A (Psych) planet 9 from outer space: intervista ai Lay Llamas

(Psych) planet 9 from outer space: intervista ai Lay Llamas

Vengono da Selinunte, in provincia di Trapani: si dividono tra la Sicilia e il Veneto; sono nel roster di una delle etichette, inglesi ed internazionali sui generis, più prestigiose per quanto riguarda il rock psichedelico (la Rocket Recordings di Bristol); ed in direzione ostinata e contraria si muove il frutto di questa inconsueta mescolanza, "Østrø". Un'opera prima che sta entusiasmando e facendo parlare di sé in eguale misura e che - seppur con le dovute precisazioni - amplifica con successo il rimbombo vittorioso della rinascita della psichedelia italiana, le cui proporzioni sono ormai troppo vaste per poter parlare di un semplice caso (come certo un caso non fu il Canalese noise). Troppa carne al fuoco? Accomodatevi. A prendere la parola è Nicola Giunta, amico di vecchia data, polistrumentista, deus ex machina di Lay Llamas:

1) Lay Llamas non è la tua prima esperienza musicale. C’è stato un avvenimento particolare che ti ha spinto verso questa direzione, o è stato il logico concatenarsi degli eventi nel corso degli anni?

Direi entrambi. Alcuni anni fa, 4 o 5 più o meno, iniziai a trafficare con loop-machine, delay, percussioni, arpeggiatori, etc. Cercavo delle apparecchiature che mi permettessero di creare delle strutture sonore basate su pattern ripetuti. Viste, appunto, le mie esperienze precedenti – progetti in solo o duo come Mouse and Sequencers, Armali Lari e summerTales in cui la dimensione ritmica era intesa in termini piuttosto liberi, quasi aleatori – sentivo il bisogno di creare qualcosa che trovasse fondamento(a) proprio nell’aspetto ritmico ripetitivo e circolare.

2) “Østrø” è il classico disco che – per essere correttamente inquadrato – va obbligatoriamente ascoltato in cuffia. Quanto è essenziale, e quanto tempo richiede, rispetto al songwriting, la scelta dei singoli suoni?

Mi sembra un’ottima osservazione. Sempre in riferimento alle strutture ritmiche di cui ho appena detto, ho provato fin da subito ad evitare che queste risultassero in qualche modo "meccaniche", se non addirittura fredde (critica spesso avanzata nei confronti di certa musica minimalista). In quel periodo ascoltavo parecchio gruppi come Animal Collective, Peaking Lights, Sun Araw, Master Musicians of Bukkake, etc. Gente che, almeno in certi casi, è riuscita a ricreare un mix molto interessante partendo da elementi comunque noti: suoni analogici e polverosi, un’idea (di)storta di folklore musicale, weirdness audio-visiva a palate, etc. etc. Musica caleidoscopica, più che psichedelica! La scelta timbrica di cui parli, di sicuro ha rappresentato un aspetto importantissimo per la nascita dei brani finiti poi sul disco. Se consideri poi che per i brani di “Østrø”, e di Lay Llamas in generale, non si può parlare di un vero e proprio songwriting - inteso come "strofa/ritornello" – la scelta dei suoni da utilizzare assume un’importanza compositiva ancora maggiore.

3) Lay Llamas fa la sua comparsa sotto la fortunata stella della rinascita psichedelica tricolore. Rispetto alla corrente mistica de La Piramide Di Sangue e ai tribalismi dei Niños du Brazil, tuttavia, il vostro approccio suona marcatamente più esotico e “colorato”. Ti inseriresti nella stessa scena, o credi che sia più corretto considerarvi come cosa “a parte”?

Sì, in effetti anche per Lay Llamas si è parlato di Italian Occult Psichedelia e nuova psichedelia italiana in genere. Cosa che mi lusinga parecchio, essendo un grande fan di gente come Mamuthones, Heroin In Tahiti, La Piramide Di Sangue, Cannibal Movie, In Zaire e via dicendo. Detto questo, non credo sia compito mio inserire Lay Llamas in una scena piuttosto che un’altra.

4) Nella tracklist del full length non compare “African Spacecraft (2092 A.D.: Lift-Off, Journey And Landing)”, che invece è parte integrante della mista celebrativa per il quindicennale di Rocket Recordings. Scelta voluta? Se sì, perché?

African Spacecraft” – contenuta nell’omonima cassetta d’esordio - è il brano che per primo ha stimolato l’interesse di Chris e John della Rocket per la musica di Lay Llamas. Ed è piaciuto talmente tanto che lo hanno incluso nella bellissima compilation “Crystallized” da te menzionata. Inserirlo anche nel disco d’esordio forse era un po’ troppo!

5) A tal proposito, come sei venuto a contatto con i tipi di Rocket Recordings e come i Lay Llamas sono ufficialmente entrati nel loro roster?

Nel modo più semplice e diretto possibile: inviando una mail con poche righe di presentazione e un link per l’ascolto dei primissimi rough-mix a nome The Lay Llamas (l’articolo è svanito strada facendo). Considerando quante proposte di ascolto ricevono giornalmente, mi stupì non poco vedere solo un paio di settimane dopo “African Spacecraft” all’interno della loro playlist mensile. Da lì iniziò un fitto scambio di mail che nel giro di circa un anno portò alla pubblicazione del disco.

6) Negli ultimi anni sei stato attivo anche come solista e nel 2012 è uscita una tua cassetta, “Tapes On Wheels And Radio Tuning”, per la Tulip Records di Claudio Rocchetti. Con Lay Llamas le uscite soliste sono temporaneamente archiviate o è possibile un’attività in parallelo?

Di sicuro al momento le energie sono tutte indirizzate verso Lay Llamas e suoi possibili sviluppi futuri. Considera poi che Lay Llamas stesso è da considerare come un progetto solista che nel corso degli anni ha visto la partecipazione di vari elementi esterni. Partecipazione che nel caso delle prime due cassette è stata episodica e comunque a completamento di quanto da me realizzato in studio, ma che nel caso di “Østrø” è diventata piuttosto organica e strutturata grazie al contributo di Gioele Valenti AKA Herself che ha curato quasi tutte le parti vocali, le liriche e alcuni interventi strumentali.

7) Due concerti molto diversi tra loro, due esperienze uniche: il tuo commento a margine della partecipazione dei Lay Llamas al Liverpool International Festival Of Psychedelia e al Sub Cult Fest, prima tre giorni organizzata dal collettivo dei Sotterranei.

Suonare al festival di Liverpool è stato come immergersi totalmente in un grosso rito celebrativo che ha riportato la cultura psichedelica, qualsiasi cosa si voglia intendere con questo termine, ai fasti di fine anni Sessanta. Partecipare a questo grande evento sia da spettatore che da musicista è stato davvero memorabile. Suonare al Sub Cult Fest è stato altrettanto piacevole, e anche in quel caso credo si possa parlare di celebrazione. I tre giorni del Sub Cult hanno infattti celebrato un’idea ben definita di intendere la musica dal vivo. Un’idea, magari romantica e bistrattata, che mette al centro di tutto la collaborazione e il rispetto reciproco fra le persone coinvolte.  

8) Che Lay Llamas ci aspettano in futuro?

Quello attuale è un periodo di importanti cambiamenti per Lay Llamas. Specialmente per quanto riguarda l’aspetto live, che almeno per il momento è da considerarsi sospeso. Per quanto riguarda invece la dimensione da studio sto già lavorando a nuove tracce. Per il resto, a brevissimo sarà in giro un’esclusiva versione su cassetta di “Østrø” curata dall’etichetta argentina Volante Discos. Si tratta di una tiratura limitata a 50 copie contenente una bonus-track inedita. Sto anche lavorando alla ristampa su CD-r delle prime due cassette di Lay Llamas e ad un paio di tracce inedite che finiranno su altrettante compilation.

Per approfondire: https://www.facebook.com/layllamas?fref=ts

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