Jean-Jacques Perrey & David Chazam
ELA
Non conoscevo David Chazam, giovane musicista francese, né tantomeno Jean-Jacques Perrey, che a quanto pare è un gaio novantenne, maestro dellelettronica, orientato perlopiù alla televisione e allintrattenimento. Il disco in questione, ELA, nuovo di zecca, mi piace sin dalla copertina, decisamente retró, che ricorda nellartwork gli LP della LineaTre RCA.
Estetica a parte, non resta che mettersi allascolto ma ecco che non appena schiaccio play grido: «Questo è Raymond Scott!». (Per chi non lo sapesse, Scott è davvero uno dei più grandi compositori di musica elettronica del Novecento, specializzato in canzoncine per bambini; ed effettivamente lo stile dei due musicisti dOltralpe mi schianta direttamente nel ricordo di Soothing sounds for baby, pubblicati negli anni 60). Passano meno di cinque minuti e mi trovo a gridare di nuovo: «Questi sono i Telex!». (Per chi non lo sapesse i Telex sono unepica band fondata in Belgio dal compianto Marc Moulin, una delle prime ad aver giocato col techno pop dei Kraftwerk, riempiendolo di effetti sonori e onomatopee, in perfetto stile Looney Tunes. Dischi memorabili furono Looking for Saint Tropez e Neurovision).
ELA è descrivile solo tenendo a mente questi due modelli: Raymond Scott da un lato, i Telex dallaltro: Perrey e Chazam si divertono un mondo a inventare filastrocche sonore (Kids Corner e Hectic Joker), a reinventare melodie disneyane (Electropop Parade e The Sponge), a berciare le cose più strampalate (Whats Up Duck? e Gossipo Perpetuo), a teorizzare nuovi approcci italo disco (Chronophonie) a riproporre vecchie divertentissime registrazioni live (28th Paradigm,Cats In The Night e Indicatif Spatial). Questi due vecchi giovani musicisti, moog in spalla e sequencer in mano, si prendono gioco dellelettronica per una mezzoretta, lasciandoci immensamente divertiti. ELA, acronimo non ben definito, è dunque un disco molto buono, retaggio di unepoca elettronica certamente conclusasi, ma che proprio per questo provoca un moto di nostalgia, un desiderio vintage di riandare a quegli anni, a quelle bave di plastica che i sintetizzatori analogici lasciavano nei solchi dei vinili.
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