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R Recensione

7,5/10

Lucio Battisti

Emozioni

Veramente irrisolvibile il rapporto di odio/amore che tanti, me compreso, conservano per l’accoppiata Battisti/Mogol, un sodalizio che ha marchiato a fuoco la storia della canzone popolare italiana dominandola in quell’epoca di irripetibile fermento e qualità artistica che sono stati gli anni a cavallo fra i sessanta ed i settanta.

A pelle, i due sono (ma per Battisti vale parlare al passato… come noto è morto prematuramente ormai sedici anni fa) decisamente antipaticucci, tra l’ombroso e il permaloso e il vagamente reazionario e pure gretto. Resta il fatto che l’interazione fra quell’incredibile spugna musicale che era Lucio (capace da giovane di convogliare rhythm&blues, folk, pop, rock in dosi sempre diverse, creare linee melodiche fortissime e architettare per esse strutture di arrangiamento fantasiose ed efficaci, rivestire il tutto con uno stile vocale animoso e comunicativo, del tutto disassato col personaggio insipido e scostante che dimostrava di essere coi media) e il talento del suo paroliere nel creare inaudita poesia dal quotidiano, dal banale, dal comune, persino dal misogino, è stato un irripetibile congiuntura favorevole per la canzone italiana.

Il presente album è il secondo e l’ultimo, nella carriera di Battisti, a seguire i vecchi dettami anni sessanta che lasciavano agli allora ellepì il mero ruolo di raccolta dei successi a 45 giri, o poco di più. L’artista è già in rotta per questo con la casa discografica, la quale non gli lascia pubblicare lavori di più ampio respiro (e minore accessibilità) in scia alla musica progressiva che si stava imponendo a quel tempo. Lucio e il suo fido paroliere/consigliere risolveranno il problema fondando di lì a breve la propria casa discografica Numero Uno, ma nel frattempo la Ricordi ha ancora buon gioco e commercializza questa sfilata degli ultimi quattro singoli, un paio del ’69 e un altro paio del ’70 tutti di grande successo, completati coi retri dei rispettivi 45 giri (quantomeno dello stesso livello, se non migliori, dei lati A) e infine da qualche ripescaggio di lati B dei primi singoli di carriera, quasi ignorati all’epoca della pubblicazione ma ben più succosi ora che la ditta Battisti/Mogol ha il vento in poppa.

Pur con questa forma di patchwork a riciclare, l’album dimostra ugualmente e pienamente la felice ispirazione pop che animava il giovane Lucio, nonché la speciale efficacia delle liriche del suo più maturo socio, e ancora la buona lena dei ragazzi del giro “giusto” dei musicisti milanesi (di base, gli strumentisti della Formula Tre e della futura Premiata Forneria Marconi) sia nel realizzare gli arrangiamenti pensati dal titolare che di fornirne a loro volta.

In ordine cronologico, le canzoni spaziano dalla più vecchia e ancora acerba “Dolce Di Giorno”, che nel ‘66 aveva funzionato da retro del primissimo singolo “Per Una Lira”, alla modesta “Era” che invece nel ’67 aveva esordito come lato B della non meno soprassedibile “Luisa Rossi”, alla già fantastica “Io Vivrò Senza Te”, offerta ai Rokes ma poi reinterpretata direttamente e posta nel ’68 a complemento dell’assai più sgraziata “La Mia Canzone Per Maria”. Da qui in poi si fa veramente sul serio perché tocca a “Non È Francesca” (siamo ormai al gennaio ’69, retro di “Un’Avventura”), un vero classico della divina misoginia Mogoliana, resa al massimo dalle pause e riprese ad effetto dell’arrangiamento e poi dalla lunga coda strumentale.

Dopodiché la raccolta consta degli ultimi quattro singoli al tempo pubblicati e delle loro relative facciate B: otto canzoni tutte famose o famosissime, senza eccezione. La prima coppia ad uscire su vinile da sette pollici era stata quella molto rhythm&blues di “Acqua Azzurra, Acqua Chiara” (un brano che non mi ha mai preso... un po' farraginoso, trovo) e della maschilista “Dieci Ragazze”, poi era toccato a “Mi Ritorni In Mente” insieme  a “7 e 40”, più o meno simili a livello strutturale (la prescelta per la facciata A piena di fiati e cambi di ritmo, la canzone sul lato B più scorrevole e lineare) ma qualitativamente un passo avanti.

Le ultime due coppie di canzoni sono le più recenti produzioni di quell’anno e qui siamo ai vertici assoluti di rendimento e riconoscimento (anche postumo) per il compositore/interprete aretino ed il suo amico: “Fiori Rosa Fiori Di Pesco” spicca per quel caracollare decisamente rock in parallelo alla convintissima interpretazione a salire, e col cuore in mano, del suo riccioluto autore, ma anche il blues cadenzato e strappato de “Il Tempo Di Morire” ha fatto e fa ancora tantissimi proseliti… tanto che per molti è il miglior blues italiano di sempre.

L’ultima accoppiata era uscita su 45 giri praticamente in contemporanea al 33, e riguarda il singolo che dà il titolo a tutto l’album ed il suo alter ego “Anna”. Personalmente ho sempre gradito maggiormente l’epidermicità di quest’ultima, tesa e sofferta invocazione amorosa guarnita di bell’assolo di Hammond e più in là di poderosa rullata di Franz Di Cioccio, all’intimismo e narcisismo della celeberrima ballata tutta orchestra e filo di voce.

All’indomani di questo “EmozioniLucio Battisti riuscirà a muoversi discograficamente alla stessa maniera di quanto già si faceva da tempo a livello internazionale: produrrà direttamente degli album dai quali verranno eventualmente estratti via via i singoli, aprendo in questo la strada a molti in Italia. Per la maggior parte degli appassionati la sua vena artistica si estinguerà con evidenza col procedere degli anni settanta, per alcuni invece Lucio darà il suo meglio proprio più in là nella carriera, chiuso nella sua torre d’avorio senza più concerti e televisione e niente, appagato finanziariamente e liberato pure dall’inestinguibile, avido narcisismo del suo partner di questo disco e di diversi altri a venire.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 18 voti.
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bart 7,5/10
rubiset 8,5/10
zagor 6,5/10
gramsci 7,5/10
Robio 7/10
B-B-B 7,5/10
Lelling 7,5/10
luca.r 6/10
Me3cury 10/10
Vito 8/10

C Commenti

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FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:51 del 11 ottobre 2014 ha scritto:

Grande Paolo che rispolvera quella che di fatto è una splendida raccolta. Una fetta importante del Lucio destinato a segnare l'immaginario collettivo lo si trova qui, ed è decisamente un bel sentire. Alcuni brani sono gemme pop immortali, appene scalfite dall'abuso stile "chitarra e falò in spiaggia" che le ha massacrate per decenni. Io dico chissenefrega: "Fiori Rosa, Fiori di Pesco" è un pop-rock in crescendo quasi da collasso emozionale, "Emozioni" uno dei momenti della nostra cultura pop.

bart (ha votato 7,5 questo disco) alle 7:36 del 12 ottobre 2014 ha scritto:

Emozioni è un capolavoro! Non sfigura affatto di fronte ai capolavori di Tim Buckley o Nick Drake.

Il resto del disco alterna brani memorabili ad altri meno ispirati. Comunque si tratta di una bella raccolta.

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 18:07 del 13 ottobre 2014 ha scritto:

i testi di mogol sono una zavorra pesantissima (il tempo di morire su tutte); peccato perche' musicalmente ci sono tanti buoni spunti in questa raccolta. il meglio per lucio doveva ancora arrivare comunque.

Franco alle 11:19 del 10 novembre 2014 ha scritto:

Solo una piccola precisazione: il compositore/interprete aretino è in realtà "reatino"..

PierPaolo, autore, alle 19:22 del 12 novembre 2014 ha scritto:

Giusto, eh eh... ho fatto involontariamente passare le origini di Battisti per toscane!

Totalblamblam alle 17:12 del 14 novembre 2014 ha scritto:

o più semplicemente una delle tue di minchiate

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:12 del 11 novembre 2014 ha scritto:

Zagor leggo ora il tuo commento: per carità, Mogol non è Neruda, ma in territori prettamente ital-pop fatico a immaginare un autore tanto nazionale-popolare quanto ricercato, creativo, originale. I suoi testi raramente risultano banali, anche quando affrontano tematiche ultra-inflazionate.

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 16:07 del 11 novembre 2014 ha scritto:

Mogol come paroliere era un mostro, di una incisività rara in ambito pop....ma appunto parliamo di ambito pop, preferisco i cantautori da quel punto di vista, mi trasmettono un vissuto e una intensità di gran lunga superiori, poi de gustibus....ecco, le solite storie d'amore andate male tipo io vivrò senza te/non è francesca/anna/etc mi sembrano un po' tutte fatte con lo stampino.

PierPaolo, autore, alle 19:18 del 12 novembre 2014 ha scritto:

Lo stampino c'è indubbiamente, d'altronde le pene d'amore sono l'argomento letterario più popolaresco e populista che ci sia, nelle canzoni come nelle soap come a suo tempo fu per l'Opera ecc. Dell'antipatico genio di Mogol si ha da accettare e rispettare la capacità di tratteggiare, con frasi ad effetto altamente immaginifiche e di indubbio estro (i vari "fari spenti nella notte per vedere se è poi tanto difficile morire" e compagnia bella), gli eterni dispiaceri/rimpianti/struggimenti d'amore..

PierPaolo, autore, alle 10:11 del 16 novembre 2014 ha scritto:

Nervosetto oggi? Sei un cattivo incassatore, espatriato.

Totalblamblam alle 15:05 del 16 novembre 2014 ha scritto:

beh sai se vuoi fare genetica molecolare in italia fai le marchette. paese di merda come pochi al mondo. meglio espatriare su lidi di civiltà che in un paese marcio come il tuo. e non sono nervosetto solo dico il vero ghhghg sono clamorosamente OT.

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 16:04 del 3 dicembre 2017 ha scritto:

Riascoltavo "Anna" e non ho fatto a meno di pensare che, nonostante il testo molto naif, sia uno degli apici del rock italiano di sempre, con Lucio spettacolare alla voce. La coda con rullata epica di Franz e assolo di hammond ti stende proprio.

Utente non più registrato alle 20:49 del 3 dicembre 2017 ha scritto:

Grande brano, grande Battisti, che da qui inizia ad avvicinarsi ad una sua personale visione di Progressive Italiano

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 14:47 del 4 dicembre 2017 ha scritto:

"anima latina" se non erro all'estero è considerato prog tout court.

Utente non più registrato alle 15:27 del 4 dicembre 2017 ha scritto:

Non solo all'estero ma anche qui da noi, sempre che lo si voglia ammettere...

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 22:00 del 4 dicembre 2017 ha scritto:

nessuno credo neghi le influenze prog per AL, come quelle tropicalia e altre...ma il tutto è miscelato da Battisti, è il suo nome che fa categoria a sé

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 22:37 del 4 dicembre 2017 ha scritto:

Sì, se proprio vogliamo incasellare il Battisti de "Il Nostro Caro Angelo" e soprattutto di "Anima Latina" dobbiamo ricorrere a un concetto piuttosto lato di progressive, l'ambito di riferimento è quello, sebbene Lucio lo interpreti in modo molto personale. Diciamo che si mette al crocevia fra canzone d'autore, musica latinoamericana, avanguardia pop, strutture progressive. E risulta pure poetico ai limiti del toccante.

Utente non più registrato alle 9:48 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

Ammissione a denti stretti?!... suvvia, non succede nulla eeh

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:20 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

Nessun dente stretto , semplicemente Lucio per me è stato progressive in senso lato e lo riconosco, non lo definirei un artista progressivo vero e proprio come Area (già atipici) o Banco del Mutuo Soccorso. Artisti che peraltro adoro, indi nessuna idiosincrasia verso il prog

Utente non più registrato alle 17:35 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

Secondo me (e non solo) Battisti è stato prog (da un certo periodo in poi) nel senso più assoluto del termine, e ti dirò di più, anche più di certi gruppi (soprattutto italiani) dell'epoca.

woodjack alle 15:28 del 7 dicembre 2017 ha scritto:

a me interessa più sapere quali sono i gruppi italiani prog che erano "meno assolutamente" prog di Battisti! ma forse ho capito che intendi (e se è così sono d'accordo): un conto è l' "atteggiamento prog" (passamela), infarcire il pop o il rock di assoli e cambi di tempo (tutto l'AOR è un buon esempio), un conto è l' "anima prog", cioè pensare a forme e contenuti con un'ampiezza che guarda verso la musica non propriamente rock (secondo me la definizione che rende giustizia al genere). Che poi quando diciamo "prog" pensiamo sempre istintivamente al genere "sinfonico-barocco" (Yes e co.), ma erano prog pure quelli di Canterbury o tutta la combriccola RIO; immagino che l'equivoco discenda dal concetto (ristretto) che abbiamo di "musica classica" (nell'immaginario collettivo quella del 700-800)... in Italia Battiato (quello della musica concreta, di Stockhausen, del minimalismo) era non meno prog del Banco, guardava solo a riferimenti diversi (le avanguardie del II novecento). Se si accetta quello che più di qualche critico ha sottolineato, cioè che Battisti era pre-post-rock (e il post-rock per me è prog per definizione - vedi Reynolds che ha inventato il termine - ossia musica non rock suonata con strumenti rock!), allora rientra pure lui e senza tanti sforzi. Vabè poi per me è prog anche certa musica ambient (come si fa a pensare a Cathedral oceans di Foxx senza considerare la musica sacra rinascimentale?). Mi fermo.

Utente non più registrato alle 16:21 del 7 dicembre 2017 ha scritto:

Ci siamo, era in parte quello che intendevo, anche se non sono d'accordo quando parli di "infarcire il pop o il rock di assoli e cambi di tempo", e l'aor non lo considero affatto prog, per come la vedo io non c'entra nulla.

In Italia ci sono stati molti gruppi che hanno fatto ottima musica, seguendo il "movimento" prog.

Ma volendo pensare al "concetto" di progredire (diciamo che in questa etichetta c'è anche la "dannazione" del "genere", come se ogni gruppo, ogni disco, dovesse avere sempre qualcosa di nuovo, di diverso) in tal senso forse Battisti ha dato qualcosa in più rispetto a che so Quella Vecchia Locanda.

Ma il mio discorso iniziale non era neanche stabilire se Battisti sia o non sia prog.

woodjack alle 17:31 del 7 dicembre 2017 ha scritto:

no, mi sarò espresso male, non volevo dire che l'AOR è prog anche se rileggendomi così sembra, al contrario, contiene una componente progressiva solo esteriore... nell'AOR (che pure quello è un genere ampio in cui possiamo far rientrare Boston, Foreigner ma pure Kansas - più prog - o Supertramp - più arty) è confluita una componente di edonismo strumentale non indifferente che viene dal prog sinfonico, ma di base si tratta di rock-pop. Tant'è che per esempio i Crimson e i Cow infiltreranno gli anni '80 in tutt'altro modo (penso al primo album dei Ludus, per non citare i soliti This Heat). Il verbo zappiano, ibridato con diverse influenze, contagerà un certo glam, non a caso dopo il '73 (Rundgren, Sparks, Split Enz), ma pure poco più tardi certo post-punk (primi XTC, Godley, Family Fodder)... un altro personaggio che adoro è Marc Hollander (Aksak Maboul, Art Bears, Cos, Honeymoon Killers) fondatore della Crammed e coinvolto nei progetti più disparati, tutti post-'77, tutti prog ma non certo in senso convenzionale... solo per dire che, osservando le ricadute che, nelle sue varie forme, il progressive ebbe dopo la sua stagione aurea ci si rende conto di quanto fosse variegata quella scena.

Utente non più registrato alle 18:19 del 7 dicembre 2017 ha scritto:

Siamo perfettamente d'accordo.

Non vuol dire nulla, ma forse non è un caso se fra i gruppi che hai citato che in qualche modo si possono far rientrare nell'aor, ho solo Kansas e Supertramp.

A mio parere, l'aor prende in prestito l'aspetto strumentale del prog, ma ne fa un'altra cosa; comunque nel prog gli assoli o i cambi di tempo non li ho mai sentiti come una dimostrazione di bravura o per destare stupore, lo scopo è altro.

La "convenzione" poi, nasce dalla confusione che ruota intorno al "genere".

Totalblamblam alle 13:32 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

influenze progressive le trovi anche nel cocciante di margherita ma che vuol dire...siamo ai commenti da asilo nido

Utente non più registrato alle 14:02 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

Non direi proprio...pensaci bene...da laurea/master non sia mai...

Totalblamblam alle 15:45 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

ci ho pensato...ma il concerto (riferimento classico per eccellenza) per margherita ( titolo dell'album) con arragiamenti di vangelis (quello di heaven and hell dove elettronica si combina con la classica) e tu dici che non ci sono riferimenti /influenze progressive mah...

Utente non più registrato alle 17:29 del 5 dicembre 2017 ha scritto:

Guarda che il mio msg precedente non si riferiva a Cocciante, che tra l'altro ha fatto un album propriamente prog=MU

Totalblamblam alle 13:32 del 6 dicembre 2017 ha scritto:

si era capito che ti riferivi a Battisti! ma iscrivere e ti quoto "Battisti è stato prog (da un certo periodo in poi) nel senso più assoluto del termine, e ti dirò di più, anche più di certi gruppi (soprattutto italiani) dell'epoca." e' assolutamente una castroneria alche' ho citato Cocciante e quel disco (claro non sono progressive manca proprio l'estetica progr.)

Utente non più registrato alle 14:18 del 6 dicembre 2017 ha scritto:

Bene, per te è una "castroneria", per me no.

Per quanto riguarda "l'estetica" posso immaginare quel che pensi, dal momento che ti sei più e più volte legittimamente espresso, ma (altrettanto legittimamente) non sono mai stato d'accordo, aggiungerei anche nei modi...

Chiudo per non dilungarci troppo qui, magari altrove.

Giuseppe Ienopoli alle 17:38 del 3 dicembre 2017 ha scritto:

... "espatriato" è geneticamente inaccettabile ... equivale quasi al "vile marrano" di stampo medioevale ... (lol minuscolo!) ...

Vito (ha votato 8 questo disco) alle 15:33 del 29 dicembre 2019 ha scritto:

Un greatest hits più che un disco.essenziale