A Elettrofandango + MoRkObOt + Teatro Degli Orrori - Live

Elettrofandango + MoRkObOt + Teatro Degli Orrori - Live

Elettrofandango + MoRkObOt + Teatro Degli Orrori @ Curtarock - 26/07/2009

La prima impressione, imboccato il viale che ospita da ormai dieci anni la manifestazione indipendente padovana ed entrati nello spiazzo che ne fa quasi da casa, è quella di un incrocio tra la sagra di paese ed il classico contest extracittadino ad alta densità di luppolo. In sintesi, si può dire che sia davvero così, ma che non ci si può davvero annoiare nell'attesa dell'inizio dei concerti (previsto, a quanto dice il cartellone, per le 10): stand gastronomici, uno splendido tendone stracolmo di libri, cd, magliette e persino un banchetto della Supernatural Cat (il vinile di "Lowest Shared Descent" dei Dead Elephant, argh!) che mi fa seriamente maledire il portafoglio imprudentemente lasciato a casa, gente che continua ad affluire ed un'atmosfera generale ottima. I più sono accorsi in massa per adorare il verbo del Teatro Degli Orrori e del suo vate in doppiopetto Pierpaolo Capovilla, ma qua e là affiora anche qualche capellone un po' allucinato, un "MoStRo" ben poco "MoRtO". Due parole al volo con uno dei bassisti del trio piemontese non fa altro che confermarci la natura androide e psichedelica del progetto MoRkObOt: la curiosità sale.

Il cielo si tinge di un nero sempre meno blu quando, silenziosamente, su un palchetto secondario di dimensioni lillipuziane, coperti da maschere dal lungo becco (ma non ci avevano già pensato gli Knife?) appaiono i trevigiani Elettrofandango. Tempo e spazio sono relativamente ristretti, ma il live show del quartetto è degno di essere ricordato per passione, compattezza e potenza. Spirali di suono e gorghi talassocratici, entro i quali si compongono i brani dell'esordio "In Quanto Già Peccato", spesso vengono smembrati in tempestate ritmiche, dove la voce di Giovanni Battista si strozza in urla disperate, amplificate da un uso sottile dell'elettronica. Impressionano, in particolar modo, l'anarchia strutturale dei primi pezzi, giocati fra post-hardcore, riff stoner e deflagrazioni noise - roba da Steve Albini - e l'utilizzo di graphic art, proiettate sullo sfondo, dal sapore quasi impressionista, miscelando spezzoni di vecchie pellicole (o pseudo tali?) e frattali cosmici. Di grande spessore la prova del batterista Francesco Montagner, munito di un kit tutto sommato stringato, ma di un'esplosività e di un impatto elogiabili. L'influenza del Teatro Degli Orrori esce prepotente solo nelle ultime canzoni, incluso il singolo "Verrà La Morte E Avrà I Tuoi Occhi" - dove la struttura vocale assume pose e connotati straordinariamente capovilliani -, ma è una pecca che non inficia assolutamente l'eccellente prova complessiva. Da (ri)vedere.

Con i watt lasciati a smaltirsi, faticosamente, nelle orecchie, è il grande main stage, avvolto dal buio, a brillare ora di luce propria. Tre sagome appaiono sul palco, una nuvola di delays comincia a ronzare nell'aria e, quando meno ce lo si aspetta, un abbacinante boato saluta gli astanti, adepti di MoRkObOt per una quarantina di minuti, il tempo di sviscerare i tre movimenti di "MoRtO" al pubblico. Da subito, l'esibizione di Lin, Lan e Len, nipotini in erba - è il caso di dirlo - della divinità più post-metal della Penisola, appare allucinante. Allucinante è la resa sonora, quasi del tutto fedele alla registrazione su disco, e tuttavia anche malleabile ad una certa improvvisazione (10 minuti): allucinante è la mortifera onda che impatta con violenza sul pubblico (15 minuti); allucinante è rendersi conto che nelle bordate noise, negli attorcigliamenti siderali, nei distillati di Amphetamine Reptile in circolo nelle vene non vi sia traccia di chitarre (20 minuti); allucinante è scrutare le due gargantuesche pedaliere di cui i bassisti si servono proficuamente per l'effettistica (25 minuti); allucinante è cercare di scandire il tempo tenuto dal batterista, che riesce a non perdere un-colpo-uno nonostante la ieratica trascinanza del materiale, per isterie improvvise e momenti di pura percussione, con gong, sonagli, lastre di metallo, supporti, bacchette che circoncidono i piatti (30 minuti); allucinante tastare la freddezza, l'estraniazione, la lontananza mentale, prima che fisica, con la quale ogni nota, ogni riverbero esce dalle casse (35 minuti). Ma allucinante è anche, per gran parte del pubblico, la durata del live e la tenuta strumentale del trio. C'è chi ondeggia la testa, per cercare di afferrare un ritmo di fatto inesistente, chi osserva ammutolito, chi sbadiglia e chi si mette a fare altro. Una cosa è sicura: quando il sipario cala ogni singola persona sembra essere cambiata. Onore a MoRkObOt (40 minuti).

Finito il tempo delle presentazioni, occorre aspettare ancora un quarto d'ora defaticante per permettere al Teatro Degli Orrori di prendere posto agli strumenti. Giulio Ragno Favaro, basso, subito si mette a svalvolare, mentre Francesco Valente, batteria, con discrezione si accomoda dietro ai piatti. Gionata Mirai, chitarra, entra scazzatissimo con sigaretta in bocca e baffi tagliati. Infine è il momento di Capovilla, sbronzo e maudit come nelle migliori istantanee, che barcolla nella sua camicia elegante, portandosi dietro il peso di mille birre in corpo (una l'ha in mano) ed attacca, non senza qualche intoppo, un inedito dal nuovo disco "A Sangue Freddo", in uscita l'autunno venturo. Poi è totale immersione nello splendido "Dell'Impero Delle Tenebre" di due anni fa, suonato integralmente in un live set di oltre un'ora e mezza, ma la partenza sembra non promettere troppo bene: "Vita Mia" si scioglie in un baccano incomprensibile, su "Dio Mio" Capovilla perde qualche pezzo per strada, di "E Lei Venne!" rimane impressa la perfetta linea di basso ed il biascichio confuso del leader, dal vivo non così a suo agio con le parole in libertà. Solo con "Il Turbamento Della Gelosia", molto sudore e venti minuti dopo, le cose si sistemano davvero ed il gruppo si riappropria della fama tanto decantata on the road di macchina da palco.

Da questo momento lo show si trasforma in vero e proprio spettacolo a 360°, con il cantante che stoppa a metà "Carrarmatorock!" per un breve - e delirante - monologo, Mirai che deposita la sigaretta accesa fra i box della tastiera mentre suona una "Canzone Di Tom" parecchio bella e partecipata, l'attacco di "Scende La Notte" prima bucato e poi allungato per dare il tempo a Capovilla di accorgersi del cambio pezzo, la violenza assassina di "Compagna Teresa", dedicata alla memoria delle staffette partigiane ed accolta con grida, pogo e pugni chiusi. Ogni istante, ormai, fa storia a sè, in un torrente di note ed in un variare continuo di tempi e stili. In "Maria Maddalena", il raccoglimento del disco sfuma sensibilmente allorquando Pierpaolo, scendendo dal palco, si porta dietro il microfono, spaccandolo: servono dieci minuti per riprendersi, durante i quali gira fra il pubblico. Il riff della title-track è un tuono che squarcia l'atmosfera, citando Area e Jesus Lizard in un sol tempo ed elevandosi a momento migliore del concerto ("Abbiamo perso la memoria del Ventesimo Secolo, ma soprattutto abbiamo perso": quant'è vero...!) ed anticipa altri due estratti dal nuovo album, che chiudono la prima parte del set. Il bis è incredibile: ad un cenno di Ragno Favaro vengono rimosse le transenne ed il pubblico si accalca sotto le assi ad ascoltare una chiusura affidata alle note cantautorali di "Lezione Di Musica", coronata dal saluto finale di Capovilla con tanto di (ennesimo) stage diving e bestemmia.

Ecco, non so come dirvelo, ma ho realizzato che tanto astemio, poi, non lo deve essere...

Per approfondire: http://www.curtarock.it/

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