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R Recensione

6,5/10

Soulcè & Teddy Nuvolari

Sinfobie

Il primo aggettivo che salta in mente appena finito l’ascolto di questo disco è “filmico”. Vuoi per l’immaginario appartenente al mondo del cinema, più volte citato dal rapper Soulcè durante tutto il lavoro, vuoi per le atmosfere ricreate dalle basi del beatmaker Teddy Nuvolari. Mondo con cui in realtà Giovanni Arezzo, vero nome del rapper della coppia, ha più di un contatto, essendo anche attore. Il secondo aggettivo a cui si pensa è “cantautorale”. Anche il mondo della canzone d’autore è infatti ben presente nelle liriche del disco. Non sorprende quindi l’esplicita dichiarazione di appartenenza ai due mondi in questione nel brano Giovanni Grida Solo Per La Via (E sono solo deliri di un cantattore, e come Franco sai la gente se ne frega, e resta a pecora davanti a un dittatore, coi film di Moccia a riempire la cineteca).

Un disco anomalo nel piccolo mondo del rap italiano, a partire dal brano d’apertura, Abat-Jour, lento, recitato, con un bel testo riflessivo e maturo, lontano dagli stereotipi adolescenziali del rap di casa nostra. Un canto d’amore per la musica (Magari ora chiudo gli occhi e domani non mi farai più paura, quando scorri e dalle cuffie vai dentro ogni vena, sono tossico di te che sei droga e sei cura, e sei gioia e sciagura e sei strega e sirena) con una bella la tromba notturna nel finale.

Jazz, soul e funky sono gli ingredienti musicali principali della miscela offerta da Teddy Nuvolari, come nella title track Sinfobie, un gran rap su base tendente al soul, con tanto di citazione d’obbligo per i maestri del genere, i De la Soul, ed un ottimo uso delle parole nei giochi di rime interne. Come pure in Figli Delle Statue, dove su una base elettronica venata di funky, e con un ritornello che riprende il celebre brano di Alan Sorrenti citato nel titolo, il rap viaggia spedito a lingua sciolta, grazie anche ai featuring di Smania Uagliuns e Janahdan.

Su queste basi si fonda anche Manhattan, un omaggio al cinema di Woody Allen e alla sua Manhattan (sia la città che l’omonimo film), su una base soulfull, con un testo pieno di citazioni colte (da Marlon Brando a Volontè, da Frank Sinatra a Chet Baker, da Cézanne a Munch, da Conte a De Andrè), per raccontare un mondo fatto di jazz, anni ’60, pittura, cinema, giradischi e vinili. Uno dei momenti più riusciti del disco. Il cinema e il jazz tornano in Novecento, un brano lento, con un ottimo featuring di Kento e una gran base strumentale, un omaggio al libro Novecento di Baricco, da cui fu tratto il film La leggenda del pianista sull’oceano.  

La capacità di comporre testi originali, maturi, attenti a quanto succede nel mondo intorno, e non solo a quanto accade nel piccolo mondo del rap, è uno dei punti di forza del disco, che appunto lo avvicina alla canzone d’autore. Esempio perfetto, il brano Giovanni Grida Solo Per La Via, dal punto di vista strettamente musicale forse il rap più classico, su una base molto originale, e con un testo molto cantautorale, a dimostrazione che i punti di contatto tra canzone d’autore e rap siano più di quanti alcuni famosi rapper italici vogliano ammettere. Qui si racconta con sguardo lucido e attento della realtà giovanile di oggi, di quindicenni rasati che scrivono “Boia chi molla” sulla lavagna e con le svastiche sul braccio, e di un paese abbruttito dall’individualismo e governato da falsi miti creati dalla TV. Una diversità

Una diversità, nei testi e nelle musiche, esplicitamente rivendicata in Giocattoli (E sono fuori, fuori dai tuoi schemi e dai tuoi sogni. Ho ristretto i jeans e allargato gli orizzonti) un rap lento, parlato, intenso e d’atmosfera, contrappuntato da piano, violini e violoncelli. Non sorprende quindi trovare una brass band, la Tinto Brass Street Band, che compare in Pupazzo di Ruggine, dove un ritornello memore delle canzoni soul anni ’50 ci propone un tentativo di crossover colto, tra Caparezza e Capossela.

Un disco davvero sorprendente, che passa con disinvoltura dalla preghiera talk per il dio del jazz di Molto Ridere Molto al soul del lento Sogni d’Oro, dalle citazioni cinematografiche di Colori (una base scura e un bel testo, ma soprattutto un gran flow) ai suoni elettro dark di Araba Scalza (non morire per punirmi) colorati da un trombone notturno nel finale, con un cantato lento e intenso, dal testo riflessivo e intimista. Musiche originali e testi che non scimmiottano i più famosi colleghi americani, né cercano di salire sull’onda che ha portato al successo il Nuovo Rap Italiano, fanno di questo disco un passo importante per la crescita della scena rap della nostra penisola.

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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soulceteddynuvolari (ha votato 10 questo disco) alle 15:38 del 20 novembre 2012 ha scritto:

grazie dal cuore.

soulcè