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R Recensione

7,5/10

Sonido Gallo Negro

Sendero Mistico

Avevo un collega che tutti i sabati sera mangiava al ristorante brasiliano. Lunedì gli chiedevo: “Com’è andata?”. E lui: “Bene! Certi culi!”. Non ha mai spiegato se si mangiasse bene o male, in quel ristorante, tantomeno se a supporto di quei culi ci fossero anche delle persone. Poi il mio amico mi ci ha portato, al ristorante, e lì ho capito: il cibo è anche buono (in Sud America la carne la sanno cucinare), ma quello che tutti aspettano, tra una portata e l’altra, sono loro, i culi. Non c’è niente di male, per carità, ognuno vende i propri prodotti locali, ma il fatto è che l’idea di questo Sud America fatto esclusivamente di festa, carnevale, perizoma e balli di gruppo mi mette tristezza. Conosco persone, lo giuro, che sostengono di avere una fidanzata a Fortaleza, e il fatto che questa fidanzata diventi tale subito dopo il pagamento non li insospettisce neanche un po’ perché, dicono, “in Brasile si usa così”. Ora non vorrei sembrare noioso e ricordare che in Sud America non sono tutti ballerini, ma io mentre ballavo “Avanti! Derecha! Avanti! Derecha” (non è colpa mia se annaffiano anche gli antipasti con la caipirinha) mi chiedevo: “Ma e la saudade? La profondità di Caetano Veloso? La malinconia del Tango argentino e dei canti mariachi messicani?”. Poi, uscendo dal locale alle tre di notte, ho captato un frammento della chiacchierata di due ballerine che stavano fumando nel dehors: “Neanche uno che si muoveva a tempo, l’unica cosa che facevano bene era guardarci il culo”. Ecco, perfetto. Da quel giorno, pur tenendo saldo il principio di non precludermi nulla (almeno musicalmente), di evitare i pregiudizi e le etichette, ho dovuto aggiungere un secondo paletto, una colonna d’Ercole che segni un nuovo confine (il primo c’era già, ed è Biagio Antonacci) oltre il quale è bene non addentrarsi. Quel giorno, nel parcheggio del ristorante brasiliano, decisi che “no, il latino-americano no”.

Pochi giorni fa, sul suo blog, un noto giornalista musicale italiano ha pubblicato una copertina di un disco bellissima: un volto femminile in primo piano realizzato con colori molto psichedelici e circondato da alberi e ufo. L’opera, realizzata dal disegnatore Jorge Alderete (qui trovate alcuni dei suoi capolavori: http://www.jorgealderete.com/) nascondeva però una sorpresa: il secondo disco dei Sonido Gallo Negro, messicani. Hmmm… E come si intitolava il primo disco? “Cumbia Salvaje”. Ahi. Ahiahiai, la cumbia. Sarà mica una cosa tipo la salsa, la bachata e il merengue? Sarà mica la Lambada della Colombia? Proviamo, anche perché da poco ho scoperto un vecchio disco di Tom Zè che si chiama “Estudiando o samba” ed è un capolavoro pazzesco.

 

La cumbia nasce in Colombia dall’evoluzione della cumbiamba, una danza in circolo eseguita  sulla spiaggia intorno ad un falò che rappresentava il solo momento di aggregazione per la popolazione Chibcha durante la dominazione spagnola. Col tempo si è aggiornata, mantenendo gli stessi temi ritmici ma aggiungendo melodie vocali e contaminando le proprie sonorità con quelle occidentali, fino a diventare un sensuale ballo a due ottimo per i club latino-americani di tutto il mondo. Quello che fanno i Sonido Gallo Negro è molto semplice: prendere la cumbia e iniettarla di psichedelia, chitarre fuzz e tinte anni ’70. La balera insomma, è sempre la stessa, ma alla spinta “erotica” del ballo a due questi nove ragazzi di Città del Messico aggiungono i colori “hard” del rock, le deviazioni moderniste del sintetizzatore e uno spirito “selvaggio” inedito. Il risultato è a dir poco pirotecnico, quando al ritmo delle congas fa da contrappunto il theremin (“La Patrona”), quando appare il tex-mex morriconiano (“La Ventarrona”), quando spinge sulle tastiere e sull’acceleratore (“Selvatica-Alfonso Grana”), quando sembra di sentire i Calexico che suonano una Lambada ubriaca (“Virgen del Sol”), quando si sfiora la Blaxploitation (“Inca-A-Delic” scherza su Funkadelic?) e quando i flauti andini si intrecciano con le chitarre wha-wha (“Serenata Guajira”).

 

Tradizione e libertà. Questo è il Sud America. Poi, va beh, ci sono anche i culi.

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