R Recensione

6/10

Soulsavers

Broken

C’è un detto nel calcio, e nello sport in generale, che va per la maggiore: squadra che vince non si tocca. Al massimo si ri-tocca rafforzandola laddove mostra veniali crepe, leggere imperfezioni. La stessa cosa devono aver pensato Rich Machin e Ian Glover, i due produttori e compositori inglesi alla consolle del progetto Soulsavers, dopo il buon esito e l’inaspettato successo del loro secondo vero e proprio disco di canzoni It’s Not How Far You Fall, It’s The Way You Land uscito due anni or sono. Così per questo nuovo Broken, che in Europa circola più o meno da Ferragosto e che proprio in questi giorni verrà esposto nei Wallmart di tutt’America, si rinnova la partnership con il sempre affaccendato Mark Lanegan a cui, oltre al ruolo di lead vocalist in quasi tutti i pezzi, viene lasciato molto spazio anche dal punto di vista della scrittura (qui è coautore di più della metà dei brani: 7 su 13). I nuovi acquisti si chiamano Mr Spiritualized Jason Pierce, Mr Bungle Mike Patton, Mr Butthole Gibby Haynes e Mr Brit Richard Hawley oltre ad una giovane e sconosciuta cantante nascosta dietro al monicker Red Ghost, tale Rosa Agostino, australiana di chiare origini italiane, di cui parleremo poi.

Il risultato è un disco incomparabilmente più rock,rootsy e americano del precedente, maggiormente suonato e stratificato, in cui dell’originaria idea di contaminazione dei succitati elementi con l’albio-tronica anni 90 e il downtempo non rimane che qualche sbiadita traccia, qualche indicativo lay out, lasciando il posto, negli arrangiamenti, ad una propensione epica, classicheggiante, orchestrale. La scaletta, peraltro molto simile a quella del predecessore (gli strumentali, le due rivisitazioni di brani altrui, Lanegan aedo oscuro, carismatico anfitrione, il pezzo più rocky e quello più jazzy ecc. ecc.), conferma l’impressione di un consumato show canoro, magnificamente prodotto, pianificato nei minimi dettagli, variato nei punti giusti, ma con pochissimo spazio per qualsiasi cosa che non sia elegantemente tradizionale o già sentito altrove. Lanegan la fa da padrone imponendo comodamente il suo stile, i due produttori cesellano e gli ospiti reggono il moccolo, limitandosi a qualche controcanto, a una linea di chitarra o poco altro.

Il prologo è The Seventh Proof, brano tutto strumentale per piano ed archi, vibrato su sonorità vagamente celtiche e cinematiche. Dopo il rapimento mistico arriva puntuale la sterzata: Death Bells un garage/grunge tipicamente laneganiano (potrebbe essere una bonus di Bubblegum), col basso profondo e palpitante, le chitarre acide e distorte (grazie anche al contributo di Haynes), e il cantato rauco, macabro, malato. Unbalanced Pieces riscopre la matrice electro - con un “boom-cià” cadenzato e un giro di basso copia-incolla - screziata da chitarre effettate e riverberi quasi industriali, con un Patton onomatopeico che accompagna il baritono di Lanegan fino al rilascio gospel del ritornello. Di un certo impatto, rimarrà uno dei pezzi più significativi del lotto.

 Poi due cover: You Will Miss Me When I Burn, rivisitazione da camera (edulcorata da piano e archi e dal cantato impassibile e alla fin fine pacioso di Lanegan contro quello isterico e inconsolabile di Will “genio ribelle” che poggiava solo su una chitarrina scordata) di uno straziante classico lo-fi del primissimo Oldham, mentre Some Misunderstanding, certosino west-coast rock anni 70, è l’omaggio ad un altro eroe sfortunato e sottovalutato del cantautorato a stelle e strisce come Gene Clark. Non dico che non sia ben fatta ma sono sempre 7 e rotti minuti da cui si poteva tranquillamente prescindere.

All The Way Down è un rock pentecostale più rappresentativo di Lanegan e del suo tormentato rapporto con la spiritualità che del gruppo in se. Ma il quarantacinquenne di Ellensburg da veramente il meglio solo nella successiva Shadow’s Fall: contry-noir ferale e sermoneggiante stile “whisky per spiriti più o meno santi”, falcidiato da un’armonica younghiana e magistralmente condotto fino al crescendo epico del ritornello. Poi ancora usato sicuro che il buon Mark, come un venditore abile anche se di poche parole, cerca di spacciarci per novità: cose che abbiamo già sentito da qualche parte nella sua discografia come il nu-country orchestrale con strie jazzate di tromba di Can’t Catch The Train, e quello più dark, riverberato e barocco di Pharaoh’s Chariot.

A interrompere il monologo del vecchio lupo di terra arriva Praying Ground affidato alla voce dell’esordiente Red Ghost (già distintasi come corista in alcuni pezzi precedenti) che è in pratica una PJ giovane, ma proprio lei spiccicata, roba che se mai la cantantessa del Dorset un giorno non avesse voglia di andare al lavoro questa potrebbe rimpiazzarla dal vivo o su disco senza che nessuno s’accorga della differenza. Più che Red Ghost una “ghost singer”. Il pezzo è un folk-noir niente male per chitarra acustica e glockenspiel in sottofondo che fa un po’ murder ballad caveiana senza Cave.

Un deciso salto di qualità lo compie, invece, la successiva Rolling Sky, forse il pezzo migliore in assoluto, in cui la Red Ghost/Rosa Agostino viene invitata a duettare al fianco di quel sempre maliardo gentiluomo che è il nostro Mark: downtempo romantico e atmosferico reso più torrido da una cappa di psichedelia, una via di mezzo fra Portishead e Elysian Fields, che verso metà si complica con break jazzato totalmente free e poi riprende la sua languida cadenza. Wise Blood è una sorta di outro anticipata, un pezzo classico che riprende in chiave irish e gotica quello d’apertura, acquistando spessore ritmico nella seconda parte. Dopo i titoli di coda, chiude ancora la nostra Rosa intonando, un po’ meno alla PJ, un pezzo scritto di suo pugno sotto la guida degli esperti Machin e Glover: By My Side,alt-country gotico agitato da sinistre venature di twang.

Non una delusione ma nemmeno il capolavoro di cui già vaneggiano i fan del cantautore e del vocabolario indie sopraelencato. Un disco per veri appassionati del(i) genere(i). Il voto sarebbe tra il 6 e il 7, arrotondato per difetto.

LINK:

Myspace: www.myspace.com/soulsavers

VIDEO:

- "Unbalanced Pieces" (solo audio): http://www.youtube.com/watch?v=DS3UmyOA-u4

-  "Some Misunderstanding" (solo audio): http://www.youtube.com/watch?v=OmKuTlD9h2U

- "Death Bells" (live al Ruby Lounge): http://www.youtube.com/watch?v=dw2OW3Itx1s&feature=related

- "You Will Miss Me When I Burn" (solo audio): http://www.youtube.com/watch?v=5DZHyNpQCLI&feature=related

 

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 6 voti.
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8,5
8
7,5
7
6,5
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5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
REBBY 7/10
george 7/10
Rael70 10/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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REBBY (ha votato 7 questo disco) alle 8:24 del 18 settembre 2009 ha scritto:

Eh si, nonostante la mia "adorazione" per il lupo, devo ammettere che è un album "solo" discreto. Ottima rece.

george (ha votato 7 questo disco) alle 19:46 del 20 settembre 2009 ha scritto:

7...ma giusto perchè il terzo pezzo è un miracolo