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R Recensione

8/10

David Krakauer

Pruflas: Book Of Angels Vol. 18

Grand Guignol”, 1991, con i Naked City (fra le prime – se non la prima – e sicuramente la più completa destrutturazione del frammentato linguaggio atonale free jazz entro codici di pensiero e soluzione hardcore), “Kristallnacht”, 1993, in proprio (concept album imperniato sulla Notte dei Cristalli nazista, orrorifico affresco di cacofonico avant-jazz intarsiato klezmer che ebbe l’ulteriore pregio di fungere da caposaldo, concettuale e musicale, per il canzoniere Masada) e “50th Birthday Celebration, Vol. 4”, 2004, con gli Electric Masada (supergruppo di qualità indiscussa ed apice creativo di un linguaggio omnicomprensivo, onnivoro, spiazzante) sono i vertici dai quali vanno ad intersecarsi i segmenti di un triangolo d’area incalcolabile, contenitore semovente di uno tra i lasciti artistici migliori del XX secolo: quello del maestro newyorchese John Zorn. Di lui s’è già detto tutto, in plurime occasioni. Dei tre exempla sciorinati appena sopra, se il primo culla in seno il piacere futurista dell’iconoclastia feconda e provocatrice, e il secondo è una pietra angolare senza la quale un intero edificio di presupposti potrebbe crollare, è forse il terzo – un live album registrato al Tonic, ricordiamo – a garantire le soddisfazioni maggiori da un punto di vista musicale stricto sensu, inteso come unione di forma e sostanza: il sovvertimento delle regole, la creazione di un nuovo (dis)ordine e la collisione spietata di più direttrici. In altri termini, un gioiello d’arte moderna che farebbe brillare la quotidianità di qualunque selvaggio alla deriva sulla propria isola deserta.

Ci si è dilungati in questi parallelismi perché, senza andare a scovare le ricorsività diacroniche, il diciottesimo capitolo targato Book Of Angels rimanda, da subito e in più d’un frangente, al concetto di libertà espressiva, di smodato ed esagerato parto intellettuale, di piacere sensoriale completo. Eppure l’eclettico David Krakauer, clarinettista americano classe 1956, fu, al tempo, uno dei nomi di punta della formazione che diede vita a “Kristallnacht”. Ironia della sorte? I decenni sono passati e, nel frattempo, del musicista che lacerava, con i suoi melismi scomposti, lo scontroso ed abrasivo tessuto noise del capolavoro zorniano è rimasto, francamente, poco. Teso a contaminare il proprio percorso con nuovi ritmi, eroe della New York pulsante e pupillo di un’accademia tale di nome, ma non di fatto, Krakauer si è evoluto, cercando confronto e dialogo con ambienti anche molto differenti dai propri e, di fatto, allargando il proprio background a tutto ciò che, lateralmente, si può considerare “rock”. “Pruflas”, ancor prima che (sofisticatamente) jazz, è un disco rock: muscolare, guizzante, contratto, nervoso. Una scelta di realizzazione ancora parzialmente inedita, nella seconda parte dell’opus magnum scritto dal 2004 in avanti da Zorn, che capitalizza da subito i suoi straordinari frutti. “Ebubuel”, inquinata dalle scorie elettroniche di un laptop insidioso, viene disintegrata dal call and response strumentale tra clarinetto e chitarra (straordinaria Sheryl Baile, sopraffina esecutrice d’impostazione jazz, ma d’approccio decisamente raw oriented): nella spassosissima “Tandal”, tagliata wah-funk limite disco come neanche l’Art Ensemble Of Chicago, il silvano tema portante viene devastato dalle scorribande del contralto del Gran Capo; negli undici minuti di “Parzial-Oranir” si sfiora l’orgia hard-klezmer, con la spettacolare formazione a cinque che si libera di ogni vincolo stilistico superstite.

Non c’è un singolo secondo, impiegato nell’ascolto di “Pruflas”, che possa definirsi davvero sprecato. Oltrepassando il divertimento che dischi del genere, ludici nell’anima e così professionali nell’intento, inevitabilmente scatenano, rimane integra la polpa. E, se “Vual” annulla il chitarrismo di Pat Metheny tra stringhe poliritmiche ed ascessi distonici, pur comunque riuscendo a suonare come standard mezzo swing d’altre epoche, la severa costruzione verticale di “Egion”, fusion per liquida sezione ritmica – raddoppiata dalla linea sintetica – ed impervia acidità su sei corde e, soprattutto, l’ardito pastiche electro-psych della conclusiva “Monadel” suonano come nuove, incredibili colonne d’Ercole, al di là delle quali può essere provato solo il brivido dell’ignoto. Un vero peccato che la tappa successiva, la diciannovesima, non possa minimamente essere paragonata alle eccellenze di questa piccola, grande perla.

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ciccio 8/10

C Commenti

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Emiliano alle 16:53 del 11 dicembre 2012 ha scritto:

L'ultimo episodio di book of angels che mi aveva davvero colpito (e se non ricordo male lo avevi segnalato tu) era quello col Masada string trio. Per questo la recensione mi ha incuriosito al punto giusto, vedremo (confesso che la serie dei Book Of Angels è il territorio zorniano in cui mi addentro più sporadicamentre). Parole sante sui tre disconi citati in apertura di recensione.

Marco_Biasio, autore, alle 20:00 del 11 dicembre 2012 ha scritto:

Il Masada String Trio ha firmato due capitoli, emiliano. Il secondo, Azazel, che è un disco letteralmente sublime (sicuramente tra i primi tre della serie, assieme a quello di Koby Israelite e, perché no, a questo, o a quello di Feldman/Courvoisier), e uno molto più in là, se non erro il sedicesimo, Haborym (vado a memoria sui titoli), pur godibile anche se meno dinamico. Questa è una grande eccellenza. Io ho ripreso a seguire più spesso la serie perché i Filmworks sono ormai arrivati ad un punto morto (mi sembra che tra un po' si riprenda a pubblicare anche lì, ma ormai il discorso si è frammentato troppo), di Moonchild non c'è ancora l'ombra e la music romance non mi entusiasma più. Se non altro qui c'è il gioco cerebrale, stimolante, di vedere una composizione sotto mille luci. Pruflas ha il solo svantaggio di essere seguito da Abraxas, recensito qualche giorno fa, che è uno dei capitoli più deboli della serie.

Emiliano alle 17:12 del 13 dicembre 2012 ha scritto:

Ecco, io mi riferivo ad Haborym, pure se anche Azazel mi era piaciuto assai. Condivido la tua classifica, anche se io ci metto anche Xaphan (vol.9, quello con i Secret Chiefs 3).