Austra
Olympia
Leggete nome della band e titolo del disco e potreste aspettarvi il lavoro di un compositore mitteleuropeo. No. I canadesi Austra sono sempre loro, quelli di Feel It Break (2011), anche se in effetti limpressione è che con Olympia abbiano voluto approfondire laspetto colto del loro electro-pop, dandogli poi una spallata dance in più, quasi a controbilanciare. Ne esce un disco molto godibile, pur se privo dei grandi colpi del precedente, come spesso capita ai secondi album.
A detta di Katie Stelmanis Olympia è nato da un processo di scrittura più collaborativo rispetto al debutto, tanto che la line-up della band è raddoppiata nel numero, a riprova di un maggiore coinvolgimento degli strumentisti. Il che, in ogni caso, non scalfisce in alcun modo la sua assoluta centralità: o si adora il suo stile di canto operistico, infittito di vibrati e drammatici barocchismi, o negli Austra non si può entrare, tanto più se, come qua, la accompagnano flauti, tromboni, piano e violini.
Non si può entrare negli Austra, direi, se non si accetta una dimensione pop in cui larrangiamento, il più delle volte, deborda sulle melodie vocali e ne moltiplica la suggestione per giochi illusionistici e rifrazioni a specchio. Ed ecco labbaglio. La finta scenografia, come da copertina. Il vero gesto barocco degli Austra: la meraviglia creata giocando sugli zoom e sulle prospettive, dando sempre l'impressione, a fine numero, di una precisione chirurgica. Hurt Me Now, per dire, è una canzone quasi banale a seguire la sola Stelmanis, ma diventa un pezzo darte nella sua veste da melodramma synth pop (che prende un po, persino, a conferma del barocco, dai Queen di Im Going Slightly Mad).
La vera magia, spesso, sta nelle percussioni curate dalla (divina) Maya Postepski, che rende favolosi momenti come We Become (apice? anni 80 e trucchetti tropical: sì, apice) o Fire, giocando pure con la marimba, manco fosse nei vecchi The Knife. La magia di riserva, in questo disco, sta nel ricorso a due voci che facciano scendere a tratti la tensione costante della Stelmanis con controcanti più che mai necessari e dagli effetti sempre efficaci (da Forgive Me a Hurt Me Now). E così, in tutto ciò, gli Austra possono buttare là i pezzi più ballabili del loro repertorio (Painful Like, Forgive Me), mentre nel frattempo si atteggiano epicamente (Reconcile, con tromboni), con incipit solenni che solo poi sfociano in operette electro-pop (Home).
Insomma, conferma. Basta capire e accettare, fino a godersi, lartificio.
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