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R Recensione

8/10

Cream

Wheels Of Fire

Il gruppo sbagliato al momento giusto: è quello che ho sempre personalmente pensato di questi Cream che hanno fatto indubbiamente storia, a mio giudizio grazie ad una ristretta manciata di belle cose, contrapposte a molto, moltissimo fumo negli occhi. Il giochino di far convivere tre tizi diversi in molti aspetti, ma soprattutto e fondamentalmente nel tipo di musica da suonare insieme, ha trovato un suo mirabile equilibrio in episodi relativamente sporadici, per il resto i loro album sono farciti velleitari tentativi di adeguarsi l’uno all’altro; altro discorso per le registrazioni dal vivo, decisamente propendenti per il versante blues ma talmente distorte dalla battaglia fra i rispettivi ego da risolversi in mattoni poco digeribili (tranne le dovute eccezioni, la più luminosa delle quali è contenuta proprio in questo disco).

Al bassista Jack Bruce interessava il jazz pop, le melodie e gli accordi un po’ contorti e snob, con i quali in effetti ci tedierà volentieri per quasi tutto il resto di carriera. Ginger Baker invidiava e ricercava il facile successo del pop, sentendosi all’uopo compositore e magari cantante oltre che batterista, spingendo perchè il suo gruppo cavalcasse le mode psichedeliche della swinging London. Clapton infine teneva ancora la spocchia del purista blues, con un’espressione di sufficienza dipinta sul viso ogni volta che doveva piegarsi ad una qualche contaminazione stilistica diversa.

Sul palco i tre si azzuffavano dunque alla morte, sottoponendo il loro pubblico adorante ad interi quarti d’ora di triplice fuga strumentale per buona parte dei brani, jam sessions che tradiscono spudoratamente i veri sentimenti di cui erano preda, non già l’unione e la combinazione delle tre personalità artistiche, bensì la lotta e la sopraffazione sonora. A qualunque regolazione di volumi iniziasse l’esibizione, ben presto tutte le manopole degli amplificatori scivolavano sul 10, mentre il frustratissimo Baker non sapeva più cosa fare per farsi sentire in platea, già che, pur pestando come un ossesso il proprio kit, non riusciva neanche lui stesso a sentirsi.

Ora, questi tre allora giovani sboroni sono nella memoria collettiva ricordati da molti come la cosa più eccitante che potesse capitare di vedere in concerto in quegli anni (dopo Jimi Hendrix, magari), ma non credo sia così. E’ sufficiente guardarsi in DVD il loro ultimo, celebre concerto, quello di addio alla Royal Albert Hall di Londra, per convenire quanto confuso, sporco, privo di passione e di piacere di suonare sia il furioso assalto al loro repertorio ivi immortalato. E sì che in quella occasione i tre galletti dovevano sentirsi un minimo più rilassati rispetto al solito, avendo ormai pianificato di lasciarsi all’indomani, per sempre.

L’esame di questo album, diviso in due sezioni una in studio e una dal vivo, può essere illuminante a riguardo: è il terzo ed il più acclamato lavoro dei Cream, uscito all’apice della fama del trio in piena estate 1968, guarnito dalla classica, tenera copertina psichedelica, che i tempi imponevano.

Si comincia subito molto bene: “White Room” è una sostanziosa canzone pop rock di Bruce, dotata di una discesa melodica accattivante, resa irresistibile dalla qualità chitarristica sfoderata da Clapton nell’occasione. Eric scorrazza per il brano con lo strumento ricolmo di effetto phasing e wah wah, alla maniera psichedelica di allora, con riconoscibile classe. Indovinata anche l’idea, tipicamente jazzistica, di utilizzare a preludio, intermezzo e chiusura del brano un enfatico ponte in cinque quarti, la cui farraginosità e rugosità ritmica acuisce il desiderio di risentire il lineare e trascinante sviluppo della strofa. Ancor oggi sia Bruce che Clapton annoverano la Stanza Bianca nelle scalette dei loro concerti, rimanendo intramontabili il suo appeal melodico e la sua brillante scansione ritmica.

Sitting On Top Of The World”, che segue, non potrebbe essere più diversa: un nodoso blues di Howlin’ Wolf, reso senza la minima concessione al pop. Clapton, chitarrista dalle scarse attitudini compositive, assai irritato dalle stravaganti divagazioni stilistiche dei suoi compagni, sceglie per sé il ruolo di fine esecutore, non componendo un tubo per quest’album e cercando di infilarvi invece il maggior numero possibile di ortodosse, pachidermiche cover di vecchio blues, a totale contrasto colle fughe lisergiche e fumantine cercate dagli altri due.

Passing The Time” è appunto la prima stravaganza di Baker che si incontra nell’album. Il produttore Felix Pappalardi la arrangia in maniera più che psichedelica, con glockenspiel e Calliope alla maniera dei Beatles, assolvenze e dissolvenze incrociate, armonie ingenuamente suggestive. Finisce per suonare, in certi punti, come una cosa dei Pink Floyd di Syd Barrett, probabilmente in quei giorni un’effettiva ispirazione per Ginger.

As You Said”, composta e suonata dal bassista alla chitarra acustica, contiene gli evidenti germi di quel modo di comporre a lui caro, un po’ astruso e melodicamente faticoso, con quegli stucchevoli passaggi al falsetto che infesteranno per sempre il repertorio del nostro. Baker è confinato al solo charleston, Clapton soprassiede del tutto, sicuramente più che volentieri.

Pressed Rat And Warthog” è monnezza, direbbe il lapidario commentatore di questo sito stokerilla, sin dal titolo animalista. Il disturbato autore del brano Ginger Baker si produce personalmente in un compìto recitato, narrante di un topo e un facocero che chiudono il loro negozio pieno di zampe di cane, mele atonali e carne amplificata… Intanto il suo bassista si trastulla al flauto, Pappalardi fa lo stesso con una tromba e ne viene fuori una specie di marcetta folk, vigorosa perché Ginger, oltre a declamare minchiate, picchia forte sui suoi amati timpani, facendo così tanto fracasso che verso la fine del brano anche Clapton si concede di scendere al loro livello e infila il jack dell’ampli, concedendosi quattro svisatine in dissolvenza.

Politician” è un ben noto blues composto da Bruce, di quelli che Clapton vorrebbe sempre uscissero dalla sua penna. Trovo comunque che il riff che lo sostiene sia senz’altro molto originale ma allo stesso tempo carente di swing, così meccanico, poco scorrevole e piacevole. Bene ha fatto a suo tempo il prodigioso chitarrista Robben Ford ad ometterlo completamente nella sua cover del brano, contenuta nell’album “Mystic Mile” del 1993. Provate a sentirla, la versione di Ford è fantastica, rotola in avanti nel modo più corretto e fa intuire chiaramente quanto il giusto groove faccia migliorare le cose, nel rock e nel blues.

Ancora i pruriti compositivi del batterista in primo piano per “Those Were The Days”. Stavolta il suo brano è infestato di campane tubulari, le cui risonanze finiscono per coprire la chitarra di Clapton e disturbare il cantato di Bruce. Un altro trascurabile riempitivo.

Le cover proposte da Clapton tornano con “Born Under A Bad Sign”, tosto blues di Brooker T. Jones, seguito dall’ultima composizione di Bruce, la semiacustica e valida “Deserted Cities Of The Heart”. Il bassista la canta al meglio delle sue possibilità (non trascendentali, a mio gusto), omettendo svolazzi in falsetto e stranezze melodiche.

La porzione dal vivo (siamo al Filmore West, San Francisco) esordisce con i quattro minuti di gran lunga migliori di tutta la carriera dei Cream, uno di quei classici episodi capaci di elevare le quotazioni di un’intera discografia, di una carriera. La cover di “Crossroads” del grande nero Robert Johnson è resa con un’energia, pulizia, feeling, gusto, coesione epocali. Non si sa bene che cosa avesse bevuto e mangiato Clapton quella sera, quale droga avesse assunto, fatto sta che riesce a sciorinare un paio di assoli olimpici, due dipinti d’esposizione, due monumenti. La sua Gibson calda e mediosa (il “woman tone”, come veniva chiamato il suo peculiare timbro dell’epoca) scivola con uno swing perfetto fra i cambi di accordo blues del pezzo e disegna percorsi melodici messianici.

E’ il definitivo solismo rockblues di tutti i tempi, quello da far ascoltare, o ricordare, a chiunque pensi che Eric Clapton sia un più che sopravvalutato performer. Non è merito del brano, giacchè la versione dello stesso al concerto d’addio alla Royal Albert Hall, ad esempio, fa schifo, confusa e affrettata. Era proprio il momento, lì a San Francisco, a quell’ora e quel giorno, ad essere magico ed irripetibile. A dirla tutta, pare che vi sia contenuto un pesante editaggio verso la fine: all’ingresso dell’ultima strofa i suoni infatti cambiano percettibilmente, specie quello della batteria di Baker. Probabile quindi che i quattro minuti di questo gioiello derivino da due serate diverse, e che si sia deciso di incollare alla prima il finale dell’altra (si tratta comunque dei soli, ultimi trenta secondi).

A parte le sperticate lodi alla performance chitarristica, c’è da dire che anche il basso di Bruce non scherza per niente, come suo costume partendo per la tangente, praticamente anch’esso in assolo, però nell’occasione con la giusta misura, atta a contenere la follia improvvisativa e mantenere il giusto “tiro” alla musica. Il canto, infine, è per una volta appannaggio di Clapton (unica sua esibizione vocale solista nel disco). Al tempo, il chitarrista non aveva ancora messo a fuoco le sue virtù vocali, in realtà molto più interessanti di quelle di Jack Bruce, voce solida e potente ma sinceramente poco fascinosa. Gli anni successivi ci diranno che Eric Clapton è anche ottimo cantante, e comunque qui su “Crossroads” si può cogliere il fatto che già nei Cream avrebbe fatto bene ad andare più spesso al microfono.

Il blues lento “Spoonful” che segue è una valida pagina improvvisativa, di sicuro coinvolgimento. Magari qualche minutino in meno degli oltre sedici effettivi me lo sarei augurato…Sempre meglio, in ogni caso, dei sette minuti orgasmici che vengono subito dopo: in “TraintimeJack Bruce è alla voce e soprattutto all’armonica, quasi da solo (Baker spazzola il rullante, Clapton è sicuramente a bere un paio di drink dietro al palco) ed è pallosissimo. La stessa noia si trasferisce poi da lui al suo batterista, che nella finale “Toad” si profonde nell’immancabile, chilometrico, asfissiante assolo, una pratica notoriamente tediosa a prescindere, quale che sia la bravura, l’abilità, la tecnica e la passione di chi vi si cimenta.

Importanza storica da nove, per carità, ma scaletta pressoché trascurabile per due terzi. Metto un otto, a merito della presenza di  “Crossroads”.

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Voto degli utenti: 7,9/10 in media su 29 voti.

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swansong (ha votato 8 questo disco) alle 0:55 del 28 novembre 2008 ha scritto:

Niente da dire, proprio niente...

sono assolutamente d'accordo con te! Incipit e chiosa della tua rece sono perfette, concordo anche con il voto, anche se l'importanza storica, e le indubbie qualità artistiche e tecniche, mi farebbero propendere per una mezza stelletta in più! Ma me la tengo per il precedente favoloso Disraeli Gears

P.S. Non ho mai amato particolarmente Clapton e devo dire che, ascoltandolo qui dal vivo, e leggendo quà e là qualche suo commento dell'epoca sui Led Zeppelin ("Per me è incomprensibile ed inspiegabile il loro successo..."), ho sempre pensato che si fosse fatto la domanda e dato da solo la risposta: semplicemente, bastava vedere lui e jimmy coi Leds dal vivo, e non solo...

Paranoidguitar alle 15:42 del 29 novembre 2008 ha scritto:

Clapton è stato molto sopravvalutato anche a mio modo di vedere.

Dr.Paul (ha votato 9 questo disco) alle 12:23 del primo dicembre 2008 ha scritto:

però page non poteva vantare scritte sui muri del tipo : "clapton is god"! )

be i chitarristi white-blues devono molto a clapton eh...il primo in assoluto sin dal 64/65 (altro che mayall), lo stesso hendrix giunto a londra la prima cosa che fece fu andare a stringere la mano a erichetto! i Cream dal vivo sono intoccabili (vedi live cream 1 e 2).

PierPaolo, autore, alle 14:03 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Schematizzando per semplicità...

...i tre chitarristi degli Yardbirds, da una matrice comune blues, hanno sviluppato il loro talento in maniera diversa: Page è il compositore, l'architetto, il creatore di sequenze chitarristiche di eterna consistenza, profondità, pregio. Beck è il chitarrista puro, il tocco, la genialità messa in un grumo di note, il guizzo imprevedibile e libero. Clapton ha classe, stile, anima, ma nessuna delle qualità estreme presenti negli altri due.

Dr.Paul (ha votato 9 questo disco) alle 15:01 del primo dicembre 2008 ha scritto:

scusa pier, sui kraftwerk parlavi di spocchia da krautrocker, ma qui è la stessa cosa, è evidente che clapton ti è antipatico e/o semplicemente nn ti smuove granche, ma dire che clapton non ha avuto guizzi imprevedibili (parlo di anni 60) non è vero, come lascia trasparire un certo livore di fondo il discorso sul "chissa che droghe abbia preso per fare assoli olimpici su crossroads", un imbranato o un chitarrista con pretese velleitarie non riesce a fare quel lavoro; non è come nel calcio, dove una pippa con un colpo di culo riesce a fare un eurogol!!!!

di versioni ottime di crossroads ne esistono anche nei dischi live della carriera solista, ovviamente poi ci sarà anche la versione meno riuscita ecc ci mancherebbe, ma parliamo di un chitarrista che è riuscito a fare centro anche con i progetti paralleli, vedi blind faith, vedi derek & the dominos, vedi lo stesso mayall & bluesbreaker, solo classe stile anima (è cosi poco poi?)...boh tutti ossequiosi nei suoi confronti, da townshend a knopfler, da wood a richards, da harrison a hendrix, (io ci metterei anche gilmour) per non parlare dei vecchi neri...saranno pure le solite pentatoniche ma c'è modo e modo di proporle, io nn credo sia poco francamente, poi certo si possono preferire page o steve vai ci mancherebbe...

PierPaolo, autore, alle 15:31 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Ma no Paolo...

il livore di fondo che percepisci mi sembra eccessivo. Per me Clapton è un grande, però nel senso di come lo vivono Swansong e Paranoidguitar, e cioè decisamente "overrated". Questo è un concetto che in qualche modo (forse troppo ironico per i tuoi gusti) nella mia rece è un concetto che mi andava di dire. Che non sia estroso come Beck e non sia un compositore del livello di Page è un mio parere, prendilo come tale, probabilmente per te non è essenziale e il fraseggio di Clapton, il suo rotondo, pulito e fluido fraseggio blues valgono di più.

swansong (ha votato 8 questo disco) alle 15:53 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Allora...

...sono d'accordo con Pier sulla sintesi fatta relativa allo stile dei tre (indiscutibilmente ottimi ed imprescindibili, tengo a sottolinearlo e ribadirlo!) chitarristi, ma secondo me quel che manca a Clapton (e qui non condivido il pensiero di pier) è proprio l'anima! Sbaglierò, ma dò un solo un personalissimo e perciò opinabile parere: seguite molto attentamente tutte e tre le carriere di questi musicisti, sia in studio, che live, che in gruppo, che soliste...ho sempre avuto l'impressione che Clapton suonasse più per "esibire/dimostrare" la sua indubbia tecnica chitarristica e quindi suonasse più per sè stesso, che non al servizio di un progetto o un'idea. La musica, insomma, più un fine che un mezzo...

swansong (ha votato 8 questo disco) alle 15:55 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Intendevo...

più che "la musica", la "tecnica chitarristica" (concepita come fine, piuttosto che come mezzo)

Dr.Paul (ha votato 9 questo disco) alle 16:24 del primo dicembre 2008 ha scritto:

certo che nn sia estroso come beck è vero, che nn sia compositore di livello page è vero, questi sono tutti dati oggettivi inoppugnabili (anche se per quanto mi riguarda di scarsa rilevanza), il punto nn è tanto questo altrimenti arriviamo al gioco della matrioska: page era piu bravo ma pinco pallino era piu bravo di page, nn è che page sia lo scalino piu alto della trinità dei monti!!

anche clapton, esattamente come page -e quasi sempre presso lo stesso ventaglio di appassionati-ha saputo toccare "corde" di straordinaria intensità (beck moooolto meno)! riguardo il overrated...capisco cosa intendi, ma è solo il nome piu famoso tra i chitarristi bianchi, se qualcuno credeva che fosse l'unico ed il solo modello da imitare..be sbagliava di grosso!

ci sono testimonianze dell'epoca (quella di bowie ad esempio)x le quali andare a vedere un concerto dei cream nel 66/67 era come andare a vedere il top della caratura tecnica, nn mi vorrei ripetere ma insomma la stima di hendrix credo possa valere piu di molte altre chiacchiere. pier e just one night ti piace?

PierPaolo, autore, alle 16:38 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Una volta Santana, parlando di Clapton...

...disse che condivideva appieno le parole del suo timbalista Armando Peraza, che sosteneva che Eric "entrasse" come nessun altro nelle note che prendeva. Clapton è un esecutore di blues che avrebbe voluto suonare per tutta la carriera i vecchi standard di Johnson, B.B. King e compagnia. Si è invece barcamenato (per fama, per soldi, per indolenza, per amore...) fra questo e una specie di blues pop annacquatiello, con saltuarie impennate di genio. Non è un compositore, e non lo vuole neanche essere, vuol suonare le dodici battute dei fratelli neri nella maniera più ortodossa e classica possibile. Quando si è staccato dal blues degli altri, ha avuto bisogno comunque di una spalla: Bruce era il compositore dei Cream, Layla gliel'ha regalata Duane Allman, J.J.Cale e Bob Marley hanno dato una bella mano... ma lui ci ha messo anche del suo, eccome, e non è questione di tecnica: Clapton (e anche Page...) ha tecnica più che normale, anzi ama far cose con gente più "brava" di lui (Albert Lee è stato il suo "secondo" per diversi anni... avete mai visto suonare Albert Lee? Da panico!). Insomma, credo proprio che il successo di Clapton sia dovuto alla sua anima, o come diavolo si possa chiamare l'estremo fascino che esercita il suo modo di suonare (ripeto, tutt'altro che virtuoso).

Dr.Paul (ha votato 9 questo disco) alle 16:49 del primo dicembre 2008 ha scritto:

eh mi ero dimenticato santana, un altro che ha adorato clapton! cmq tutto giusto...era un esecutore, innamorato dei maestri neri! si nei cream scriveva Jack Bruce...l'intelaiatura!

PierPaolo, autore, alle 17:11 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Permettimi un consiglio Paolo

Se non l'hai mai visto, vatti a vedere un concerto di Jeff Beck, la prossima volta che viene in Italia. E' il migliore, il più grande pioniere, il più sensibile esecutore, il più evoluto ed evolventesi suonatore di chitarra elettrica di ogni tempo. Jimi Hendrix compreso, che poveretto non ha avuto la possibilità di evolversi. Beck suona musica di merda (per capirci...), noiosa quanto meno (una techno con delle divagazioni nel blues e nella ballata d'atmosfera) ma, se sei un musicista come il tuo simbolo fa credere, la "botta" dovrebbe arrivarti, secca e precisa. Lui fa cose inenarrabili, con una sensibilità, un'anarchia, un controllo ed una libertà di pensiero da far venire le lacrime agli occhi. Non sa comporre, non sa tenere adeguate relazioni pubbliche, non sa far progetti, non sa fare dischi, non sa appoggiarsi a colleghi che lo completino (cantanti, compositori)non sa stare nel business ma è il migliore.

Paranoidguitar alle 10:21 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

RE: Permettimi un consiglio Paolo

è un po' comodo dire che non sa fare questo o quello ed è il migliore. Il migliore dovrebbe capire quando sta suonando musica di merda. Il migliore dovrebbe cercare di capire quando sta facendo cose fuori luogo, che non divertono e che non portano da nessuna parte.

Quanto al clapton senz'anima non son d'accordo. Non sta a noi giudicare se abbia un'anima o no. (dico la mia)Quello che non mi piace di lui è che le sue esperienze con gruppi siano state sempre brevi per colpa essenzialmente sua. Non ha la capacità di comprendere gli altri e vuole essere prima donna a tutti i costi. Suonare in una band significa passare e superare momenti di sofferenza in cui i rapporti umani sono tesi. A me sembra che Clapton abbia sempre voluto fuggire questi momenti, che, dal mio umile punto di vista di suonatore di band, arricchiscono tantissimo sia dal punto di vista umano che da quello musicale. E quindi il suo ruolo molto spesso si riduce a quello di un sessionman di lusso... Il suo grande amico Harrison, pur non suonando al suo livello, ha dato un contributo di gran lunga maggiore alla storia.

Dr.Paul (ha votato 9 questo disco) alle 17:24 del primo dicembre 2008 ha scritto:

"ma, se sei un musicista come il tuo simbolo fa credere, la "botta" dovrebbe arrivarti,..."

eheh ebbene si sono musicista anche se un po nerd, conosco benino beck, ma in realtà di andarlo a vedere nel 2008...nn mi interessa, stesso discorso per page e clapton beninteso!! largo ai giovani (anche se io forse nn ne faccio piu granche parte)! le vibrazioni sono piu importanti della tecnica, essere il migliore alle sue condizioni (quello che scrivi è verissimo e la dice lunga sul personaggio) nn ha senso, è il peggior difetto, parere mio! quelli si che sono esercizi di stile e basta! ))

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 17:41 del primo dicembre 2008 ha scritto:

Molto interessante questa discussione sulle chitarre soliste "più importanti" degli anni '60.

La mia preferita in questo contesto è quella di Peter Green (in particolare per End of the game

del 1970). Mi piacerebbe un vs. parere anche su di lui. Grazie.

swansong (ha votato 8 questo disco) alle 18:08 del primo dicembre 2008 ha scritto:

RE: green

non vorrei dire una cavolata, ma mi pare che con End of the Game (titolo quanto mai profetico...) Green si destreggi più su territori psichedelici che hard blues...detto ciò, quel disco è una perla assoluta dei 70! Assolutamente!

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 18:36 del primo dicembre 2008 ha scritto:

RE: green

Si certo The end of the game non è un disco di rock-blues. Ma le radici di Peter Green sono le stesse di Clapton, Beck, Page, Mayall (british blues) e lo stesso Santana rese famosissimo un suo brano (Black magic woman). Tutti chitarristi citati nella discussione. Il parere che mi interessa non è tanto quello sul mio adorato album, ma sul chitarrista e sul musicista degli anni '60.

PierPaolo, autore, alle 9:09 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

Re: green

Green ha una storia con l'LSD simile a quella di Syd Barrett. E' "partito" e non è più tornato. Patetici i suoi ritorni, imbolsito nel fisico e sullo strumento, cosicchè parlare (bene)di lui si riduce a parlare di End Of The Game.

lev alle 12:51 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

se parliamo di canzoni, i cream ne hanno scritte di veramente belle. "badge", "sunshine of your love", e "white room" su tutte, più la bellissima cover di "crossroads". se invece parliamo di album, beh non mi sembra che ne abbiano scritti di memorabili. comunque è un gruppo che ogni amante del rock dovrebbe avere nella propria discoteca. magari anche solo con una buona antologia. per quanto riguarda il discorso qui sotto, penso che a conti fatti clapton sia il migliore (x quello che posso capire io, visto che non sono un musicista e più un appassionato di musica che un intenditore). almeno come chitarrista, poi se parliamo di compositori, beh preferisco di gran lunga la musica dei led zeppelin.

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 16:14 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

RE: green

Anche tu non mi hai risposto Pierpaolo. Mi piacerebbe un parere (magari da musicista) sullo

stile compositivo e chitarristico di Green,

paragonato a quello di Clapton, Beck e Page, in

quegli anni precedenti il suo capolavoro (anni 60).

Dopo so anch'io quello che è successo. Comunque

pazienza.

loson (ha votato 7 questo disco) alle 16:33 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

Disco discreto, nulla più. Clapton come musicista non mi ha mai garbato granchè, sinceramente, tranne che nella breve parentesi Yardbirds. Jeff Beck era di gran lunga più fantasioso, potente, imprevedibile. Quando suono qualcosa di Clapton (raramente avviene, ma a volte...) è come se mi sentissi imbavagliato, mentre quando provo a imitare Beck mi accorgo di quanto straordinario fosse il suo fraseggio e la sua versatilità. C'è poi da dire che il blues elettrico "puro" non mi appassiona per niente, e questo può essere un deterrente nel giudicare Mr. Slowhand.

Paranoidguitar alle 17:45 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

RE:

beh io sono abbastanza ignorante in materia, ma il blues elettrico non mi attizza quanto il blues delle origini, ovvero quello texano e quello del delta...o riformulando meglio il blues degli anni'60 mi piace molto quando non è puro ma nella sua forma Rhytm 'n' blues

PierPaolo, autore, alle 16:58 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

Peter Green ed Eric Clapton

REBBY, Peter Green era al livello degli altri in quegli anni, e diverso da tutti loro. Bel compositore (come poi lo divenne Page, non gli altri due), con un suo suono acido (ettecredo) e pericoloso. In particolare aveva un vibrato veloce e cattivo, uno stile che poi sarà ripreso dal suo miglior discepolo, Paul Kossoff dei Free (un altro che si ingegnava a suonare come lui era Tony McPhee dei Groundhogs). Visto che le sue cose dal 1970 ad oggi non le conosco quasi, preferisco non dare giudizi netti.

Loson: ehi se vuoi ti mando la mia versione di Crossroads. Non è malaccio.

DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 21:24 del 2 dicembre 2008 ha scritto:

Sottoscrivo pienamente il giudizio di Pier Paolo sulla santa trimurti chitarristica e gli faccio i complimenti per l'ennesima, dotta dissertazione sul classic rock.

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 9 questo disco) alle 15:28 del 10 dicembre 2009 ha scritto:

vale soprattutto per la parte Live, i Cream dal vivo erano formidabili ed avevano un sound più robusto che in studio. Sono stati un gruppo fondamentale dal quale in molti hanno preso come Led Zeppelin, Black Sabbath e lo stesso Hendrix.

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 14:45 del 4 gennaio 2010 ha scritto:

RE:

I Cream dal vivo erano formidabili e raggiungevano il muro del suono suonando rock blues jazz e non noise

Dr.Paul (ha votato 9 questo disco) alle 14:57 del 4 gennaio 2010 ha scritto:

ho riascoltato di recente delle cose live dei Cream (ci sono anche un altro paio di live in commercio), si, dal vivo erano formidabili!

diogenes90 alle 17:01 del 10 marzo 2010 ha scritto:

Che recensione!

Complimenti per la bellissima recensione - anzi, cancelliamo bellissima, diciamo approfondita, tecnica, competente che è meglio-. Un'analisi al dettaglio di questo grande lavoro! Peccato che dal testo emerga una non eccessiva simpatia per i tre, o per la loro musica... Dove tu vedi un amalgama mal riuscito io vedo tre personalità forti - già dal nome si vede la diversità da tutto il resto del panorama musicale- . Non erano tre amici, ma tre professionisti. Tutto questo però non mi sembra un male, nè il fatto che live fossero una bomba, un caso. Da bassista ti dico che la parte in crossroads è commovente per la sua bellezza, cioè in un pezzo così non si può chiedere di più.. Poi non voglio continuare sul disco perchè, del gruppo, è quello che paradossalmente conosco meno!

Nel capitolo clapton, voglio spezzare una lancia in suo favore. Si è fatto il paragone Yardbirds e per completare si è tirato in mezzo anche Hendrix. Devo dire da subito che Slowhand è il mio preferito, ma stando solo sulle nostre posizioni non andremo mai avanti. Io credo che, come prima cosa, non si possa affatto dire che Clapton sia un calcolatore del successo-mi sembra sia uscito più o meno questo come senso- visto che ha abbandonato gli Yardbirds appena hanno fatto successo, in nome del blues. Che poi sia tecnica senza anima mi sembra proprio strano sentirlo, slowhand non è certo un'esaltazione della tecnicità come nome!

Page, beh mi dispiace sentire dire che era il migliore compositore, dote non delle più importanti per chi si rifà al blues.. E comunque diciamocelo in tutta sincerità, per quanto eccezionali gli zep per quanto hanno creato? '69-'71 e non molto di più, credo... Ora non vorrei essere azzannato alla gola, anche io ho la mia bella raccolta led zeppelin, ma pensiamo a quanto ha fatto clapton, a quante volte è rinato. una su tutte l'unplugged..

Credo di aver messo abbastanza carne al fuoco per una prossima discussione!!

PierPaolo, autore, alle 19:28 del 11 marzo 2010 ha scritto:

@diogenes90

Ti ringrazio per i complimenti e passo volentieri all'invocata discussione, punto a punto: amalgama mal riuscito e personalità forti sono logicamente due definizioni che possono coesistere, quindi in questo caso mi allineo con te… quasi,dato che ho personalmente delle riserve su Baker, a mio vedere un batterista dallo stile lunatico e di scarso groove, poco “opportuno”, diciamo così, per il proto-hard rock messo a punto dai tre. Riguardo i Cream in concerto, hanno fatto assolutamente epoca e avanguardia ed è un fatto, ma la mia reazione a tutti quei minuti di improvvisazione magmatica, disordinata e competitiva è di discreta noia. Niente di personale, giuro, mi annoiano anche gli sproloqui di Allman e Betts al Fillmore… Hai ovviamente ragione a evidenziare la parte di basso di Crossroads, superba; te lo dico da chitarrista (che a suo tempo si tirò giù tutta la parte di chitarra) ma che si diletta anche con un Fender Jazz. Non comprendo invece perché non concordi sul fatto che Clapton si è appoggiato parecchio, nella sua carriera, su scelte commerciali; la storia del purista blues che lascia gli Yardbirds perchè volevano andare nella direzione pop dei Beatles è una sua antica e giovanile spocchia... il successivo incontro, ed amicizia, con gente come la Band e Bonnie & Delaney, gruppi alieni dal virtuosismo strumentale e inclini a “mischiare le carte” fra rock, country, rhythm&blues, pop eccetera, l’ha direzionato, per sempre, su un doppio binario: blues e/o canzonette, un colpo al cerchio ed uno alla botte. Sulla presunta tecnica senz’anima (portata avanti in un commento alla rece) siamo di nuovo dalla stessa parte, mentre non è così sulla faccenda delle capacità compositive non prioritarie nel blues (a parte che Page è tanto blues quanto folk... è veramente stato un musicista molto largo di vedute). Non hai tutti i torti sugli Zeppelin, anche se stai un po’ stretto circa il loro periodo d’oro (che estenderei al 1974, fino all’operazione subita da Plant che gli comprometterà le corde vocali). Il fatto è che… in quei pochi anni gli Zepp ci hanno dato DECINE di brani epocali, mentre l’intera carriera di Clapton ne comprende a mio avviso molti di meno (metà dei quali pure cover, oppure composti da suoi collaboratori del momento). Un caro saluto.

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 16:23 del 20 marzo 2010 ha scritto:

dire che Baker non è per i Cream un valore aggiunto è gravissimo!!!!!

Il suo modo di suonare è stato fondamentale per dare ai Cream la leggendaria forza e dinamicità ritmica che li rende speciali.

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 12:29 del 21 marzo 2010 ha scritto:

ma dai...

ma poi come non soffermarsi su quel capolavoro che è Desert Cities...

tra i migliori brani mai sentiti:

moderno, potente e melodico, i Cream raggiungono la velocità della luce nella parte centrale e dimostrano di essere i migliori perchè non vendono fumo negli occhi ma grande professionalità tecnica e talento

Giuseppe 57 (ha votato 8 questo disco) alle 19:03 del 14 ottobre 2010 ha scritto:

Chiedo scusa! Grazie dell'informazione!

salvatore alle 20:14 del 14 ottobre 2010 ha scritto:

RE:

Figurati

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 14:10 del 29 agosto 2011 ha scritto:

più li ascolto e più penso che sia l'unico gruppo VERO nella storia del rock con la Band

Non ammetterlo è mistificatorio

dalvans (ha votato 7 questo disco) alle 15:13 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Discreto

Mai piaciuto tanto

TheRock (ha votato 6 questo disco) alle 8:34 del 23 febbraio 2012 ha scritto:

i Cream sono stati un gruppo molto importante ma a me questo disco non piace. Il problema è che è fiacco, ecco questo è il punto. Inoltre mi sembrano un po' legnosi.

zagor (ha votato 7 questo disco) alle 15:16 del 24 novembre 2013 ha scritto:

white rooom pezzo della madonna, il resto oggi suona un po' muffoso. meglio disraeli.

D10S alle 9:48 del 22 maggio 2014 ha scritto:

Disraeli Gears e Fresh Cream sono di un'altra categoria, qui meglio la parte live comunque

glamorgan alle 9:43 del 22 maggio 2014 ha scritto:

se lo sarà per caso scritto da solo "Clapton is God"? Non sono un musicista per giudicare chi sia stato il miglior chitarrista, mi piace molto il duetto tra clapton e robbie robertson in the last waltz, i led zeppelin non mi sono mai piaciuti, fermo restando che rispetto chi li apprezza, come si dice in inglese "non sono la mia tazza di te....

FC alle 17:35 del primo settembre 2014 ha scritto:

Devo dire che mi è difficile commentare questa recensione dato che non condivido una parola. Il tentativo dell'autore di far passare i 3 componenti del gruppo come 3 psicotici narcisi (come se quasi tutti i grandi geni, musicali e non, non lo siano) è abbastanza pietoso; quello che non si capisce è che è proprio questa diversità di vedute musicali la cifra che rende i Cream così speciali, il fatto che fossero 3 solisti tenuti insieme dalle loro composizioni. Ma evidentemente per l'autore tutti i gruppi dovrebbero somigliare a Rolling Stones (che mi piacciono comunque).

Per quanto riguarda la recensione:

1. White Room, la "sostanziosa canzone" è il pezzo di scarto dell'album: doveva essere in Disreaeli Gears, ma era troppo simile a Tales Of Brave Ulysses (il vero capolavoro nel genere) e fu spostata qui. Ciò non toglie che sia una canzone stupenda ed eseguita benissimo.

2. Sitting On Top Of The World è un classico blues reinterpretato alla loro maniera, con la voce potente di Bruce e un overdubbing di assoli di chitarra notevolissimo per l'epoca che è uno dei biglietti da visita di Clapton.

3. Passing The Time la prima "stravaganza di Baker" che in realtà è di Bruce ma vabbè... che dire, se non si apprezza l'inizio quasi fiabesco della canzone e il brusco cambio di ritmo che sfocia in un torrente musicale energico come pochi è ovvio che non si apprezza il resto dell'album (che è grandissimo proprio per queste "stravaganze"). Naturalmente non ci sono pezzi paragonabili composti in quel periodo e forse neanche in quelli successivi.

4. As You Said è un pezzo jazzista, ma di un jazz alla Jack Bruce che ovviamente può piacere o non piacere; definirlo "astruso" indica una certa ignoranza (magari può essere utile vedersi "Rope ladder to the moon", un documentario dove Bruce spiega l'origine del suo modo di suonare). Come nel punto 3, non esistono pezzi simili, se non quelli dello stesso Bruce.

5. Leggendo il commento a Pressed Rat And Warhog viene da bestemmiare:è una canzone senza tempo che potrebbe essere stata scritta in ogni epoca ed è caratterizzata da una maestosità tipica dei pezzi di Baker. La sua voce la rende quasi "antica". Forse è il vero capolavoro dell'album e pone Ginger Baker al di sopra di tutti gli altri batteristi a mio modo di vedere. Riguardo al testo: l'autore ha idea di cosa parlavano le canzoni negli anni 50/60? Forse i testi degli Stones erano più profondi? E comunque è probabile che la canzone si riferisse agli attriti presenti nei Cream. L'autore ha mai sentito parlare di allegoria?

6. Politician è un esempio dei power riff di Bruce. Come alcuni riff creati da lui per i Cream, all'inizio era molto jazzistico e poi virò sul blues per esaltare le qualità di Clapton. Se è stato tutto tranne che "swingato" un motivo ci sarà. Lo Swing è incompatibile con il termine "power riff" e ai Cream interessava essere "pesanti" non swing perchè ciò esaltava esaltava le caratteristiche di Clapton e Baker e perchè all'epoca molti gruppi tendevano allo swing e loro volevano distinguersi (ah già ma questo per l'autore è sinonimo di inaccettabile sboronaggine e narcisismo).

7. Altre Santi scomodati per Those Were The Days: il "prurito compositivo" di Baker è un altro esempio di vero e proprio "retrò rock"; le campane servono per conferire un'aura celestiale e ultraterrena al pezzo e Clapton, il "purista snob" ci si adegua così come ha fatto e sempre farà per tutti i pezzi non strettamente blues (ma l'autore lo sa che Clapton ha pubblicato in tutta la sua vita solo un - dicesi UNO - disco interamente blues?) Per fortuna l'autore evita di soffermarsi sul testo, che probabilmente neanche ha letto, ma che è estremamente interessante.

8. Per Born Under A Bad Sign il discorso è simile a Sittin On Top Of The World; invece è intollerabile dedicare 2 righe scarse a Deserted Cities Of The Heart, che mette in risalto le straordinarie doti compositive di Bruce e vede uno dei migliori testi prodotti da Pete Brown, la canzone oscilla fra jazz, rock, musica classica, flamenco (Clapton "il purista" si adegua magnificamente anche qui) tenendo tutto assieme, ma per l'autore la cosa importante è che Jack Bruce non faccia troppe stranezze con la voce (come il falsetto, questo sconosciuto, presente anche in White Room, che l'autore considera giustamente una grande canzone).

9. La parte live: che Crossroads sia un capolavoro è verissimo, dire che fu l'unica volta che la suonarono bene fa ridere: sono pervenute 3 versioni di Crossroads dei Cream nei '60; l'autore se la prende con l'ultima senza considerare che lì la band era praticamente già sciolta e inoltre non sa che Crossroads era considerata da Bruce e Baker come un pezzo dove fare più casino possibile mentre Clapton si affannava a tenere insieme assoli e melodia da solo. La terza versione a noi pervenuta comunque, dimostra come i Cream potessero ottenere grandi interpretazioni più o meno ogni volta che volevano.

La versione di Wheels Of Fire di Spoonful non è la migliore a mio avviso, ma la seconda migliore, e dimostra come i jam dei Cream fossero tutto tranne che dei "mattoni" noiosi; occorre tenere presente inoltre che erano perlopiù improvvisati.

Su Traintime c'è poco da dire: nessun gruppo suonava armonica e batteria in quel modo all'epoca e i Cream fecero scuola, ma l'autore preferisce fornirci la sua impressione personale e la sua idea di dove fosse Clapton piuttosto che descrivere il pezzo minimamente.

Toad è il primo pezzo incentrato su un assolo di batteria. Ora, io posso capire che esercizi di questo tipo siano in genere noiosi, ma se i batteristi pensano a sfoggiare la loro abilità tecnica piuttosto che a trasmettere qualcosa non è certo colpa di Baker il quale si distingue proprio per essere un batterista "armonico" e carismatico e non una macchina. Se l'autore non riesce a cogliere le marce di guerra e i ritmi tribali con la sfondo di paesaggi esotici disegnati da Baker e lo paragona a un Terry Bozzio qualunque evidentemente non sa nulla della storia di questo batterista.

In conclusione, i gusti sono gusti, ma mi sembra che l'autore si soffermi più su questi invece di inscrivere Wheels Of Fire nel panorama musicale dell'epoca (e anche in quello desolante odierno) e riconoscerne se non altro un'originalità senza pari. Per fortuna alla fine si risolleva dandogli 9 come importanza storica, ma in realtà anche questo è sbagliato perchè praticamente nessuna band raccolse l'eredità dei Cream nella loro interezza (un paio cercarono di imitare Clapton e Baker al massimo) ma per il resto la band rimane a tutt'oggi attualissima e inimitata.

PierPaolo, autore, alle 19:07 del primo settembre 2014 ha scritto:

Mi è facile risponderti perchè sei uno che si mette a un livello superiore quando dice la sua e quindi quando sbaglia fa brutta figura:

Premessa: ti è difficile commentare ma poi ti abboffi con un commento di una sessantina di righe... mah.

I Rolling Stones mi piacciono non tantissimo (mi piace solo il loro periodo 1968/1971) e comunque meno dei Cream, quindi che cosa hai intuito di me?

1. Perchè metti sostanziosa canzone fra virgolette? In cosa non sei d'accordo con me su White Room? Boh

2. Sitting On Top Of The World piace anche a me, anche se è un blues e non è di Clapton, cos'è che non condividi qui, non ti piace pachidermico come definizione? Non l'hai detto. Boh

3. Confermo che Passing The Time è di Baker, d'altronde Bruce pezzi così psichedelici e sognanti non li ha mai fatti. Che ti devo dire, è scritto sulle note di copertina vattele a leggere.

4. Non si dice pezzo jazzista, si dice jazzato. Jazzista è un sostantivo, jazzato l'aggettivo giusto per me, e anche per te.

5. Si, sono stato forse troppo acido in questa critica del brano di Baker. A me non piace, ma hai tutto il diritto di trovarla maestosa.

6) Power riff che è? Se intendi power chord, quello è fatto usando soprattutto bicordi e tricordi. Quindi quello inventato da Bruce per Politician è un riff, e basta. Se Bruce non vi ha voluto mettere swing sta bene anche a me. Un esempio di riff blues con molto swing (swing rock intendo) è quello di Black Dog degli Zeppelin. Clapton in cuor suo non è mai stato pesante in vita sua, io penso. Lo dimostra la sua carriera solista. In quel periodo diventò pesante perchè faceva a gara con gli altri due a chi si sentiva più forte, io penso (e leggo).

7) I dischi con John Mayall non li conti? Quelli non sono tutti blues? A far canzonette a Clapton gliel'hanno insegnato Delaney & Bonnie Bramlett, nel 1969. Lì ha avuto la visione, e da quel momento ha voluto fare anche canzoni e non solo blues. Fino a quel momento per lui contava solo il blues e mal sopportava le digressioni ad esso, sia da parte degli Yardbirds che di Mayall (poche) che dei Cream.

Il falsetto non è una stranezza e che sia sconosciuti lo scrivi tu non io, quello di Bruce l'ho definito svolazzo mentre per stranezza intendo il suo modo tipicamente jazzistico di coniare melodie vocali molto "larghe", insolite, ricercate ma purtroppo astruse. Tale modo di comporre ha precluso a Bruce il grosso successo solista, i suoi album solo sono pieni di canzoni di difficile digeribilità e comunicativa. Non tutti sono dei geni come gli Steely Dan, capaci di coniugare progressioni armoniche infinite e rivolti d'accordo tremendi a melodie ed armonie estremamente eleganti e spumeggianti. Bruce no, di sicuro: grandioso bassista, compositore arcigno e poco efficace.

9) Lo scrivi tu che per me che nella versione di Crossroads su quest'album fu l'unica volta che la suonarono bene. Io ho solo detto che questa esecuzione è irripetibile, la migliore che si conosca, e che quella all'Albert Hall per il concerto finale fa cagare. Cerchi rogne qui.

Non ho neanche scritto che la versione di Spoonful è la migliore. Secondo te è la seconda... buono a sapersi ma... esticazzi?

Ho piacere che il solo di Baker su Toad ti ispiri tanti panorami etnici, ma che c'entra Bozzio? I migliori assoli di batteria della mia vita li ho visti fare da John Hiseman, Rod Morgestein, Ian Paice, il Philips dei Toto... ma mi sono annoiato un poco lo stesso. Boh, perchè ti viene il sangue marcio per paragoni che non ho scritto?

Si, i Cream sono inimitabili, ma il 9 dell'importanza storica è per le "porte" che hanno aperto, per tutto il blues che hanno portato a quelli del pop e viceversa, per avere alzato gli amplificatori al massimo anche se l'hanno fatto per soverchiarsi, per avere infilato l'improvvisazione in stile jazz a strutture blues, per aver pionerizzato l'hard rock eseguendo i riff blues di Clapton e quelli jazz di Bruce a una velocità e un frastuono che non era più nè jazz nè blues, ma proto hard rock.

Ti saluto, ma scrivi malissimo. Ah curiosità, che voto metti a Wheel's on Fire?

FC alle 22:53 del primo settembre 2014 ha scritto:

Anzitutto, il fatto che sia difficile commentare non significa che non riesca a farlo, semmai ci metto più tempo e più righe.

Poi io scriverò malissimo ma considera che non sono un esperto di musica e uso termini non proprio corretti a volte, inoltre ho scritto tutto di getto senza correggerlo. Quindi mi scuso se sono risultato poco leggibile.

Con gli Stones volevo dire che esistono band differenti e che il mondo è bello perchè è vario.

Ovviamente non tutto quello che ho scritto è diretto contro di te, semplicemente mi pareva giusto evidenziare alcuni aspetti delle canzoni mentre tu ne hai evidenziati altri.

La mia non vuole essere una recensione, è semplicemente la mia visione di Wheels Of Fire.

La mia critica è semplicemente che un lavoro come Wheels Of Fire andrebbe considerato contestualizzandolo nel periodo in cui è stato scritto, abusando non troppo di pareri personali e senza cavarsela con opinioni troppo semplicistiche: per questo il mio commento non è affatto una recensione.

Poi Power Riff è un termine non ufficiale ma esiste.

Dire che Bruce è un compositore poco efficace (cioè poco commerciale, come lo intendi tu) significa considerare SOLO la sua carriera solista, in realtà gli album dei Cream sono perlopiù popolati da sue composizioni e da cover e quindi dal punto di vista compositivo qualcosina ha pur raggiunto.

Passing The Time è ufficialmente di Mike Taylor e di Baker, ma mi pare di aver letto da qualche parte che Bruce la rimaneggiò molto, quindi è anche un suo pezzo a mio avviso.

Bozzio l'ho tirato in ballo per mostrare la differenza tra batteristi come lui e Baker, mica ho inteso dire che ti piace.

I dischi con John Mayall (che poi è uno solo a quanto ne so) sono appunto dischi di John Mayall con la collaborazione di Clapton. Io mi riferivo al Clapton solista, senza contare che il lavoro in questione è composto solo da cover.

Per finire mi spiace che tu te la sia presa, ma io ho criticato ferocemente il modo in cui è stata fatta la recensione, non ho insultato nessuno e non mi sono messo su un piano superiore (poi che vuol dire, su questa singola band potrei anche saperne più di te, laddove tu mi supererai in conoscenza su tutto il resto della musica). Mi fa ridere che tu mi scriva così quando definisci Baker un "disturbato" e lo tratti come un deficiente solo perchè tanto sei sicuro che lui non leggerà mai ciò che hai scritto.

Detto questo hai scritto molte cose giuste, quello che non mi piace è il tono generale della recensione.

Ecco, così va meglio?

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 20:55 del primo settembre 2014 ha scritto:

Mi piace la passione di FC per i Cream! Non capisco invece perchè il recensore abbia scritto la recensione di un disco che non apprezza, poteva scrivere sul capolavoro "Fresh Cream" o "Disraeli Gears"...boh

Innanzi tutto consiglio a Pier Paolo Farina la versione di "Crossroads" del 1968 eseguita al Los Angeles Forum (la trovi anche su youtube)...I Cream migliori li si trovano ascoltando bene ogni bootleg esistente (soprattutto i Cream del 67 sono da ascoltare per asciuttezza e cattiveria).

Riguardo al disco in questione:

è un ottimo album con momenti assai eccitanti, il voto di Pier Paolo potrebbe essere giusto se non vedessi altri album di band di merdacce (un esempio a caso? i britpoppari...asd) con votazioni superiori.

Vabbeh ci può stare: l'entusiasmo di gente ingenua è comprensibile rispetto alla parsimonia di giudizio di un maturo ascoltatore di musica.

Ma ecco vengo al disco:

la parte live è molto ben fatta e ancor meglio incisa (dal punto di vista della pulizia sonora è forse il miglior live album dei 60), certo siamo nella fase logorroica del gruppo, ma tutto è così ben equilbrato (i volumi soprattutto) che si lascia ascoltare con estremo piacere (ma ripeto i migliori Cream sono quelli del 66-67 e pure il Live Albert Hall del 2005 sarebbe da studiare ben bene).

La parte studio è molto interessante e qui veniamo alla parte dolente della recensione.

Ok "White Room" pezzo immortale (FC ha ragione ad accostarla alla non meno bella "Tales.."), ma io considero "Desert Cities" non meno bella e mi fa specie che chi si impegna a scrivere una recensione di questo disco, non si lasci emozionare da un brano così incredibile con uno degli assoli più belli di Clapton (che assomiglia qui a un Cipollina in speed). La descrizione di FC del brano è azzeccata. Come è azzeccato, sia per questo brano che per "Passing the Time", sottolineare che le accelerazioni al fulmicotione dei 3 sono tra i miracoli che il pop e il rock ancora NON dovrebbe mai scordare. "Pressed Rat" è un intrigante e particolarissimo modo di plasmare la psichedelia con una scansione ritmica che farebbe ancora sbavare i più complicati post rocker se non ascoltassero altre cose più cool (ascoltate e guardate la versione live su youtube del live del 2005 con Baker protagonista).

"Politician" che dire: un brano che per il periodo è come se a Sanremo fossero andati i Primus tanto l'esecuzione è una lezione di gigantesca e geniale lentezza quasi offensiva per le normali consuetudini musicali del periodo.

Poi "As You Said" che anticipa alla grande la produzione solista di Bruce che avrà l'apoteosi in "Harmony Row" del 1973, uno degli album più belli dei 70 tutti, dove Bruce raggiunge l'apice del crossover (Folk, Blues, Rock'n'Roll, Soul, Prog). E qui il sig. Farina sbagli nel voler confrontare Bruce con gli Steely Dan, perchè Bruce è uno che non va di sottigliezze,è diretto e spesso introspettivo (la storia di Harmony Row parla della sua infanzia per esempio), scrive e suona con un approccio passionale e blues cosa che i Dan hanno sempre cercato di evitare, seguendo una strada completamente diversa nell'approccio.

FC alle 22:58 del primo settembre 2014 ha scritto:

Grazie Galassiagon, in effetti considero i Cream i migliori insieme con i Dire Straits. Concordo totalmente con la tua visione del '67, il concerto del Winterland (mi pare si chiami) è straordinario.

zagor (ha votato 7 questo disco) alle 20:48 del 25 ottobre 2014 ha scritto:

e cosi' un altro pezzo di storia del rock è andato via, Jack Bruce RIP

Utente non più registrato alle 21:03 del 25 ottobre 2014 ha scritto:

Già, proprio un gran peccato. E' stato forse il miglior bassista rock.

zagor (ha votato 7 questo disco) alle 21:48 del 25 ottobre 2014 ha scritto:

forse John Entwistle avrebbe avuto qualcosa da ridire, per citare un suo contemporaneo... indubbiamente un musicista straordinario e i Cream sono stati l'archetipo del supergruppo, con pregi e difetti dei supergruppi (dal vivo comunque mostruosi e Disraeli resta un classico)

Utente non più registrato alle 9:44 del 26 ottobre 2014 ha scritto:

Tony Reeves, John Wetton, etc...

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 12:56 del 28 ottobre 2014 ha scritto:

beh non solo questi su... Jah Wobble,Tina Weymouth, Mick Karn non hanno nulla da invidiare e sono i primi tre che mi vengono in mente. R.I.P

zagor (ha votato 7 questo disco) alle 20:48 del 25 ottobre 2014 ha scritto:

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 12:40 del 26 ottobre 2014 ha scritto:

Ciao Jack. Ascoltatevi l'ultimo album del 2014, un grande albumdi rock blues e classico.

Io lo ricordo con uno dei suoi pezzi più malinconici di un bellissimo album "Harmony Row" del1973.

PierPaolo, autore, alle 22:00 del 28 ottobre 2014 ha scritto:

Una delle tue più notevoli minchiate questa qui di avvicinare mamma Tina a Jack Bruce. Per la tecnica? Per l'inventiva? Per il suono? Per il timing? Per il carisma sul palco? Per l'eterogeneità dei generi musicali frequentati? Sarei curioso del perchè di tale tua tesi, che mi porta quanto meno a ritenere che tu non abbia mai preso uno strumento in mano (seriamente).

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 23:22 del 28 ottobre 2014 ha scritto:

nervosetto stasera? seriamente occorre aver preso uno strumento in mano per non riconoscere la grandezza della Weymouth? a me bastano i dischi, tutti diversi con ITH Tom Tom Club, e live vari per capirlo. Non scendo questa volta sui tuoi toni e mi tengo le mie minchiate...ah ho dimenticato un altro bassista Bernie Edwards che forse si mangia tutti quelli finora citati.

zagor (ha votato 7 questo disco) alle 20:31 del 29 ottobre 2014 ha scritto:

probabilmente Tina non è una virtuosa al livello di Karn o Bruce, ma il basso in un brano come "crosseyed and painless" è a dir poco spettacolare.

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 21:46 del 29 ottobre 2014 ha scritto:

finalmente uno che ragiona ghhggh il virtuosismo a me interessa davvero poco spesso diventa gioco sterile e palloso. sono più le idee e il feeling che mi interessano. tony levin è un altro spettacolare capace di unire le due componenti virtuosismo ed espressione musicale. i dogmi coatti del rock mai piaciuti.

PierPaolo, autore, alle 19:56 del 12 novembre 2014 ha scritto:

Un bassista con un gran tempo, e/o un gran suono ecc., non è un virtuoso, è uno bravo. A parte questa tua nuova minchiata (mai pensato di riferirmi al virtuosismo), concordo con te sull'eccellenza di tutti gli altri bassisti da te introdotti nella discussione. Ne aggiungo alcuni dei miei: Ray Shulman, Andy Fraser, John Entwistle, Mel Schacher.

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 21:29 del 12 novembre 2014 ha scritto:

Scusa ma sono sofismi di bassa lega questi. Pollini (un virtuoso del suo strumento) quando finisce un concerto la gente grida bravo. Io ho solo fatto un intervento per zagor e tu sei entrato con "Una delle tue più notevoli minchiate questa qui di avvicinare mamma Tina a Jack Bruce" (quando io ho scrittto altro). Non ti mando a cagare perché sto diventando buono.

PierPaolo, autore, alle 21:40 del 12 novembre 2014 ha scritto:

Ti ci mando io

Totalblamblam (ha votato 9 questo disco) alle 23:10 del 12 novembre 2014 ha scritto:

whatever

PierPaolo, autore, alle 15:36 del 10 ottobre 2019 ha scritto:

"Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni" (Umberto Eco, La bustina di Minerva, L'Espresso).

Utente non più registrat (ha votato 6 questo disco) alle 9:29 del 24 settembre 2019 ha scritto:

Sopravvalutati come non so che. Intendiamoci: tutti e tre musicisti da paura, ma compositivamente parlando fanno abbastanza schifo. Non quanto gli ELP, ma comunque mediocri.

Utente non più registrat (ha votato 6 questo disco) alle 19:54 del 4 settembre 2020 ha scritto:

Sono stato ingiusto e frettoloso nei confronti di questo disco. Non che non abbia difetti, perché ne ha, eccome, ma nei momenti felici si respira una bella aria. Quando Clapton era ancora un dio della chitarra e non una barzelletta, con un Bruce che ho sempre abbastanza ignorato ma che mi si rivela un autentico musicista della madonna, con un Baker virtuoso ma che sa stare al suo posto quando non è il suo momento - ormai lo preferisco largamente al Bonzo... e un Pappalardi che tenta di fare il Brian Wilson della situazione. Su tutte, una mefistofelica gargantuesca Spoonful che spinge con verso il futuro prossimo. Ragion per cui alzo il voto a 7.

JonnyBarbun87 (ha votato 9 questo disco) alle 15:07 del 9 ottobre 2019 ha scritto:

Ho assegnato un bel 9 anche a quest'album, non tanto perché nel primo lato abbiamo canzoni come "White Room", "Politician" e "Born Under A Bad Sign" che da sole valgono tutto il resto della prima facciata che è buono, ma non di più, bensì per la combo micidiale del secondo lato "Crossroads" e "Spoonful" con una band decisamente dominante in lungo e in largo! Poco altro da aggiungere!

JonnyBarbun87 (ha votato 9 questo disco) alle 15:07 del 9 ottobre 2019 ha scritto:

Ho assegnato un bel 9 anche a quest'album, non tanto perché nel primo lato abbiamo canzoni come "White Room", "Politician" e "Born Under A Bad Sign" che da sole valgono tutto il resto della prima facciata che è buono, ma non di più, bensì per la combo micidiale del secondo lato "Crossroads" e "Spoonful" con una band decisamente dominante in lungo e in largo! Poco altro da aggiungere!