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R Recensione

6/10

Il Pan Del Diavolo

Piombo, Polvere e Carbone

Ricreare pedissequamente atmosfere e scosse di un passato (prossimo) di successo o stravolgere la propria formula in favore di un’evoluzione personale e artistica? Delle due, nessuna. Tra infiammare il pubblico e sorprendere la critica, il duo siciliano sceglie di seguire la propria strada senza calcoli, spiazzando solo un pochino, probabilmente quel tanto che bastava per scontentare gli uni e non accontentare gli altri.

La nuova fatica de Il Pan del Diavolo, infatti, non possiede l’ardore viscerale dell’esordio “Sono all’Osso”, datato 2010, opera sanguigna, squisitamente ruvida, torrenziale e sguaiata. “Piombo, Polvere e Carbone” è invece disco più ragionato, soffocato da atmosfere più fumose e dunque meno vivide, un percorso pur interessante, ma come ovattato da una produzione più omogenea: le fratture scomposte del primo album sono state saldate e piallate in maniera quasi innaturale.

Sicuro che a un pezzo come la title track, vicina all’irruenza distorta del passato, non avrebbe giovato un canto libero di stordire, e non inscatolato e stritolato sotto nugoli di feedback? Non perfettamente a fuoco (né onestamente necessarie) le "ballads" Fermare il Tempo, avulsa dal contesto e salvata nel finale dal violino di Nicola Manzan, e Vento Fortissimo, arpeggiata ed evocativa ma terribilmente aliena, mentre Donna dell’Italia è noiosa o poco più. Anche le liriche risultano come assoggettate alla stagnazione di fondo: raccontano senza ferire, disegnano di grafite e non di inchiostro.

Eppure, sotto la spessa soffocante cortina, i brani restanti affilano gli artigli, tentando di penetrare il cuore e la testa di chi ascolta, riuscendovi spesso: l’impossibilità di restare immuni al contagio di testi e melodie testimonia il fatto che, scevre da orpelli e nel ricordo scheletrico della nostra mente canterina, le canzoni funzionano, ammaliano, rimangono. Il tex-mex di Elettrica, le grida che squarciano la cadenza cantilenante di Scimmia Urlatore, la lentezza sgarbata de La Velocità (toh, i Chingon in Italia!), le cavalcate dal basso di Libero, quelle da battaglia nella tensione ricreata da La Viliore: tutti esempi di un potenziale formidabile ma soffocato, che ritroverà, senza alcun dubbio, naturalezza e vigore nella trasposizione live.

Citazione d’obbligo, infine, per la conclusiva La Differenza Fra Essere Svegli e Dormire: accennata, tetra, lacerante di buio e angoli ciechi, rappresenta probabilmente quello che sarebbe stato se Il Pan del Diavolo avesse deciso di voltare pagina e spiazzare gli ascoltatori. Stupore vero per l’unico obnubilamento autentico dell’album. E se la direzione finale indicasse la strada per il futuro? Se è vero che “una persona normalmente composta / frigge”, Il Pan del Diavolo, con questa prova introspettiva, si è quantomeno guadagnato la nostra attesa fiduciosa per un caldo avvenire scomposto, e libero da patine d’olio stagnante.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 4 voti.
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krikka 5/10

C Commenti

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Federico Colocresi (ha votato 8 questo disco) alle 23:24 del 27 maggio 2012 ha scritto:

L'esordio fu un disco straordinario con atmosfere uniche e irripetibili. Appunto, e bravi, bravissimi loro a non provare a ripeterle. Piombo, Polvere e Carbone è un disco maturo,completo e che, dandogli la giusta fiducia, cresce immensamente ad ogni ascolto. Un album eterogeneo e, per quanto mi riguarda,canzoni come "Vento Fortissimo", "Libero", "Velocità" sono di altissimo livello

bargeld, autore, alle 20:00 del 30 maggio 2012 ha scritto:

Pensa che io gli ho dato tanta fiducia da aver preso il vinile (che ho consumato). E hai ragione tu, cresce ad ogni ascolto, dal 5 che pensavo si meritasse, alla fine arriva tranquillamente al 6,5. Ho apprezzato anche il tentativo di non ripetersi (per me perfettamente riuscito solo in chiusura). Però eterogeneo non lo è, dai! Un po' di pulizia avrebbe esaltato gli squilibri psicotici in cui i siciliani sono maestri, che sono ancora ben presenti, sia chiaro, ma affondati nella fuffa (non mi viene termine migliore). E te lo dice uno che adora la sporcizia (nei dischi eheh)!

Federico Colocresi (ha votato 8 questo disco) alle 21:16 del 31 maggio 2012 ha scritto:

Capisco la "perplessità". Eterogeneo per i loro standard. Per quanto possa sembrare assurdo dirlo dopo solo un disco, rischiavano di essere schiavi del proprio peculiare sound. Etoregeni nel senso che, a mio parere, le tre-quattro canzoni migliori sono anche abbastanza diverse tra loro. Poi chiaro che un file rouge c'è, come è anche giusto.