The Beatles
The Beatles (The White Album)
Nellambito della storia discografica dei Beatles, la potenza dellAlbum Bianco sta nel suo troncare di netto con lartificiosità, lestro immaginifico e la messa in scena psichedelica dei precedenti lavori. Niente più Sergenti Pepe e Magici Viaggi nel Mistero, lopera è furiosamente diretta, immediata, spoglia di sovrastrutture sin dalla minimale ed epocale copertina, con quel coraggio e quella brutalità che intervengono quando qualcosa si è definitivamente rotto in una convivenza fra più persone. Non cè niente da perdere, niente da guadagnare, i quattro non si sopportano più, le rispettive frustrazioni sono al limite, il senso di gruppo ferito a morte.
Ciascuno allora pensa per sé, i tre compositori si prendono uno studio a testa ad Abbey Road e sviluppano le proprie idee musicali senza lappoggio degli altri. Le poche importanti interazioni fra di loro (la martellante intro pianistica di John Lennon nella McCartneyana Ob-la-dì Ob-la-da, ad esempio) rispondono a pure esigenze di avanzamento lavori e, quasi, di sopravvivenza fisica: John detesta con tutto il cuore quella canzone e pesta (con efficacia bestiale) sul pianoforte allunico scopo di sistemarne una volta per tutte larrangiamento e poter, finalmente, passare ad altro. La forza dei sentimenti più estremi ed intensi, pur se negativi come nellesempio riportato, giova comunque allespressione artistica e questo disco è letteralmente ricolmo di musica che trae la sua energia, ed il suo fascino imperituro, dallo scazzo clamoroso in essere fra i quattro.
Linsofferente indisciplina e la rabbiosa autoindulgenza determinano inoltre due marcate ed opposte caratteristiche dellalbum: la prima, positiva, è la sensazionale varietà musicale, tematica e stilistica; la seconda, negativa, è leccessiva discontinuità qualitativa. Le tendenze di McCartney al superficiale ed allo stilizzato disimpegno, non più tenute a freno dallironia e intensità di Lennon, fanno sì che la media qualitativa generale venga abbassata da suoi evanescenti contributi come Wild Honey Pie, Why Dont We Do It On The Road o comunque modeste cose come il country Rocky Racoon ed Honey Pie. La voglia di Lennon di non essere da meno del collega, a costo di elevare alla forma canzone una qualunque banaluzza idea, è rappresentata dalla presenza di vacue situazioni come Everybodys Got Something To Hide Except Me And My Monkey e The Continuing Story Of Bungalow Bill. Inevitabile discorso a parte merita la pseudo-avanguardistica uscita John, spalleggiato dalla Ono, rappresentata da Revolution n° 9: appartengo alla stragrande maggioranza di ascoltatori dei Beatles che puntualmente aziona il telecomando del proprio lettore e scivola convinta al brano successivo, interessandomi relativamente il contesto, la ragione, le peculiarità dellinserimento di nove minuti di patchwork cacofonico in un disco di musica pop. E inascoltabile e tanto mi basta.
Per fortuna tali cadute di interesse sono disseminate in una pletora di luminose schegge di genialità pop: il lungo elenco comprende le intimistiche e sublimi Blackbird (Paul, la sua chitarra acustica ed un metronomo! Una magia), Julia (John con la chitarra e il cuore in mano in irrisolta carenza affettiva. Da brividi) e Mother Natures Son nonchè I Will (Paul melodista superbo). Prevede per la serie Beatles go to rock While My Guitar gently Weeps (Harrison che centra il primo dei suoi tre-capolavori-tre coi Beatles, una lirica ballata rock di enorme appeal melodico), Dear Prudence (onirico arpeggio di Lennon fonte di infiniti futuri plagi, tenerissimo testo. Meravigliosa) e Yer Blues. Contempla il miglior Lennon possibile in Happiness Is A Warm Gun, Sexy Sadie e Glass Onion, le più intense, profonde, imprevedibili e urticanti, veri e propri manifesti di quello che avrebbero potuto diventare i Beatles negli anni settanta se avessero superato la crisi.
Ed ancora, il perfetto esercizio formale di Paul con la elegante, ritmicamente e armonicamente creativa Martha My Dear (una chicca), il rocknroll abituale del gruppo per loccasione addizionato della nascente componente hard (in verità del tutto ostica a questi musicisti) di Back in USRR, Helter Skelter e Birthday. E poi basta così, ciascuno può mettere in fila queste trenta canzoni a suo gusto personale, tenendone non meno di cinque o sei ai piani più nobili del proprio cuore.
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