V Video

R Recensione

7,5/10

Joni Mitchell

Chalk mark in a rain storm

A volte capita che il nostro rapporto affettivo con un disco non dipenda tanto dal suo valore artistico, ma dalle circostanze nelle quali ci siamo imbattuti in quelle note. E’così che, nel lontano 1988, una cassetta audio con “Chalk mark in a  rain storm” di Joni Mitchell, imbarcata su un traghetto ed arrivata su un’isola, anziché finire a prendere polvere in una vetrina affacciata sul porto,  è diventata la compagna preferita per le ore antelucane di un militare costretto ad alzarsi molto presto per motivi di servizio. Con un paio di cuffiette ed un walkman, le canzoni di Joni mi hanno aiutato ad affrontare un lungo periodo di alienazione dalla realtà, portandomi sulle piste dei Lokota, rendendomi partecipe di strani rituali con le foglie di tè, o coinvolgendomi nelle invettive della lady of the canyon contro le storture del modo di vivere moderno (gli anni 80!), la voglia di competere e quella di guerra.

Il disco non è certo fra le opere migliori della Mitchell, ma, date le premesse, una piccola celebrazione postuma, propiziata da uno di quei ritrovamenti da bancarella dell’usato, è dovuta.

Costruito intorno ai suoni sintetici dell’allora marito Larry Klein,Chalk mark” è zeppo di ospiti, da Peter Gabriel ( nella iniziale sincopata “My secret place”) a Don Henley, da Billy Idol e Tom Petty (nel rock’n roll da ballroom “Dancin’ clown”, forse il pezzo più irritante dell’opera) a Benjamin Orr dei Cars fino a Willie Nelson. Su tutto il drumming imponente di Manu Katchè, anima ritmica di canzoni apprezzabili ancora oggi per la  sofisticata vena  dell’autrice nel costruire armonie vocali incrociate su diversi piani, e per una veste sonora che, per quanto molto legata al gusto in auge ai  tempi della creazione, rimane esemplare esercizio nell’arte della vestizione sonora.

Fra i vertici, l’inno alla popolazione “Lakota” minacciata da impianti ed installazioni militari, introdotta dalla vocalità di Iron Eye Cody, le riflessioni antimilitariste di “The tea leaf profecy”, la ballata in difesa dell’acqua bene comune, “Cool water”, in duetto con Willie Nelson e “The beat of black wings”, il cui clima disteso ma incalzante non deve ingannare, dato che  si parla di un cuore di tenebra appartenente ad un uomo diventato soldato.  Il finale è da manuale: in completa controtendenza rispetto al clima sovrabbondante delle altre canzoni, l’arrangiamento del blues “Corinna Corinna” è per la sola voce e chitarra di Joni, il  basso fretless di Klein ed i sassofoni del grandissimo Wayne Shorter. Tutto sommato, in quelle albe di tanti anni fa è valsa la pena restare svegli.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5

C Commenti

Ci sono 7 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

nebraska82 (ha votato 7 questo disco) alle 1:07 del 14 aprile 2015 ha scritto:

bella recensione per uno dei suoi dischi "minori" ( si fa per dire), e in bocca al lupo a Joni, viste le sue recenti traversie di salute!

Totalblamblam alle 17:30 del 14 aprile 2015 ha scritto:

azz non ricordo nulla di questo disco della Joni si vede che non mi ha lasciato nessun segno...sonorità anni ottanta non adatte a lei . tre dischi tre ciofeche. per me la sua carriera, e che carriera, creativa si è spenta con mingus . purtroppo non è riuscita nell'impresa di darci che so un oh mercy ma basta mettere sul piatto ladies of the canyon per toccare il paradiso. disco di una bellezza stupefacente rara unica.

Paolo Nuzzi (ha votato 7 questo disco) alle 9:45 del 23 aprile 2015 ha scritto:

E' così. Io sono legato ai suoi dischi anni ottanta più per una questione affettiva che per il loro intrinseco valore. La vera e geniale Joni si ferma a Mingus, è così. I colpi di classe non mancano, però lo smalto lo perderà, ahimè.

Utente non più registrato alle 9:54 del 23 aprile 2015 ha scritto:

Favoloso Shadows and Light

Paolo Nuzzi (ha votato 7 questo disco) alle 10:34 del 23 aprile 2015 ha scritto:

Sì, live oltre le stelle. Parterre de rois: Metheney, Lyle Mays, Pastorius, Michael Brecker, Don Alias...

redbar, autore, alle 13:19 del 23 aprile 2015 ha scritto:

Pienamente d'accordo con Paolo. Una volta tanto ho lasciato spazio all'affetto anzichè al giudizio di merito, sperando che da queste parti sia possibile. In ogni caso anche per me Shadow and light in vinile, cd o dvd è imprescindibile

REBBY alle 13:47 del 23 aprile 2015 ha scritto:

Beh l'hai fatto e quindi non ci son dubbi: è possibile eheh

Io credo che tutti i critici musicali, nessuno escluso (anche quelli che bramano l'oggettività), siano fortemente influenzati, nei loro giudizi, dai loro gusti, dai loro ascolti e dai loro affetti. In caso contrario (se si limitano a registrare i gusti di altri, nicchie o mainstream che siano) sono degli storici.