V Video

R Recensione

8,5/10

Fiona Apple

The Idler Wheel Is Wiser Than the Driver of the Screw and Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do

C’è crisi. Le panchine sono piene di gente che sta male. Gli anziani sputano in terra bestemmiando la miseria delle loro pensioni, le giovani coppie si tengono per mano senza mai guardarsi negli occhi. Crisi economica, cancro sociale, un vero casino. Antidoti, soluzioni, “problem solving” per citare chi usa il figo lessico aziendale? Beh, il vecchio Jack Burton del pork-chop express direbbe che l’arte trova concime proprio nei periodi di grande siccità e sfaldamento socio-esistenziale. Tu ci credi, amico? Punti di vista. Nel ’40 Guthrie diventa il megafono umano dei poveracci espropriati delle proprie case con le “Dust Bowl Ballads”, in pieno celodurismo thatcheriano gli Smiths cantavano “…There’s something against us. It’s not time…So goodbye, goodbye, goodbye…” Oggi il Boss continua a fare retorica anti-estabilishment attaccando i predoni bancari: ok Bruce, sei un giusto e ti appoggio. Peccato che per i suoi torrenziali sold-out devi sganciargli 75 € (tribuna laterale numerata). Andranno a ingrossare il milionario conto corrente del working class hero, presumo. Non bastasse leggo quotidiane paginate a scrocco su quella peripatetica di Madonna perché dopo decenni si porta ancora toy boys e croci sul palco. L’umore peggiora, mi sento un criceto in gabbia e cerco conforto. Un appiglio morale, una connessione umana forse, una voce che possa risollevarmi nello spirito e alleggerire il cuore di piombo. A volte, quando penso che la mediocrità ha oramai cloroformizzato i miei gusti e in generale i parametri della sacrosanta bellezza, ecco l’imponderabile, il bagliore in fondo al tunnel che non t’aspetti e sbam! Tutto è illuminato, chiaro nei contorni. Sei knock-out, steso al tappeto. Annientato dalla forza rivelatrice delle parole, da un’urgenza creativa che credevi sopita. Quanto tempo ho aspettato il tuo sorriso fragile, Fiona. Scusaci tanto se t’avevamo lasciata in un limbo d’incompiuta inafferrabilità, persi dietro l’ultima gonnella indie-folk che friggeva in pubblico paturnie amorose un pochino demodé. Sai, sono le controindicazioni dello sciatto e compulsivo finto sensazionalismo web, ieri è preistoria, domani è un attimo. Visioni periferiche di ciclico smarrimento.

 

“…Oh, the periphery…I lost another one there. He found a prettier girl than me, with a more even-tempered air. And if he wants her, he should get her. ‘Cause i think he thinks she's worth it. And maybe they'll move from the periphery…”

 

Allora bentornata. Dopo il lungo digiuno dal tribolato e tutt’altro che memorabile “Extraordinary Machine” ci ritroviamo di nuovo persi dentro l’iride color cielo della “Sullen Girl”. Dimenticate patologie adolescenti e umidi sogni borderline, la Fiona Apple torbida 19enne di “Tidal” non abita più qui. E se un chilometrico titolo come “The Idler Wheel…” non è una novità sostanziale, l’ottimo “When The Pawn…” del 1999 sfruttava già uno scioglilingua degno di Bergonzoni, stupisce la scarna, cameristica produzione ridotta alla secca polpa strumentale, ad opera della Apple e del polivalente Charley Drayton, e una sfrontata espressività vocale a tratti eccessiva, rabbiosa, sospirata, al limite di un’implosione nervosa. Il quarto lavoro della cantautrice newyorkese ci presenta un’artista alla boa dei 35 anni orgogliosamente indipendente e smarcata dai cliché, refrattaria a qualsiasi compiacimento verso quella platea alt-pop-rock che la elesse a beniamina. Un immenso talento d’autriceperformer con pochi eguali nel presente, scevro da compromessi e astuzie mercantili. Una narratrice dell’inconscio che ripete ed esorcizza in un mantra di spietata auto-analisi confessionale “I root for you, i love you, you, you, you…”, quasi mangiucchiandosi le vocali sui toni viscerali e umbratili d’una Laura Nyro accidentata. È il liberatorio manifesto personale di una teatralità latente, cerebrale, finora celata a debita distanza, che ora può imprimersi matura sui tasti e i legni di un piano percosso con foga, a dare scheletrica inquietudine mitteleuropea con dissonante minimalismo, e l’aiuto “armonico” della sorella Maude Maggart, al confine del cabaret brechtiano da Repubblica di Weimar. Fiona sa sparpagliare in modo egregio i suoi dubbi e romanticismi astratti circa il mistero primordiale, cioè il sentimento umano di cui sente fortissimo il peso sulle spalle (“…Every single night’s alright, every single night’s a fight. And every single fight’s alright with my brain…”), guardare per credere il simbolismo à la Gondry che germoglia dall’onirico video promozionale. Scandisce esacerbati impressionismi su tele waitsiane di percussioni cigolanti e spazzolate jazzy, immerge marimbas, autoharp, bouzouki, loops in atmosfere notturne così sfilacciate che sembrano nervi tesi e potresti toccarli, lasciando sulla vivida tavolozza sonora sporadici cori Arcade Fire e tentazioni afrobeat Zap Mama. Certe suffragette decadenti e artefatte (la Newsom?) dovrebbero studiare per bene questi dieci eccellenti esempi di angry and darkly torch songs. Lei per fortuna è sempre la ragazza degli “hunger hearts but starving works, when it costs too much to love…” (“Paperbag”), l’anti-popstar che mandava teneramente al diavolo in diretta il monkey bizness di Mtv, con l’ovale del viso appena appena smagrito dall’età. Uguale soltanto a se stessa, Fiona ha infine raggiunto la cima del suo sofferto Everest in solitaria ostinazione, confermandosi la fuoriclasse vera che aspettavamo. C’è crisi e non ci sono più le belle stagioni, d’accordo, ma dischi del genere sono una rarità da custodire gelosamente, un vaccino portentoso contro l’usura della vita moderna e i malanni dell’anima. Nonostante un mondo di lupi mannari e amanti scavezzacollo, di san valentini guasti e coltelli caldi sul burro, nonostante tutto la pigra ruota di Fiona Apple compie il suo giro. Vorticosa e infinita.

 

“…I ran out of white dove feathers to soak up the hot piss that comes through your mouth…Every time you address me…”

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 16 voti.
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salvatore 6,5/10
gull 7,5/10
loson 8/10
ethereal 5,5/10
Cas 8,5/10
REBBY 6/10
JetBlack 8,5/10
Soul-Pop 6,5/10
luca.r 7,5/10
Robinist 8,5/10

C Commenti

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simone coacci alle 11:55 del 6 luglio 2012 ha scritto:

Grandissima recensione! Il disco sembra avere i suoi numeri, anche devo dire che la Fiona non mi ha mai esaltato particolarmente.

Utente non più registrato alle 9:29 del 7 luglio 2012 ha scritto:

Tidal era un album veramente bello e riuscito.

salvatore (ha votato 6,5 questo disco) alle 12:14 del 7 luglio 2012 ha scritto:

Al momento non mi sta prendendo particolarmente. Il meglio arriva con il brano di apertura (bellissimo il cantato blues). Il resto risulta piacevole, ma un po' pesante... Un lavoro ben fatto, ma senza guizzi, questo mi sembra.

gull (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:33 del 5 ottobre 2012 ha scritto:

L'ho ascoltato solo negli ultimi giorni. Mi ha ricordato Lisa Germano nei suoi dischi più dolorosi, che però stranamente non hanno avuto mai una grande presa su di me. Qui invece, il modo viscerale di cantare, la musica scarnissima ed essenziale, mi piacciono molto. Vai a capire perché. Sono ancora ai primi ascolti, ma mi sembra ottimo. "Jonathan" da brividi.

gull (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:42 del 5 ottobre 2012 ha scritto:

Ce l'ho in loop da stamattina. Ma che disco che ha tirato fuori: "Valentine", "Werewolf", "Left Alone" con quel cantato che a un certo punto è straziante, "Jonathan", "Every single night" e poi più lo ascolto più pezzi mi piacciono. E un bravo a Daniele che ci ha visto bene e ci ha scritto un approfondimento molto interessante. Una delle tante belle segnalazioni di storia che per un motivo o per un altro ogni tanto mi perdo per strada per poi recuperarle, per fortuna.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 15:29 del 8 novembre 2012 ha scritto:

Lisa Germano non ce la sento, e a dirla tutta fatico a trovarci pure la Nyro, se non per le progressioni armoniche particolarissime (e allucinate, in questo caso). E' un disco di cantautorato molto originale, a cui fatico a trovare paragoni immediati: una sorta di rilettura espressionista di stilemi pre-war (ragtime, honky tonk, marcette militari), messa in atto giustapponendo intrecci percussivi e un piccolo combo per jazz vocale. La scrittura tiene a botta per tutta la durata del disco, o almeno così mi pare dopo tre ascolti completi. Per il voto aspetto ancora un po', ma la sensazione è che tra le cantautrici dei '90s che quest'anno si sono riaffacciate alla ribalta, Fiona Apple sia l'unica ad avere qualcosa di davvero interessante e "bello" da dire.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 12:14 del 24 novembre 2012 ha scritto:

Confermo: fra gli irrinunciabili del 2012.

paolo gazzola (ha votato 8,5 questo disco) alle 11:25 del 18 dicembre 2012 ha scritto:

L'irrinunciabile, infine, per me.

Cas (ha votato 8,5 questo disco) alle 21:53 del 21 agosto 2013 ha scritto:

che gran, gran disco questo... tra gli apici del 2012 e tra i capisaldi del cantautorato degli anni '10.