V Video

R Recensione

8/10

Bill Evans Trio

Explorations

La bonus-track di “Explorations” si intitola “The Boy Next Door”, ed è una pregevole rilettura di una canzone targata Hugh Martin-Ralph Blane, risalente addirittura al 1944 e divenuta presto uno standard con tutti i crismi.

In effetti Bill Evans potrebbe essere il ragazzo della porta accanto, quantomeno se si abitasse un quartiere vaporoso ed elegante di periferia, scrigno di villette a schiera e di giardini verdissimi che nascondono oltre le tendine delle finestre giovani aristocratici e pensosi. Giovani sempre impeccabilmente in giacca e pantaloni, sempre gentili e signorili, ma capaci di portare sulle spalle il peso del mondo intero e nel cuore drammi personali laceranti.

Evans era tutto questo: artista “nobile” per eccellenza, musicista classico nella formazione, ma anche superbo interprete del linguaggio del jazz e della sua mobilità senza freni. Eterno, insaziabile studente, coltissimo intrattenitore, ma anche pioniere dell'improvvisazione modale capace di incantare Miles Davis (con cui contribuirà a scrivere alcune fra le pagine più entusiasmanti di tutto il genere).

L'ombra della depressione l'ha sempre circondato come fosse un cattivo odore, eppure il pianista è riuscito a celare dietro la celestialità del suo tocco il peso terribile di una vita segnata come poche altre dalla solitudine e dal lutto.

Ogni tanto, nella sua musica si intravede qualche spiraglio di luce: una melodia sinuosa e spensierata, un cambio di ritmo effervescente, tonalità e giochi sontuosi (che riescono soltanto a chi può dare del “tu” al pianoforte).

Ed “Explorations”, pur forse meno toccante di altri momenti della lunghissima carriera del nostro, rappresenta sotto questo profilo un invidiabile punto di equilibrio, uno di quei gioielli che puoi collocare sulla punta della montagna sperando che non arrivi una folata di vento a privarli dell'unico appiglio: merito ovviamente anche dei suoi storici collaboratori (Scott La Faro e Paul Motian), interpreti eccellenti di quello che rimane forse il trio più celebre di tutto il jazz.

Un trio tanto collaudato e consolidato da fondere le anime dei musicisti, ricavandone un flusso sonoro minuziosamente calibrato e architettonicamente complesso, eppure capace di suonare "naturale"

Israel”, tanto per fare un esempio, inventa con la mano destra una melodia brillante e spumeggiante, mentre la sinistra si limita ad un accompagnamento assorto e sottile, giocato sulla scansione regolare di quattro accordi maggiori per battuta, così da risultare defilato ed essenziale

Altrettanto luminose (pur non prive di chiaroscuri) sono le due versione (“take 1” e “take 2”) di “Beautiful Love”, ove Evans impersonifica il concetto di imprevedibilità, dimostrando tutta la sua forza espressiva. I brani sembrano aver preso una direzione precisa, quando decidono di disorientarti a forza di sferzate di accordi e impennate che ti catapultano nel pieno di qualche inestricabile labirinto. “Haunted Heart” ritorna su sentieri più consuetamente malinconici e riflessivi, espressione pura dell'artista Bill Evans e di tutto il suo mondo interiore, frutto di un'introspezione spinta sino alle conseguenze più estreme.

Lo stesso vale per “How Deep is the Ocean”, piccola gemma adombrata da una struggente tristezza. Amara riflessione arricchita dal tocco nobile e pulitissimo di Bill, da un incipit melodico sempre dolce e soffuso, da una maestria tecnica che pare collocarsi al crocevia fra jazz ed impressionismo.

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 10 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
lev 9/10
plaster 8,5/10
B-B-B 8,5/10
Lelling 8,5/10

C Commenti

Ci sono 5 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

lev (ha votato 9 questo disco) alle 7:51 del 12 novembre 2011 ha scritto:

bravo francesco, anche se sei stato un pò tirchietto con il voto.

FrancescoB, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 9:00 del 12 novembre 2011 ha scritto:

Ti ringrazio! Sul voto ho cercato di limitarmi, anche per differenziare un minimo le valutazioni: è però vero che i capolavori di Evans meriterebbero tutti dal 9 in sù, su questo non ci piove.

Mirko Diamanti (ha votato 9 questo disco) alle 10:37 del 16 dicembre 2011 ha scritto:

Anche secondo me, questo discone merita un 9, ma chissene: recensione molto ben fatta.

Utente non più registrato alle 14:11 del 16 febbraio 2012 ha scritto:

Che dischi quelli di Bill Evans...ha un tocco magnifico e riconoscibilissimo. Portrait in Jazz e il meraviglioso Live at Village Vanguard sono imprescindibili.

Utente non più registrat (ha votato 8 questo disco) alle 22:33 del 14 giugno 2020 ha scritto:

Delizioso davvero! Evans & Co. li ho sempre snobbati alla grande, sono felice di scoprire quanto sono stato superficiale a farlo.