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R Recensione

6,5/10

Deltabeat

Deltabeat

La reunion degli Zu, l’insperato comeback dei Testadeporcu, il nuovo disco degli Zeus!, quello in arrivo dei MoRkObOt, l’esordio dei LVTVM, i sempre quiescenti Serpe In Seno… Un cospicuo pezzo d’Italia cospira (finalmente!) contro l’assoluta egemonia della chitarra. Ai nomi elencati siamo contenti di aggiungere, oggi, quello degli anconetani Deltabeat: che una sei corde, lo ammettiamo, ogni tanto la sfoderano (come nel pepato crossover di “Circle Funk”, groove a palate e shake mortale, tra pragmatismo Red Hot Chili Peppers e ghirigori Primus), salvo poi farla affondare in un oceano – assolutamente coerente – di bassi e batterie. Il re è morto, viva il re! I funerali sono celebrati in pompa magna (anche se il recital di “Inferno, XXXIII” è un tantino fuori luogo) e trainati da chiassose portantine metalliche (chissà com’è dal vivo “Discesa Dal Conero”: riffoni heavy e fughe hardcore, uno spasso), dalle escrescenze zappiane che attecchiscono sulle membra sussultanti di “Wicked Granpa” (in due minuti e mezzo ritmo e virtuosismo solistico si sfidano incessantemente, senza mai peraltro arrivare allo scontro), dal blues virale di “Baba Yaga”, dai saliscendi ipnotici di “Eight-God”. Tutto rimane compatto, efficace, minimale: solo un sax penetra, come una lama, nei coni d’ombra del gran varietà noir di “War Track”, senza uscire dal recinto di un melismo composto e ripiegato su sé stesso.

Basterebbe, poi, un brano come “Tura Satana” – uno dei pochi momenti, curiosamente, in cui il power trio azzarda, seppur frammentariamente, il paso doble dei tempi dispari – per mettere a tacere i sostenitori del alla-fin-fine-è-sempre-il-solito-disco (non è vero, ma un appunto bisogna farlo: è troppo lungo). La pista è tracciata e i Deltabeat non spiccano per originalità, né si distinguono per inventiva – solo sul concludersi del disco, con le infiltrazioni space di “Tabula Rasa” che poi si fa martello pneumatico kraut, sembra davvero affiorare qualcosa di diverso. Cosa sia questo qualcosa lo capiremo nel dettaglio, con i prossimi – si spera! – lavori. Nel mentre, cominciate a prendere quest’omonimo esordio: alzate il volume della melvinsiana “Gammabeat”, fatevi spettinare dai suoi poderosi slap e, insomma, buon pro vi faccia.

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