Editors
The Back Room
Accade a volte che il primo disco di un gruppo vada a spaccare classifiche e critici, facendoli inneggiare al miracolo, in particolare quando si tratta di giornalisti e pubblicazioni di matrice britannica, pronti a gettarsi come piranha sulla next big thing. Spesso un lavoro primo nasce da anni di sperimentazione e allenamento, suonando inevitabilmente come qualcosa di maturo e già "pronto", causando aspettative enormi per un seguito che non può, in alcuni casi, essere all'altezza dell'esordio.
C'era una volta un gruppo di quattro universitari che studiavano Tecnologia Musicale alla Staffordshire University. Un bel giorno del 2002 decisero che gli sbocchi che gli offriva questo corso di studi non erano veramente ciò che volevano fare nella vita, quindi pensarono bene di formare una band. Dimostrando una certa capacità per il marketing si battezzarono inizialmente Pilot, tappezzando le mura dell'università con la semplice domanda "Who's the Pilot?". Quando si resero conto che il nome era già stato sfruttato da una pop band scozzese negli anni '70, si ribattezzarono The Pride. con questo nome iniziarono a farsi conoscere nel giro underground, mettendo brani online per poi farli sparire, creando aspettative e costringendo i responsabili di diverse case discografiche a vederli suonare dal vivo per valutare il loro potenziale.Intanto, cambiando batterista, mutarono anche il nome, ribattezzandosi Snowfields e pubblicando un demo nel 2003, che iniziò a farli conoscere come una delle band più interessanti del circuito: tale demo probabilmente lo troverete ancora disponibile nel vostro sito Torrent preferito, così come lo pescai io quando fui fulminato dall'album d'esordio.
Nell'estate 2004 ecco l'uscita del singolo Bullets, che attirò come mosche al miele al loro concerto di Birmingham qualcosa come trenta cacciatori di teste di diverse etichette con il contratto pronto e la penna in mano. Eventualmente i ragazzi si decisero a firmare per la Kitchenware Records, mitica label che durante passati tempi gloriosi aveva pubblicato i lavori dei Prefab Sprout. Non si sa se sia dietro pressione della label ("Campi di Neve? Vogliamo forse attirare tutto il mercato gay di Birmingham e dintorni?") o per loro scelta, comunque decisero di cambiare nuovamente nome alla band, ribattezzandosi Editors, affinando i loro suono verso una tendenza meno puramente rock e maggiormente indirizzata verso uno specifico canale prettamente new wave.
Dopo aver girato in tour supportando band del calibro di Puressence e Oceansize (e non chiedetemi di quest'ultimi altrimenti brucio centinaia di pagine senza arrivare al punto), ripubblicarono il singolo Bullets, seguito da Munich. Il successo fu tale che la Kitchenware si accordò per un contratto di distribuzione con la Sony BMG, risultato impressionante per una band che fino a quel momento aveva pubblicato un paio di singoli e un EP sotto un altro nome...
Nel luglio 2005 ecco la pubblicazione del loro album d'esordio, e con questo un enorme successo di critica e di pubblico, cavalcando la nuova onda della nuova onda...A questo punto entro in scena io, che sto gironzolando in un negozio di musica di Genova a spulciare i nuovi arrivi e rimango fulminato dal dischetto "now playing" deciso dallo staff. Premesso che il debutto degli Interpol mi aveva lasciato moderatamente colpito, e che il mio passato new wave si era limitato agli Psychedelic Furs, queste sonorità mi prendono per il collo scuotendomi con vigore, fino ad una conversione alla San Paolo che pochi altri gruppi sono stati in grado di operare sul sottoscritto.
Le sonorità di The Back Room si rifanno ad un numero di band che a modo loro hanno partecipato alla storia della musica, gente come Joy Division, Echo and the Bunnymen, gli U2 nel loro periodo seminale, gli stessi Interpol, ai quali i nostri verranno accostati spesso e volentieri come la loro versione britannica. In effetti alcuni passaggi possono essere facilmente accomunati ai loro fratelli statunitensi, ma la differenza in questo caso sta nella valenza commerciale del risultato finale: The Back Room ha qualcosa come 7/8 potenziali singoli che possono spaccare le classifiche, senza considerare quello che verrà pubblicato come bonus disc, contenente B sides e brani risalenti al periodo Snowfields riarrangiati seguendo lo stile corrente, altrettanto meritevoli di considerazione, se non a tratti migliori dei pezzi scelti per l'album.
Qui ci troviamo di fronte ad un debutto già adulto, nato e gestito negli anni, maturato come un buon vino ed infine dato in pasto al pubblico con la consapevolezza di avere tra le mani un disco destinato al successo globale, perfettamente in linea con la tendenza del momento, prodotto benissimo, suonato meravigliosamente, con episodi di eccellenza assoluta (Munich, Bullets, Open Your Arms) che gli regalano un'aura di classico. Le chitarre girano in riff inattaccabili, la voce di Tom Smith svetta e scava negli angoli rimandando a melodie già adorate quando si parlava di semplice new wave, il ritmo è teso e costante e lascia poco spazio al respiro, e quando lo fa non permette troppe distrazioni, colpendo nel segno senza prigionieri.
Non c'è da stupirsi che questo disco abbia colpito nel cuore sia critici che pubblico, piallando con il tempo il luogo comune che accomunava la band ad altri gruppi con simile ispirazione, rendendo gli Editors una band di riferimento della New wave of the New wave. Un consiglio appassionato che posso dare per i neofiti è di procurarsi il bonus cd allegato ad alcune edizioni dell'album, che include tutti i B-sides dei singoli: pezzi come Crawl Down the Wall o The Diplomat meritano più di un dischetto a margine del lavoro principe, e danno un'idea più completa del cammino che questi ragazzi hanno percorso prima di raggiungere un successo planetario. Sarebbe stato difficile per chiunque ripetersi a tali livelli, come dimostra l'album che ha seguito tale incredibile successo, bello ma non spettacolare, ma in questo contesto poco importa: The Back Room è il capolavoro di un periodo in cui molti guardarono a certe sonorità ma pochi riuscirono a farle proprie.
A qualche anno di distanza saltano ancora fuori gruppi ispirati da tale movimento, con risultati discutibili; se si desidera una Polaroid del movimento New Wave nel ventunesimo secolo, questa è una tappa irrinunciabile. Scavato il solco, preparatevi a saltare.
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