Egokid
Ecce Homo
Unire la dolcezza del pop più melodico (a volte perfino zuccheroso) alla cattiveria di testi ironici e urticanti: questo il proposito della coppia Diego Palazzo (voce, chitarre, piano e molto altro) e Piergiorgio Pardo (voce, organo, mellotron), il cui nuovo quarto cd Ecce Homo ha portato agli Egokid non solo ottime critiche, ma anche il successo radiofonico del nuovo singolo Come un eroe della Marvel un brano lento che nasconde una splendida canzone d’amore, con un testo dove, con dei giochi di parole belli e originali, emerge l’amore per il mondo dei fumetti.
Ma è nell’apreture del disco che i due Egokid si giocano le carte vincenti: due brani potenti, che dicono già tutto delle intenzioni della band. La prima, L’uomo qualunque è una ballata pop mid tempo, una canzone allegra con testo serio in cui si parla di crisi economica, di questione mediorientale, di immigrazione (l’Africa lontana è vicina in metropolitana), di perbenismi e falsi moralismi (credo nella chiesa che mi salva l’anima, non abbiamo i soldi per comprare la coca, fare la bella vita, perciò tiriamo una riga, e cancelliamo la Storia, che non ci darà soldi).
Il brano seguente, Credo, picchia ancora di più: scandito su un ritmo pop anni ‘60, è il Credo di Diego Palazzo (io credo nella Trinità, Ragione Cuore e Volontà) contro un certo cattolicesimo più vicino al potere che alla fede (espliciti i riferimenti a Comunione e Liberazione e al Meeting di Rimini dell’organizzazione cattolica) e contro pregiudizi e fanatismi.
Due canzoni che sono davvero due piccoli capolavori. Ma nel disco c’è spazio anche per temi più leggeri, anche se sempre trattati in maniera profonda e comunque originale, come Sirene, un lento con un intro piano e voce, molto cantautorale, ma immaginatela cantata da Mina e si trasforma in un piccolo gioiello, oppure la battistiana Non mi hai fatto male, un’altra ballata lenta con al centro l’amore, con una musica splendida che cresce e si apre nel finale, che non starebbe male nel canzoniere di Patty Pravo.
Dimostrano anche una notevole dose di coraggio i due Egokid, quando decidono di proporre Ragazze + ragazzi, la loro versione in italiano del successo dei Blur, un esperimento coraggioso e riuscito in pieno, o quando si tuffano nella new wave anni ’80 con Non si uccidono così anche i cavalli?, ospitando un piccolo mito come Fausto Rossi (Faust’O), e un testo molto particolare (Condividiamo la finestra, ma è diverso il punto di vista, vogliamo stringerci la destra, giocare con un tiro e una pista, facciamo i conti con la testa, cerchiamo una soluzione onesta, spariamoci a vista).
In Una vita troviamo ancora il grande pop alla Battisti: chitarra, tromba, cori, un brano che mette allegria, anche se il tema non è poi così divertente, trattandosi di un colloquio di lavoro, e della ricerca di un lavoro decente, anche se serve solo per sfamarsi (il dovere di realizzare il capitale, essere non libero ma liberale).
Chiude il disco Parabole, suoni elettronici anni ’80 per un testo in cui si unisce con gran semplicità sacro e profano (liquefazioni di ampolle, pani e pesci alle folle, mani segnate e trafitte, e nubi di cavallette, storie di porci alati, e morti resuscitati)
Per gli Egokid si è parlato di pop militante, contro il qualunquismo, l’indottrinamento e la mediocrità, e la forza di questo disco sta proprio nella sua essenza pop: riuscire ad essere leggero come solo il grande pop sa essere, ma contenere al suo interno una visione lucida e critica del mondo che ci circonda.
Un disco che si eleva dalla mediocrità della musica italiana, per l’uso intelligente e colto delle parole, e per la capacità di costruire canzoni immediate, che dimostra una conoscenza approfondita della materia musicale.
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