Zolle
Porkestra
Fa strano, per chi conosce Marcello Bellina (leggasi Lan dei MoRkObOt), accostare laggettivo frenetico alla sua faccia rilassata, come di chi ha trovato nellassurdo ragione e stile di vita. La lingua italiana, tuttavia, non offre molti altri ripieghi per descrivere un curriculum che, a partire dallultimo squillo della band madre (il fenomenale MoRbO, 2011), si è infittito e diramato a dismisura, comprendendo esperimenti audiovisivi (quellAuge, pure del 2011, uscito a nome Caith Sith vs. Viscera///, di cui prima o poi bisognerà parlare), curiosi progetti solisti (Berlikete) e progetti paralleli orchestrati in una frazione di secondo (Zolle). Di questi ultimi parlammo, non esattamente con benevolenza, allepoca delluscita del loro s/t desordio (2013). Torniamo a farlo ora, con il sophomore Porkestra, primo di un trittico che ha visto Marcello impegnato, ad inizio anno, nel supergruppo OssO (MoRkObOt + Eraldo Bernocchi alla chitarra, già attivo lanno scorso con Obake e nuovamente in pista, nel 2015, anche con Metallic Taste Of Blood: speriamo di parlare presto di tutti), e che dovrebbe vederlo nuovamente nei panni di Lan sul finire dellanno (lultimo squillo fu Cockputer, pezzo finito nel secondo volume della Subsound Split Series con i defunti Vanessa Van Basten).
Il suono di Porkestra, salta subito allorecchio, è stato maggiormente lavorato e cesellato di quello di Zolle, a tratti davvero troppo elementare per coinvolgere. I brani sono mediamente più lunghi, linterplay chitarra-batteria saturato, un paio di idee (come il riff elefantiaco, ma ironicamente sudista, di Porkimede, Lynyrd Skynyrd riempiti di anabolizzanti e schiacciati da dinamiche metal) si impongono da subito allattenzione dellascoltatore. A tagliare le gambe al disco è, ancora una volta, il sentore di un progetto estemporaneo troppo ludico e divertito per poter ambire ad uno status superiore al divertissement. Non è detto che sia un male, specie a contatto col fracassone deathnroll di Porkata, le storture para-djent di Porkenstein, il trogloditico rifferama doom di Porkeria o lautoironica, acida variazione su tempi dispari (cowbell incorporata as usual) di Porkastica, forse la migliore della scaletta. Poi però lo svacco, specialmente negli episodi sotto i due minuti, sopravanza con prepotenza il contenuto: in Pork Vader sembra di sentire i Fuzz Orchestra rintontiti dalla marijuana, Porkona manca di dinamica interna, Porkemon seleziona e copia nella catena strumentale i migliori Jawbox, Porkediem non va oltre un pur interessante accostamento di distonie sludge e armonie power rock. La conferma arriva negli abbondanti sei minuti conclusivi di Porkangelogabriele, quando il brano (unaltra, onesta badilata doom) sfuma gradualmente in un cincischiare di percussioni, campanelli, tom: lelogio soverchio del cazzeggio.
Qualcosa ci suggerisce che rimarrà tale anche in futuro.
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