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R Recensione

7/10

Enrico Brizzi e Yuguerra

La vita quotidiana in Italia

C’era una volta un libro che fece incazzare moltissimo i rockers più alternativi italiani, dal titolo “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”. Intanto perché quel “Jack” in realtà si chiamava John, poi perché Frusciante, per i “veri rockers” non era neanche così importante, non essendo il chitarrista della prima formazione dei grandi Red Hot Chili Peppers. E poi perché, insomma, “cosa vuole questo scrittore dal nostro mondo del rock?”

 

Oggi ci troviamo tra le mani un nuovo disco di Enrico Brizzi, lo scrittore di cui sopra, che pur essendo quasi recitato più che cantato (vedi alla voce Massimo Volume) lo consacra come parte integrante a tutti gli effetti del rock italiano. Dai primi esperimenti di reading dei suoi libri accompagnato dalla musica live, alle collaborazioni con alcune interessanti band underground italiane, il suo percorso nel mondo della musica l’ha portato, nel 2009, all’incontro con i bolognesi Yuguerra, con i quali, quando la situazione politico amministrativa di Bologna, con la caduta del sindaco Del Bono, tocca il suo punto più basso, decide di mettere in piedi un lavoro per raccontare quanto stava succedendo non solo nella sua città , ma nel nostro paese.

 

Brizzi intinge la penna nel curaro, e offre una descrizione di Bologna e dell’Italia da brividi, per quanto crudele e reale.

 

Un percorso che parte dai ricordi di infanzia di "Dio salvi Bologna" (l’adolescenza e la vita quotidiana, il saluto ai partigiani al tempo della scuola, la città del basket, del rock e della droga, e provateci voi a crescere in una città perfetta, tra comunisti in Mercedes, punk davanti al Disco D’oro, e dieci mila ragazze nuove ogni anno all’università) con il suo intro con arpeggio di chitarra elettrica, un gran ritornello cantato, e la voce che racconta in maniera geniale la città e la sua decadenza, e si chiude con l’invocazione "Rialzati Bologna", un rock dalla grande melodia a due voci, per descrivere un’Italia fatta di gratta e vinci e reality show, e con un grande ritornello (una città intera finisce alla gogna, c’era una volta Del Bono a Bologna).

 

In mezzo, c’è la descrizione impietosa della decadenza dell’Italia intera degli ultimi 30 anni, volgarizzata e ipnotizzata dall’arrivo della TV, come racconta in Lo specchio della società: inizio anni ’80, primi TV color, l’arrivo di Canale 5 e Rete 4, i quiz, Dallas e Dynasty, i pomeriggi con Bim Bum Bam, e con loro l’arrivo del  Palazzinaro, l’innominato, il grande raccontatore di miracoli (non sapevamo ancora a cosa ci stavamo preparando). La società italiana entra nello specchio (citazione da Alice nel paese delle meraviglie) per il viaggio più incredibile della propria storia. Ancora grande la musica e un ritornello assassino che ti inchioda con assoluta semplicità alla tua sconfitta.

 

Con "Silvio summer", un brano dal  grande ritmo ska – rock, piombiamo direttamente nella tangentopoli degli anni ‘90, con le bombe della mafia e la discesa in campo dell’Imprenditore per salvare se stesso (e già che c’era anche l’Italia). L’arrivo del venditore di sogni di Milano 2, che aleggia in buona parte del disco, senza mai essere veramente nominato, vince le elezioni nel giugno del ’94, con la promessa di un milione di posti di lavoro (qualcuno li sta ancora aspettando).

 

Come la TV ha ridotto una generazione di italiani, lo ascoltiamo in "Le vite degli altri", un rock secco e tirato con ancora un bel ritornello cantato, per descrivere la Tv dagli anni ’80 al Grande Fratello (se non vai in TV non sei nessuno) e noi spettatori teledipendenti incatenati a spiare la vita degli altri rinunciando alla nostra (il futuro è già scritto, ed è ormai chiuso il casting è l’acida conclusione).

C’è spazio anche per il punk, con "Non salutare chi non ti ama", brano in cui si riuniscono alcune delle menti migliori di trenta anni di rock bolognese (Roberto Freak Antoni degli Skiantos e Steno dei Nabat) e con "Silicio Sigelli", quasi hard rock punk, cantata in inglese con voce filtrata, con cui  arriva anche la già evocata P2 (democracy is over).

 

Grandi testi, ispirati a due libri di Brizzi, "La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco" (2008) e "La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio" (2010), e musica sempre all’altezza della situazione e molto varia, che passa con estrema facilità dal rock al punk, fino al quasi pop dalla grande melodia e splendidi ritornelli, come succede anche in "Lettera a Pertini", in cui troviamo la chitarra di Giorgio Canali.

 

Una fotografia di un paese socialmente abbrutito, impaurito, distrutto, rinchiuso in casa, ma che ha ancora le risorse e le speranze per tirarsi su, aspettando che giri il vento e l’arrivo di "Un’altra primavera", nonostante il Silvio e le sue televisioni.

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Teo 7/10
ciccio 6/10

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