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7/10

NONN

NONN

Dopo avere consolidato il boom degli anni precedenti, il 2017 per la Fuzz Club Records è stato un anno che più che di sperimentazioni vere e proprie, definirei di allargamento degli orizzonti. Finora del resto le produzioni erano state tutte quante per lo più dedicate principalmente a un certo tipo di psichedelia e in cui potevamo distinguere due grossi filoni, quello più tradizionale da una parte (comprendente Dead Skeletons, Singapore Sing, Underground Youth, gli stessi Sonic Jesus) e quello più marcatamente drone (Radar Men From The Moon, 10,000 Russos...). Naturalmente i due mondi si sono sempre toccati e contaminati a vicenda, ma alcune uscite nel corso di questo ultimo anno, a partire dall’ultima tipicamente post-punk dei SEKEL, sembrerebbero proprio deviare dai binari principali.

Tra queste uscite penso sia impossibile non menzionare una di quelle che hanno raccolto maggiori consensi, trattandosi peraltro della pubblicazione di un artista, Christian Eldefors degli Orange Revival, che conosceva già bene l'etichetta dal di dentro. NONN è il suo moniker come solista e allo stesso tempo il titolo del suo primo album pubblicato lo scorso 26 maggio. Il disco, realizzato con la collaborazione del fratello Alexander in cabina di regia e masterizzato dal solito James Plotkin, pure riprendendo il carattere ossessivo di una certa psichedelia, muove da presupposti diversi da quelli che, poi, sono proprio alla base del sound stesso degli Orange Revival.

Realizzato mediante l'utilizzo di drum machines e programmazioni sintetiche, “NONN” è un disco che guarda chiaramente a dei punti di riferimento musicali appartenenti agli anni ottanta, ma rivisti secondo un certo mood drone e post-industrial che possiamo riscontrare in molti degli artisti del genere psichedelico contemporaneo.

In quella che possiamo definire come una sequela di composizioni di breve durata, si alternano momenti più easy-listening come “Stay” oppure la dark-wave di “Need” (episodi che comunque non sono troppo lontani da alcune suggestioni Underground Youth o Sonic Jesus), il groove dei bassi di “Lost” e “Hills”; il minimalismo ambient di “Gone”, “Wait”. L’elettronica hypno-trance di “Cold” oppure “Trance”, le suggestioni Suicide in slow-motion di “Walls” e quelle più compulsive di “Fear”. Il carattere è in ogni caso per lo più ispirato a sonorità tipicamente ossessive in una tradizione che deriva proprio dai primi anni ottanta e da esperienze come quelle di Public Image Limited e Suicide e la cui eco è arrivata concettualmente inalterata fino ai giorni nostri.

Probabilmente questo episodio discografico è meno interessante delle composizioni psichedeliche a più ampio raggio degli stessi Orange Revival, ma appare evidentemente, oltre che il risultato di una specie di urgenza espressiva dello stesso Eldefors, anche come un segno dei tempi, a fronte di una produzione forse eccessiva di determinate sonorità e di un rapporto di reciprocità tra quelle che possono essere le nuove richieste da parte degli ascoltatori e un lavoro costante di ricerca e di innovazione.

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