settembre 2008 ha scritto:

Della mia ignoranza e del mio ammirato stupore

Confesso candidamente, e certamente vergognandomene, di non avere mai ascoltato questo disco. Del resto, la lista dei dischi arcifamosi di cui so (anzi mi illudo di sapere)praticamente tutto, senza avere mai ascoltato un millisecondo delle tracce, è molto lunga... Non è bello, lo so... Però ugualmente non posso non farti i miei complimenti più siceri, Brionia, per questa recensione che è un capolavoro. Ma dimmi, di questo passo, dove arriverai?)

Moonlight Love, autore, alle 19:49 del 16 settembre 2008 ha scritto:

Prendo ancora a prestito il nick di un amico.Dunque,ma che bello,quanti potenziali mariti!!!E che gentili!!! brionia

SanteCaserio (ha votato 8 questo disco) alle 13:00 del 8 novembre 2008 ha scritto:

Limitandomi

al disco (contento dei gusti musicali della mia compagna), faccio i complimenti per la recensione.

Non lo ho trovato così complesso e denso, e continuo a preferirgli Who's Next. In alcuni punti suona un pò forzato. Resta un cd più che buono!

DucaViola (ha votato 10 questo disco) alle 11:30 del 21 luglio 2009 ha scritto:

Oh mamma mia!!! E che c'è da dire qui, per me uno dei dischi rock più belli di tutti i tempi. Un gigante, un'opera superba. Lo ascoltavo da ragazzino e continuo ad ascoltarlo ora con lo stesso entusiasmo... se poi hai visto il film il disco sembrerà ancor più da urlo. Anche per lui l'olimpo.

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 11:38 del 21 luglio 2009 ha scritto:

the stars are falling

immenso lavoro forse sempre un po' oscurato da tommy nonostante sia proprio diverso e con una produzione molto più rock

bisogna averlo originale che l'artwork è da paura:

possiede uno dei booklet più belli mai realizzati per un disco rock quando il rock ancora pensava e sognava alto

voto 9 (da oggi ho deciso di dare i 10 solo a bach)

SgtPepper alle 12:46 del 5 agosto 2009 ha scritto:

Fantastico

A questo disco mi legano ricordi parcheggiati negli angoli più allegri della mia adolescenza. Causalmente è un po' che non lo ascolto, ma leggendone i titoli le musiche tornano facilmente alla memoria, perché mai dimenticate. E LOVE REIGN OVER ME ne è l'apoteosi.

Lollo_in_chainz (ha votato 8 questo disco) alle 22:55 del 15 febbraio 2010 ha scritto:

veramente un grandissimo album che valorizza ancora di più la produzione degli who. Ascoltarlo è veramente un'esperienza dei sensi per quanto mi riguarda!

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 9 questo disco) alle 22:50 del primo marzo 2010 ha scritto:

Grandissimo disco, l'ennesimo di quella che forse è stata la più grande rock band di tutti i tempi. Preferisco un pochino Who's Next, che per me resta il loro disco più rappresentativo, ma questo è veramante monumentale. La sequenza Tommy, Live At Leeds, Who's Next, Quadrophenia è qualcosa di scandaloso, spettacolo allo stato puro.

bart (ha votato 8 questo disco) alle 4:57 del 20 marzo 2010 ha scritto:

ottimo

Grande album. Un altra opera rock di un dei gruppi più importanti del genere. Forse un pò prolisso ma secondo me superiore a Tommy, perchè più energico e vitale.

Franco (ha votato 10 questo disco) alle 16:27 del 6 aprile 2010 ha scritto:

Il rock. Punto.

Bellerofonte (ha votato 9 questo disco) alle 20:13 del 13 aprile 2010 ha scritto:

Un gradino sotto Who's the next

dalvans (ha votato 10 questo disco) alle 14:23 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Stupefacente

Il quarto capolavoro dei Who

Utente non più registrato alle 21:47 del 29 febbraio 2012 ha scritto:

My Generation, Tommy, Who's Next, Quadrophenia, il poker è servito + Live at the Isle of Wight Festival 1970 e Live at Leeds.

nebraska82 (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:34 del 19 settembre 2012 ha scritto:

concordo con chi dice che e' ingiustamente oscurato da tommy. musicalmente e' splendido e variegato, la riflessione sulla matrice mod del gruppo fa il resto.

alekk (ha votato 9,5 questo disco) alle 20:23 del 21 giugno 2013 ha scritto:

My Generation,Sell Out,Tommy,Live At Leeds,Who's Next e poi Quadrophenia...che album...che gruppo- Forse non tutti saranno d'accordo ma per me il più grande gruppo "rock" (nel vero senso del termine)...La carica di Daltrey,l'ispirazione di Townshend e la più grande sezione ritmica di sempre(che spettacolo Moon-Entwistle!)...

glamorgan alle 11:11 del 6 maggio 2014 ha scritto:

lo preferisco a Tommy, mi piace anche di piu di who's next ,disco che non mi ha mai entusiasmato:grandi baba o'riley, behind blue eyes e won't get fooled again, il resto non mi dice granchè

saurafumi (ha votato 10 questo disco) alle 9:52 del 29 settembre 2015 ha scritto:

A mio parere, il più bel disco della storia del rock.

glamorgan alle 13:15 del 29 settembre 2015 ha scritto:

secondo come canzoni nessuno batte i Beatles, con i Kinks in scia. Non mi vengono in mente tante canzoni degli Who a livello di waterloo sunset, sunny afternoon, victoria, let it be, eleanor rigby, yesterday ecc. Hano fatto due ottime opere rock + un grande album rock, live at leeds non mi entuasiasma granchè. Probabilmente erano i migliori dal vivo

zagor (ha votato 9 questo disco) alle 13:44 del 29 settembre 2015 ha scritto:

beh anche non mettendo nel computo i brani tratti delle due rock opera, io penso che le varie "my generation"; "can't explain", "substitute", "magic bus", "behind blue eyes", " baba o'riley", "won't get fooled again" non abbiano nulla da invidiare alle migliori di beatles e kinks. Quadrophenia è al livello di Tommy, il basso di Entwistle in "the real me" è da favola.

Vito (ha votato 7 questo disco) alle 12:41 del 21 febbraio 2020 ha scritto:

Disco meno famoso e con punte di rendimento inferiori rispetto a tommy ma più riuscito in virtù di una coerenza interna maggiore. Ma i grandi dischi degli who sono altri:who sell out 9,who's next 9 e live at Leeds 8.

Utente non più registrat (ha votato 6 questo disco) alle 9:59 del 19 marzo 2021 ha scritto:

Cosa dire, molta ambizione ma poca sostanza. Non mi è mai piaciuto; Tommy è un altro pianeta, su tutti i fronti. Rispetto per lo sforzo compositivo di Townshend, ma poteva essere molto meglio. Ora scusate ma rimetto su Who's Next

zagor (ha votato 9 questo disco) alle 19:55 del 22 marzo 2021 ha scritto:

ma va, questo è uno di quei casi in cui l' ambizione paga. produzione stellare, grandissime canzoni, la mod-opera come chiusura perfetta di un cerchio iniziato dieci anni prima ( e non a caso dopo questo il declino sarà impietoso)