R Recensione

5/10

Brian Jonestown Massacre

My Bloody Underground

Anton Newcombe è una figura chiave nella musica indipendente americana degli anni ’90. Pronipote elettivo dei grandi hippy anarcoidi e suicidi dei ’60, alcuni dei quali marchiano fin nell’etimo il suo nome collettivo. Un demiurgo per l’intera scena neo-psichedelica: della grande comune BJM  hanno fatto parte, nell’arco di vent’anni, più di cinquanta musicisti, molti dei quali, fuoriusciti dall’alveare, hanno raffinato il proprio miele lisergico in gruppi di maggior riscontro commerciale quali i Black Rebel Motorcycle (Peter Hayes), The Warlocks (Bobby Hecksher), The Raveonettes (Sune Rose Wagner).

Lui, invece, è sempre rimasto fedele alla sua effigie, l’incarnato sul volto più granitico, irsuto e selvaggio del movimento, il factotum, l’irregolare, un Dorian Gray alla mescalina, il guru carismatico, scorbutico e solitario, votato al culto della ricerca e dell’integrità sul proprio suono; un’estetica in cui arte e vita, realtà ed immaginazione confondono i propri orizzonti fino a smarrirsi nella propriocezione. Un argonauta perennemente sulla rotta del suo ultimo viaggio: quello senza ritorno. Un cliché che il documentario “Dig!”, vincitore al Sundance 2004, ha contribuito a sedimentare attraverso la stucchevole contrapposizione, un po’ alla Beatles vs Rolling Stones, si parva licet, fra l’iconografia pop degli amici/rivali Dandy Wharols e “l’impossibilità di essere normale” di Newcombe, descritto come un loser pervicacemente avvinto ai suoi propositi autodistruttivi (nella scena finale viene tradotto in arresto dalla polizia dopo l’aggressione ad un suo fan, durante un concerto). Una pubblicità magari poco lusinghiera ma che lo ha parzialmente risarcito in termini di visibilità.

Questa sua supposta propensione al cupio dissolvi si estetizza in maniera clamorosa nel nuovo My Bloody Underground, prima uscita sulla lunga distanza degli ultimi cinque anni, un maelmstrom psicotropo senza capo ne coda che sembra voler escludere a priori l’elemento umano (leggasi voce, melodia e forma canzone) per involversi in un subconscio strumentale criptico ed estenuante fino ai limiti dell’autismo. Un po’ il classico “Continuiamo così, facciamoci del male!” di “morettiana” memoria. Passi per il cut up dadaista del titolo (MY BLOODY valentine + velvet UNDERGROUND, per chi fosse caduto dal seggiolone), archiviati i volenterosi riferimenti al “sottosuolo”  dostoevskjiano, smussati gli angoli della bocca al solletico delle quattro ghignate che a malapena suscitano titoli come Bring Me The Head Of Paul Mc Cartney On Heather Mill’s Wooden Peg o Who Fuckin’ Pissed In My Well, volendo pure sorvolare sull’equalizzazione sporca e casalinga, nelle intenzioni, ma solo sciatta e svogliata, alla luce dei fatti, o sulla scelta di piazzare uno di seguito all’altro due instrumental inutili e ripetitivi come la suddetta Who Fuckin’ Pissed In My Well e We Are The Niggers Of The World, qua c’è davvero poco di cui andare fieri.

Forse lo shoe-boogie percussivo di Golden Frost e Automatic Faggot For The People (e non fate quelle facce, mica me li sto inventando io, i titoli…), la cantilena Hare Krishna di Ljosmyndir (solo per scrivere questa ho smantellato la tastiera) o il riff “stonesiano” disciolto nella pece bollente e negli ansanti deliqui di Gesù e Maria Catena in Monkey Powder (almeno i primi minuti). Per il resto solo acquerelli bucolici che si asciugano pigramente incuranti del tempo massimo della nostra soglia di attenzione (Just Kicking Jesus), una “shoe-gazzata” morriconiana (Dark Wave Driver/Big Drill Car), una suite dronica di undici minuti (Black Hole Simphony) e pezzi discreti come Who Cares Why e Yeah Yeah, che nulla aggiungono, ne tolgono, alla reputazione del nostro.

C’è a chi sta roba è piaciuta. Io passo. Al limite preferisco riascoltarmi Methodrone e Thank God For Mental Illness. È questa la mia seconda satanica richiesta.

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 7 voti.
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giank 7/10
motek 7/10

C Commenti

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Alessandro Pascale (ha votato 7 questo disco) alle 15:07 del 10 giugno 2008 ha scritto:

mi trovi in disaccordo

certo concordo quando dici che il gruppo ha fatto di meglio in passato e che non siamo di fronte a niente di innovativo ma il disco pur essendo un pelo troppo lungo mi aveva convinto abbastanza con alcuni pezzi davvero godibili. Valutazione positiva per quanto mi riguarda.

fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 11:52 del 11 giugno 2008 ha scritto:

proprio cos

perfettamente in accordo con te

Lin alle 15:18 del 14 giugno 2008 ha scritto:

Un bel po' deludente questo album in effetti. Hanno (ha) fatto molto meglio in passato con i titoli già citati. Il re della neopsichedelia è morto? Lunga vita al re!

ThirdEye (ha votato 9 questo disco) alle 17:38 del 22 settembre 2008 ha scritto:

Insieme all ultimo dei Warlocks, uno dei piu bei dischi degli ultimi tempi,anche se non ai livelli di GIVE IT BACK....Capisco chi non lo ha apprezzato, è forse uno dei piu ostici della band...Poi Anton Newcombe sta davvero fuso, altro che i Pete Doherty di turno costruiti a tavolino