R Recensione

7/10

Intercity

Grand Piano

Innanzitutto, un plauso: sul sito Myspace della band potete portarvi a casa Grand Piano per il prezzo di una birra media, e se vi sentite ancora più tirchi c'è un link per scaricarlo interamente gratis, indice di quanto il concetto di casa discografica sia mutato nell'ultimo periodo: far soldi con i dischi è diventato complicato, meglio promuovere le band e farle suonare ovunque per raggiungere autorevolezza e notorietà nel circuito. Detto questo, sono molte le novità per quanto riguarda questo esordio/non esordio degli Intercity.

Nati da un'evoluzione dei già abbondantemente apprezzati Edwood, arricchiti da un'altra chitarra e da una tastierista, sottolineano il cambio di direzione abbracciando l'italiano e dando una direzione diversa al loro percorso musicale. Le tredici tracce che compongono questo album hanno tutte una storia a sè, ognuna una fotografia, uno spaccato di vita, una collezione di ricordi e considerazioni impresse in una manciata di minuti. Testimoniano il desiderio di tirare una riga per fare i totali di uno spaccato di vita che deve eventualmente finire.

Quasi un concept album, pieno di personaggi storici (Keith Moon, Van Gogh), città umide, desolanti, forse troppo lontane (Amsterdam, Anversa, New York), elenchi personali di immagini e suoni, racconti di alienazione e ricordi quasi adolescenziali di cinema e musica che formano una storia estremamente personale. L'idea iniziale di un percorso omogeneo dopo qualche ascolto lascia spazio all'impressione che, al contrario, molte sono le sfaccettature da prendere in considerazione.

E' un album da viaggio notturno a velocità variabile, crepuscolare, dove una tendenza spiccatamente cantautoriale si fonde con ballate e progressioni rock che lasciano facilmente il segno. E' un disco difficile da catalogare, contenente diverse inclinazioni che spaziano da attimi poetici perfetti ("io voglio essere la polvere dell'angelo per stare lì con voi a ballare a luci spente") a ricordi di estati passate (" e quando giù al falò si fuma sperma ed erba nell'oscurità"), attraverso un'alternanza di pezzi tirati e ballate intimiste che rispecchiano uno stato d'animo ondivago, tentando non sempre con successo di abbracciare uno spettro emozionale dai confini sterminati.

La musica in diversi passaggi rimane in secondo piano, facendo da contorno, da colonna sonora a racconti costruiti con cura e invidiabile potere evocativo. Sono canzoni d'autore con una pelle ruvida, che sfiorano la perfezione di brani come Riot Afternoon dai tempi di Punk Music During The Sleep, carezzando piuttosto che prendendo a schiaffoni, lasciando sempre un angolo di testa per pensarci su e riflettere per un minuto in più. C'è maggiore complessità, un'ambizione cantautoriale nemmeno troppo nascosta, una ricerca di completezza e di avanzamento che dimostra le buone intenzioni di questo nuovo progetto.

Rispetto agli Edwood, qui c'è forse la perdita di un'immediatezza incosciente a favore di una maggiore attenzione al potere evocativo di musica e testi, un viaggio verso l'interno che accusa qualche colpo a vuoto ma dimostra una crescita che non può che essere beneaugurante per il percorso della band. E' un ensemble che mescola pop e rock, condito da qualche spruzzo di elettronica, testimone di una mutazione che deve ancora completarsi, lasciando comunque in bocca un sapore dolceamaro che si riassaggia molto volentieri.

Quindi, il prossimo giro fatevelo offrire dall'amico di turno, tenetevi cinque sacchi in tasca e fate una donazione per una giusta causa: l'Intercity è in arrivo e non è nemmeno, stranamente, in ritardo.

V Voti

Voto degli utenti: 5/10 in media su 3 voti.
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rael 7/10

C Commenti

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hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 17:04 del 14 gennaio 2010 ha scritto:

"punk music during the sleep" degli edwood l'ho amato alla follia, un disco leggero e minimale, nostalgico nell'animo. saputo della rivoluzione "intercity" mi sono accaparrato subito il loro disco: "grand piano" non stravolge del tutto il loro sound, ma lo arricchisce degnamente con strutture melodiche più articolate, raggiungendo spesso lidi alt-rock ("odio anversa") e dream pop ("sei stata compagnia"); mantenendo, ciononostante, la costante elettronica, essenziale ma più incisiva (nel bene e nel male, chiaramente) che in punk music.i testi sono parecchio simbolici ed evocativi come suggerisce andrea , e il cantato in italiano è davvero gradevole. qualche caduta di stile c'è ("keith e annette" e "soho alexander platz" non mi hanno convinto), ma è poca roba rispetto all'insieme. brani preferiti: "caterpillar music"; "racconti di dischi"; "manhattan"; "cineprese".