Mazzy Star
Seasons Of Your Day
Won't you let me come inside?/ I've released all of my pride/ And I know you're alone because I've been there/ I know you've been missing me/ Well you know, I've been missing you too (tratto da Seasons Of Your day)
Ci sono mancati si, e forse è mancato anche a loro. Quella di David Roback e di Hope Sandoval, nellultimo decennio e passa, è stata la storia di una continua presenza/assenza, costellata di fulgide, quanto timide, apparizioni e di fantasmagorici rinvii ad un invisibile altrove sonoro, dovunque sia. Lontani dalle cronache come Mazzy Star eppure mai così presenti e influenti sulla scena alternativa, grazie anche alla portata di internet e alla nuova luce che ha contribuito a gettare su gruppi più o meno validi e sottovalutati, riscoperti da una nuova generazione di ascoltatori, approfonditi dalla critica in tutta la loro genealogia sonica dal Paisley Underground in poi, citati o imitati con una certa insistenza sul versante folk-rock psichedelico fino a limitare del dream pop e dello shoegaze più melodico. E negli ultimi mesi, a suggellare una popolarità che raramente avevano sperimentato in passato, è arrivato anche un album nuovo, il primo dopo ben diciassette anni. Un disco di canzoni inedite più che un album nuovo, a voler essere puntigliosi, dato che raccoglie dieci brani composti durante questo lunghissimo iato e registrati in giro per il mondo in diverse occasioni, ma poco cambia perché la coerenza stilistica e lessenza poetica che hanno reso i Mazzy Star un grande oggetto di ammirazione e di culto non sembrano minimamente intaccate.
Certo, si può discutere su quanto Seasons Of Your Day aggiunga o meno ai suoi illustri predecessori o sulla mancanza di novità di rilievo, sulla prevalenza di un vena acustica, un po roots e cantautorale, a tratti forse più vicina alle Warm Inventions della Sandoval che alla psichedelia chitarristica di Roback, ma sono tutti aspetti che, per quanto importanti e circostanziati, non modificano il giudizio sulla qualità del songwriting e sul fascino di un gruppo che è sempre rimasto per scelta un po defilato e fuori dal tempo. Seasons Of Your Day è, come dicevamo, il diario di un assenza/lontananza, appunti di viaggio, panorami, acquerelli, cartoline annotati dalla penna leggera e profumata della Sandoval, sulle note da sempre un po malinconiche e crepuscolari di Roback, sottilmente nostalgiche e perfette per solcare a ritroso le route trasognate dei ricordi e delle stagioni, vere o immaginarie che siano.
Basta ascoltare lhammond quasi nuziale (come a sancire le seconde nozze artistiche della coppia) che apre In The Kingdom, per poi rarefarsi serico e avvolgente e lasciare spazio al jingle jangle sognante e crepuscolare della chitarra, per essere invogliati alla lettura di questo nuovo capitolo e continuare a sfogliarlo, pagina dopo pagina, ipnotizzati dalle parole-note. Cè il country-blues trasfigurato in chiave onirica come in Flying Low e Does Someone Have Your Baby Now?, una California quasi crosbyana e una younghiana IVe Gotta Stop, lenta cavalcata solitaria lungo una provincia americana arsa e polverosa a cui la voce di Hope reca un sollievo notturno, come di brezza nel deserto. Cè da una parte quello che è forse il loro brano più interessante, Lay Miself Down, un blues psichedelico di oltre sette minuti, caratterizzato da un uso perturbante, fra echi e riverberi, di strumenti tradizionali come larmonica e la steel guitar e dalla voce della Sandoval che si fa via via più ambigua e provocante come il testo, ad adombrare uninsolita sensualità da boudoir, e dallaltra la madrigalesca e british Sparrow e in mezzo sonetti acustici di gran pregio come la soffusa e notturna Common Burn (ancora larmonica stavolta abbinata al glockenspiel) e della title-track che citavamo sui titoli di testa e che ben riassume il senso di questo ritorno, sempre gradito, emozionante, a suo modo unico, come lo sono i Mazzy Star e il loro non cospicuo ma invidiabile canzoniere di ieri e di oggi. Anche in virtù questo, forse, Hope Sandoval e David Roback potranno finalmente godersi lindipendenza (produce la Rhymes Of An Hour, etichetta fondata dal duo) e lattenzione anche commerciale che meritano (e i risultati nelle classifiche sia europee che americane sono lì a testimoniarlo).
Tweet