Mohave Triangles
Haze for Daze
Tristi ai tropici? Possibile? Anche sì. Immancabile palma in copertina, stavolta sul bordo di una piscina dal colore roseo-crepuscolare palesemente posticcio, sui contorni sfumati dei chioschi di un club vacanze per annoiati possidenti, la terza cassetta prodotta da Robert Thompson, alias Mohave Triangles, è senza dubbio la sua migliore. Ed è pure la prima cosa in ambito ipnagogico-caraibico che prospetti l’ipotesi dell’infelicità.
Non che Sun Araw, The Deeep, Peaking Lights, Cankun, Sand Circles, Samantha Glass e compagnia (tutta gente che vaga, sostanzialmente, tra Not Not Fun e Digitalis) manchino di momenti di down, ma qua si tratta di elevarli a sistema, soprattutto nella seconda suite che compone questo “Haze for Daze”. La cassetta, uscita in 80 già introvabili copie per la Digitalis, ma ascoltabile per intero su bandcamp, è articolata in due lunghi collage di 14 minuti, “Mango Haze” e “Tropical Daze”, a loro volta suddivisi in cinque brevi movimenti ciascuno. Fin dalla prima delle dieci mini-jam si coglie la specificità della psichedelia da modernariato di Thompson, ossia uno stra-uso delle tastiere, sempre avvolgenti e rigogliose, fin quasi a coprire i giochi ritmici su base tropical che, assieme a rumorismi lo-fi e ninnoli drone tipici del genere, agghindano il quadro. Niente voce; solo qualche urletto primitivo.
La specificità di Mohave Triangles sta nel non rinunciare mai alla melodia. Insomma, non è roba avant-cazzara per nerd autistici, quanto piuttosto musica da cameretta per Altered Zones addicted (strano che nel blog satellite di Pitchfork non se ne siano accorti). Superato il momento di pura ipnagogia sci-fi Matrix Metals del secondo pezzo, il terzo fa entrare negli spazi desolati di Thompson, con tastiere cupe su una base kosmische stile Dylan Ettinger e Oneohtrix Point Never (anche 4). Apici, i movimenti 7, 8 e 9: drumming smorzato e annacquato in un’inedia sfatta, spifferi andini che si insinuano a mo’ di fuga (7), congas che si liquefanno nel riverbero degli accordi e nel riff esotico-depresso (8), new age à la Enigma rifatti da un Cameron Stallones in fase di avvilimento autunnale (9), su un clima da prostrazione in un resort lasciato alla pioggia. Mango e tropical, sì. Ma andati a male.
Si inizia ad ascoltare con diffidenza, ma poi diventa appiccicosa, questa piccola perla psych-hypna. Per orecchi che amano la decadenza più marcia.
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