V Video

R Recensione

7/10

Mirrorring

Foreign Body

Due non-sorprese all’origine di una sorpresa: possibile? Sì, a giudicare da “Foreign Body”. Che Grouper e Tiny Vipers potessero fare un disco assieme non era affatto remoto, e certamente, se lo avessero fatto, sarebbe suonato così. Eppure il debutto di Liz Harris e Jesy Fortino sotto il moniker Mirrorring rimane una di quelle chiavi di lettura sorprendentemente preziose per addentrarsi nell’America anni dieci e in quelle sue pieghe ascetico-mistiche che hanno fatto parlare a Reynolds di new religiose (di cui Liz e Jesy potrebbero essere considerate anticipatrici, dal momento che percorrono queste rarefatte nebulose già da qualche anno).

America profonda, naturalmente. Quella dei margini, delle spianate provinciali, delle cose in ombra. Grouper dà le tinte di fondo della tela con i suoi bordoni vaporosi, Tiny Vipers cura i particolari con i suoi arpeggi da pointiniste, e il risultato è un quadro astratto che porta però l’odore di un’aria crepuscolare presa ad ampi polmoni, sospesa nei colori bruni tra ambient e folk di qualche sprawl Usa. Dei sei pezzi totali, i primi due sono prove di talento singole delle due musiciste: la Harris annega “Fell Sound” nei soliti viluppi di synth, come un incanto, lasciando la propria voce fluttuare lontana, mentre in “Silent From Above” la Fortino canta in primo piano, nuda come sempre, con il suo registro più profondo che raccoglie le ruggini delle periferie e delle campagne, fatte girare negli ipnotismi scuri del fingerpicking. Qui le due artiste si guardano quasi da lontano, l'una di fronte all'altra.

I risultati migliori, in realtà, arrivano quando si avvicinano e si fondono. I nove minuti di “Cliffs” sovrappongono perfettamente l’eterea presenza di Grouper e la materialità spirituale di Tiny Vipers, con una frase di chitarra a fare da cerniera tra le due interpretazioni, mentre “Drowning the Call” può quasi prescindere dall’elemento vocale, tanto alto è il potere contemplativo di droni e appunti chitarristici. “Mine”, poi, fa da ideale summa della non-strana coppia, facendo riflettere l'uno contro l'altro i due rispettivi stili, con la Harris a riverberare la voce della Fortino e questa a sparpagliare note in modo quasi free. Deriva finale noise, ormai in gloria.

Il disco è uno di quelli che vanno lasciati viaggiare, come quasi tutte le cose Kranky. Ben dosato, schiude generosamente la nuova mistica sonora americana. Qualcosa (è ovvio) su cui specchiare anche noi.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Cas 7,5/10

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

crisas (ha votato 7 questo disco) alle 1:39 del 22 marzo 2012 ha scritto:

Che bella Drowning the Call !