Manic Street Preachers
The Holy Bible
La Bibbia dei Manic Street Preachers è almeno tre cose: lapice della band gallese, il testamento di Richey James Edwards, uno dei dischi più violenti dei 90 britannici. Ma ascoltandolo per bene si capisce che è anche molto di più, e che quel titolo ambizioso e dissacratorio lo sopporta con orgoglio e con rabbia, come una cicatrice.
Richey James Edwards, di cicatrici, si sa, ne aveva parecchie. Era una delle manifestazioni più vistose del suo malessere. Famigerata la ferita che si intagliò sul braccio sinistro durante unintervista con Steve Lamacq, dopo un concerto, al solito, distruttivo: alla domanda se la band credesse davvero in quello che predicava, si incise con un rasoio 4 real sul braccio, e tanto più 17 punti di sutura bastò. Richey era il paroliere del gruppo, curava il design dei dischi, suonava maluccio la chitarra, non cantava, ma restava lanima sotterranea dei Manics, il loro spirito e la loro immagine. Qui, in The Holy Bible, è quasi unicona.
Terzo disco della band, dopo la rabbia glam di Generation Terrorists e il decadentismo blando di Gold Against The Soul. In America spopola il grunge. In Inghilterra nasce il brit-pop. I Manics decidono di prendere la rabbia rappresa del primo e la melodia terrosa del secondo e di immergerle in un post-punk viscerale. Promuovono il disco vestendo divise militari (i Clash docent); sgrezzano il suono, eliminando tutto tranne chitarra basso e batteria; puntano su vocalizzi metallici e urlati, su una sezione ritmica cruda; esasperano i riferimenti politici, portando avanti una linea socialista sempre più estrema e tendente a un nichilismo furioso ed egocentrico («I know I believe in nothing but it is my nothing», si legge in Faster); deformano, storpiano, violentano tutto, dai testi alle immagini.
La copertina è un corpo abnorme, opera di Jenny Saville: Strategia: lato nord, fronte, lato sud. Una prospettiva espressionistica sullelefantiasi occidentale. I testi mescolano confessioni esistenziali di Edwards e (anti)manifesti politici di Wire: il privato si incontra con il pubblico, con reciproco annientamento. Sono stralci di diari, citazioni, estrapolazioni strappate e ricucite, mosaici di parole crudeli che si fa fatica a tenere assieme, a calare nella musica: Bradfield, spesso, è costretto a oltraggiare la lingua, a stirare la pronuncia, a mangiare le parole, pur di farle rientrare, magari sghembe e succhiate, nella metrica musicale, pur di incastrarle tra gli spigoli dei riff. Ne esce un collage labirintico e di ardua interpretazione, con cui bisogna lottare per innamorarsene.
La Bibbia procede a spallate nervose, asimmetriche, con strofe dispari e chitarre claudicanti, per poi sfogarsi nella pienezza dei ritornelli, in esplosioni di un melodismo brit che si incrocia come non mai nella carriera dei Manics con influenze new wave, glam, punk, persino prog, grunge. Nel 1994 si parla della Bibbia come di una parente stretta di In Utero.
Quasi tutte le canzoni iniziano con un sample vocale: citazioni da film, documentari, interviste. Paradigmatica la citazione di unintervista a J.G. Ballard sui motivi del suo libro-capolavoro, Crash: «I wanted to rub the human face in its own vomit and force it to look in the mirror» (si sente nel mezzo di Mausoleum). E lo specchio è questo cd. E la faccia dell'uomo è quel corpo sfatto. Sovrapposti alle citazioni, partono i riff di un Bradfield iper-ruvido, accompagnati dalla batteria nevrotica di Moore e dal basso ossessivo di Wire. Solo nei ritornelli, a vangare il suono, si unisce Edwards.
Le atmosfere sono umide, cupe, fibrose: Ifwhiteamericatoldthetruthforonedayitsworldwouldfallapart si apre con un riff quasi cacofonico, Of Walking Abortion ha un attacco distorto e visionario, unito a un finale da ossessione. Pochi i passaggi radio-friendly: solo She Is Suffering e This Is Yesterday portano testimonianza di (sofferta) dolcezza. Archive Of Pain è segnata da un basso brutale e da uno sviluppo che mescida puntelli postcore e aperture punk, mentre Revol è pop rock che picchia sullo stomaco.
I vertici sono molti. Spicca 4st 7lb, sullanoressia (di cui Richey soffriva). Pezzo mimetico, agghiacciante. La chitarra allinizio viene letteralmente stuprata, trascinata a singhiozzi, in un ritmo zoppo che simula la menomazione; il testo dà i brividi, con Bradfield che canta Edwards che si mette nei panni di una ragazza anoressica («See my third rib appear /A week later all my flesh disappears [...] Stomach collapsed at five / Lift up my skirt my sex is gone»), creando una serie di scatole cinesi emotive lancinanti. Il finale elegiaco, che stravolge la prima parte del canzone, è una danza macabra dal sapore della rassegnazione.
Straordinarie Mausoleum, sanguigno rigurgito di parole e sdegno, Die In The Summertime, in cui il riff nevrastenico della strofa si riversa sul ritornello con una ferocia liberatoria, e Faster, impetuoso inno allimpuro («I hate purity») e allautodevastazione (con riferimento allautolesionismo fisico di Edwards: «I am an architect, they call me a butcher»). Canzone dopo canzone pare di leggere il lascito di una deriva lucida e consapevole (Yes, P.C.P.).
I Manics, dopo questalbum, hanno pubblicato cinque dischi onesti. Richey è sparito la mattina del primo febbraio 1995, dopo aver ritirato per due settimane di fila, ogni giorno, 200 sterline dal suo conto. La sua macchina è stata trovata nei pressi di un ponte tra Galles e Inghilterra, noto scenario di aspiranti suicidi. A lui ancora adesso i Manics versano il 25% dei ricavi. Il 23 novembre 2008 Edwards è stato ufficialmente dichiarato morto. E questa è la loro e la sua Bibbia.
«Si è obbligati a fingere rispetto per persone e istituzioni che si ritengono assurde. Si vive attaccati in modo codardo alla morale e alle convenzioni sociali che si disprezzano, condannano, e che mancano palesemente di fondamenta. È quella costante contraddizione tra le proprie idee e i propri desideri e tutte le morte formalità e vane pretese della civilizzazione a rendere tristi, angosciati e privi di equilibrio. In quellintollerabile conflitto si perde tutta la gioia di vivere e lintero senso della propria personalità, perché in ogni momento la libera gestione delle proprie facoltà viene soppressa, incanalata, controllata. Questa è lavvelenata e mortale ferita del mondo civile» (Octave Mirbeau, Il giardino dei supplizi, dalla retrocopertina di The Holy Bible).
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