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R Recensione

9/10

Grateful Dead

Live Dead

Era il 1969: gli ultimi bagliori psichedelici si stavano dissolvendo, e con loro la cultura hippie che imperversava da qualche anno. Erano momenti di sommossa sociale, di rabbia contro il sistema, di ribellione; non c’era più spazio per i figli dei fiori e per i loro peace and love. Anche nella musica erano in corso dei cambiamenti significativi. Stavano prendendo piede generi come l’hard-rock e il progressive, mentre il rock psichedelico era ormai in declino. Fu comunque una stagione straordinaria, in cui nacquero artisti leggendari come Pink Floyd, Jefferson Airplane, Doors, Jimi Hendrix e tanti altri. Anche gruppi come Beatles e Rolling Stones furono influenzati da quella cultura, e incisero dischi di chiara ispirazione lisergica (Sgt Pepper's, Their Satanic Majesties Request).

Ma i più eccentrici, anarchici e rivoluzionari di quell’epoca furono i Grateful Dead. Formatisi a San Francisco nel 1965, diventarono in breve uno dei complessi più popolari della Bay Arena. Più che un gruppo musicale, erano una vera e propria comune, una grande famiglia formata da ben sette musicisti: Jerry Garcia (chitarra e voce), Ron "Pigpen" McKernan (tastiere e voce), Robert "Bob" Weir (chitarra e voce), Phil Lesh (basso), Bill Kreutzmann (batteria), Mickey Hart (percussioni) e Tom Constanten (tastiere); a questi va aggiunto anche il paroliere Robert Hunter. Dopo un incerto esordio, con Anthem of the Sun e Aoxomoxoa avevano dimostrato le loro capacità creative, incidendo due album cardine del movimento psichedelico. Ma la loro vera essenza stava nelle esibizioni dal vivo, in cui si proponevano lunghissime improvvisazioni che mandavano in visibilio il pubblico. I loro, più che concerti, erano happening festosi pieni di hippie in preda ad allucinogeni ed altre sostanze in grado di alterare la percezione della realtà.

Il disco che racchiude al meglio quelle memorabili esibizioni è Live-Dead. Si tratta non solo del loro album più popolare e rappresentativo, ma anche uno dei live più significativi della storia del rock. A renderlo leggendario è soprattutto Dark Star, che dai 3 minuti della versione in studio si trasforma in una suite di 23, quasi interamente strumentale, dove a farla da padrone è la chitarra acida di Garcia, che dimostra di essere uno dei chitarristi più originali di sempre. Tra progressioni, decelerazioni e momenti di stasi sonore, mette in piedi un grande affresco psichedelico, magnificamente coadiuvato dall’organo di Consanten. St. Stephen (da Aoxomoxoa) è l’unico brano ripreso da album precedenti, che viene qui riproposto quasi fedelmente rispetto alla versione in studio. È un ottimo pezzo, che alterna abilmente parti energiche ad altre più rilassate. Si tratta comunque di un episodio che si pone in secondo piano all’interno di una cornice dove a farla da padrone sono le improvvisazioni collettive. Infatti si passa subito allo strumentale Eleven, dove i musicisti si scatenano in un'incontenibile jam che porta direttamente a Turn On Your Love Light, un rhythm and blues di J. Scott e D. Malone, qui ovviamente stravolto e allungato a dismisura fino a 15 minuti. La parte da leone stavolta la fanno la voce e le percussioni di Kreutzmann e Hart, che da sole occupano gran parte del pezzo.

Death Don't Have No Mercy è un blues (Gary Davis) emozionante sia nella parte vocale che negli assolo d’organo e chitarra. Sono 10 minuti di grande pathos e intensità. Si conclude con Feedback: 8 minuti di distorsioni chitarristiche al limite del rumore. È un esperimento audace e di non facile ascolto, parente stretto dei Pink Floyd di Interstellar Overdrive o del Jimi Hendrix di Third Stone from The Sun. Termina così non solo un album epocale, ma anche un’epoca. Già dal seguente Workingman's Dead, abbandoneranno la loro fantasiosa sperimentazione psichedelica per un country-folk tradizionale che procurerà loro un buon successo di vendite, ma anche la delusione dei fan della prima ora. La storia dei Dead terminerà il 9 agosto 1995, giorno della morte di Garcia.

V Voti

Voto degli utenti: 9,3/10 in media su 27 voti.

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PetoMan 2.0 evolution (ha votato 9 questo disco) alle 13:59 del 18 marzo 2011 ha scritto:

Si si bellissimo live. Turn On Your Love Light in questa versione è una vera goduria. Ipnotica e affascinante Death Don't Have No Mercy, poi ovviamente Dark Star, l'apice dell'acid rock westcoastiano. Ottima scelta Bart.

bart, autore, alle 16:40 del 18 marzo 2011 ha scritto:

RE: Ottima scelta Bart.

Grazie! Non so se la mia recensione è all'altezza, ma mi sembrava "doveroso" parlare di questo disco.

Cas (ha votato 9 questo disco) alle 14:03 del 18 marzo 2011 ha scritto:

che bomba questo disco! il vero e proprio trionfo della psichedelia californiana degli anni '60. immancabile su queste pagine

NathanAdler77 (ha votato 9 questo disco) alle 20:11 del 19 marzo 2011 ha scritto:

Un live-cult, l'arte di Garcia e soci ai massimi livelli...L'acido trip cosmico di "Dark Star", "St.Stephen", "The Eleven" e "Death Don't Have No Mercy" negli annali.

ozzy(d) (ha votato 10 questo disco) alle 11:59 del 20 marzo 2011 ha scritto:

va anche detto che i grateful dead hanno fatto grandissime cose anche dopo questo e che il country-rock di classe di "workingman's dead" è tra i classici del genere, e il nucleo storico dei fan della prima ora la pensa cosi. "blues for allah" e "in the dark" sono eccellenti lavori. su questo live poco da dire, tra i testi sacri del rock tutto, anche se lo si reputa erroneamente il capolavoro dei deads ( aoxomoxoa è il meglio).

bart, autore, alle 12:34 del 20 marzo 2011 ha scritto:

Secondo me i veri Dead sono quelli del periodo psichedelico, anche se capisco il loro cambiamento di genere. Non aveva più senso continuare con una proposta musicale che era ormai alla frutta.

galassiagon (ha votato 8 questo disco) alle 14:10 del 20 marzo 2011 ha scritto:

Quoto gulli, Aoxomoxoa è il vero capolavoro

bart, autore, alle 14:30 del 20 marzo 2011 ha scritto:

Secondo me Anthem of the Sun è meglio di Aoxomoxoa.

ozzy(d) (ha votato 10 questo disco) alle 14:44 del 20 marzo 2011 ha scritto:

"Anthem of the sun "è ancora troppo frammentario pur avendo spunti interessanti. Aoxomoxoa è perfetto, l'assalto di "st. stephen", la ieratica meditazione di "what's become of the baby" ( apice di tutto il misticismo westcoastiano) e ovviamente quella "mountains of the moon" che per me se la gioca con "dark star" quale supremo capolavoro dei Dead.

galassiagon (ha votato 8 questo disco) alle 14:51 del 20 marzo 2011 ha scritto:

quoto ancora gulli. Anthem è troppo confuso, tutte quelle sovarincisioni. Anche Garcia non era per nulla covinto del risultato, diceva che erano in un periodo sballatissimo e entrati in una sala di incisione straprofessionale grazie al budget della Warner, iniziarono a sperimentare come dei bambini in un negozio di giocatoli.

Insomma Aoxomoxoa è più cosapevole, più meditato con "Mountains.." come apice della psichedelia.

bart, autore, alle 17:35 del 20 marzo 2011 ha scritto:

Diciamo che Aoxomoxoa contiene canzoni più "normali".

ozzy(d) (ha votato 10 questo disco) alle 17:14 del 21 marzo 2011 ha scritto:

sì, più convenzionali forse, ma perfettamente messe a fuoco, mentre le idee in "anthem" erano accastate un po' a casaccio.

Bellerofonte (ha votato 9 questo disco) alle 19:21 del 26 marzo 2011 ha scritto:

Album grandioso.. dovrei rispolverarlo un po

dalvans (ha votato 10 questo disco) alle 15:15 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Epocale

Il primo ed unico capolavoro dei Grateful Dead

inter1964 (ha votato 8 questo disco) alle 9:48 del 25 maggio 2012 ha scritto:

Live/Dead è una pietra miliare. Punto.

Ma ho dato 4 e non 5 stelle(difatti son già pentito).Perche? Mah, forse perchè mettendolo in classifica nella discografia dei Grateful Dead il Live/Dead è a mio modesto parere secondo ad Anthem of the sun (4,5stelle)che da ragazzino mi frastornò e mi ammaliò (That's it for the other one e Alligator su tutte), ad Aoxomoxoa (5stelle) che tra la copertina, il palindromo del titolo, tutte due frutto della mente geniale e folle di Rick Griffin e le immortali perle acide St.Sthephen e China cut sunflower segnò in modo indelebile (non solo) la mia adolescenza, ed anche ai fenomenali e successivi Workingman's Dead (5stelle)ed American Beauty (5stelle).

4 stelle e non 5 forse anche perchè essendo il gruppo riconosciuto come la più leggendaria jam band di tutti i tempi quasi per paradosso anche oggi amo di più i loro album in studio rispetto ai tanti(troppi?)ma sempre magnifici live che ci hanno lasciato (ne ricordo già 6 ufficiali tra il 1967 ed il 1973).

O forse è stato il rammarico (cioè una sorta di invidia inconscia?)di non aver mai partecipato e vissuto un loro show dal vivo negli States negli anni 70 o anche 80 che ha influenzato il mio voto.

Comunque si, solo 4 stelle ho dato a questo capolavoro, e perciò mi cospargo il capo di cenere (ma se avessi dato a questo le 5 stelle agli altri avrei dovute darne 6).

Zeman (ha votato 10 questo disco) alle 16:35 del 2 settembre 2012 ha scritto:

Il non plus ultra della psichedelia.

glamorgan alle 13:18 del 9 gennaio 2013 ha scritto:

dei grateful dead ho american beauty e workimen's dead,vorrei ascoltare qualcos'altro,suggerimenti da dove cominciare? anthem of the sun?

D10S alle 15:53 del 9 gennaio 2013 ha scritto:

Anthem Of The Sun, Aoxomoxoa e questo secondo me sono i migliori.

alekk alle 18:05 del 11 maggio 2014 ha scritto:

Bellissimo. Un classico. Anche se preferisco Aoxomoxoa. Per me il loro vero capolavoro. Canzone precise ,coincise ,geniali ,senza dispersione. Il concentrato dei Grateful,anche più di Live/Dead

sindarin (ha votato 9,5 questo disco) alle 1:09 del 2 gennaio 2016 ha scritto:

Ho dato 9,5 a questo album, che conosco da una trentina d'anni, ma se potessi estrapolare Dark Star dal resto il voto diventerebbe inutile. Anzi, il solo pensiero di sottoporre a un voto quei 23 minuti di "follia creativa", di "orgasmo sonico", mi ripugna

tonysoprano (ha votato 10 questo disco) alle 14:24 del 25 aprile 2016 ha scritto:

Uno dei migliori live di sempre. Buona recensione.

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 14:58 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 14:59 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 14:59 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:00 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:00 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:00 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:01 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:01 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:01 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Arsame (ha votato 10 questo disco) alle 15:02 del 21 ottobre 2016 ha scritto:

"Dark Star" as an Example of Transcendental Aesthetics

Vito (ha votato 9 questo disco) alle 16:14 del 5 marzo 2020 ha scritto:

La psichedelia californiana al meglio. Dark star è lo statement definitivo dei grateful dead e anche l'unico loro pezzo che oggi resiste, dopo tutti questi anni. Della triade acid rock ,pur amando alla follia i jefferson e apprezzando i primi dischi dei grateful ho sempre riposto le mie preferenze nei quicksilver;i jefferson e i grateful erano troppo legati a livello ideologico ai loro anni di appartenenza e oggi risultano davvero datati, i quicksilver invece, erano più proiettati verso il futuro e il loro happy trails è il disco più bello della psichedelia americana ed è ancora oggi un disco validissimo ed estremamente godibile.

Utente non più registrat (ha votato 8,5 questo disco) alle 18:54 del 16 settembre 2020 ha scritto:

Per me - ma sono convinto che molti condividono questa tesi - è QUESTO QUI il capolavoro definitivo dell'era hippie - non Volunteers, non Are You Experienced, per l'amor del cielo non Happy Trails e non Surrealistic Pillow. Essenziale in ogni passaggio - va bè ogni tanto un briciolo di prolissità, ma è pur sempre la prolissità del capolavoro. Con Dark Star poi sembrano dire, sorridendo, a quasi tutte le band di ieri oggi e domani: "Potreste anche, gentilmente, togliervi dalle palle: tanto roba del genere non riuscirete mai a farla".