R Recensione

9/10

Matmos

The Rose Has Teeth In The Mouth Of A Beast

L’ultimo lavoro dei Matmos, “The Rose Has Teeth In The Mouth Of A Beast”, è la dimostrazione definitiva dell’attaccamento quasi feticista del gruppo per gli “oggetti che suonano”: con quest’album riescono a raggiungere un equilibrio tra musicalità e dimensione puramente glitch che rasenta la perfezione.

Attingendo dai loro migliori lavori passati, Daniel e Schmidt creano una miscela ideale tra le estremizzazioni sonore delle manipolazioni digitali di “Quasi Objects” e l’integrazione narrativa di “The West”.

Ecco allora che in ognuna delle dieci biografie musicali contenute nell’album, dedicate tutte a personaggi della comunità queer, si sviluppano situazioni narrativo-sonore che esplicano al meglio i messaggi leggermente criptati.

È il caso di “Roses And Teeth For Ludwig Wittgenstein”, dove la speculazione linguistico-filosofica della frase che dà il nome all’album, è praticamente decodificata tramite la sua ripetizione; questo è il messaggio subliminale e centrale dell’intero disco, che vuol dare al fruitore l’ opportunità di ragionare e quindi capire, che la decifrabilità di situazioni spesso prive di senso, dipende dalla capacità di riuscire a proiettarle in un contesto in cui possano assumerne uno.

L’abilità di esplorare territori estremamente variegati, stavolta cattura l’orecchio sin dal primo ascolto: e allora si passa dalla freak dance di “Steam And Sequins For Larry Levan” al cut’n’paste dal sapore industrial di “Tract For Valerie Solanas” fino ad approdare alle atmosfere pulp del twist da camera di “Solo Buttons For Joe Meek”, realizzato con il contributo del Kronos Quartet.

Forse però, l’apice della creatività concettuale, si ha nella jazzata “Snails And Lasers For Patricia Highsmith”: lumache che “suonano” un theremin fotosensibile (!); la similitudine sonora è quella che vuol paragonare l’ultima parte del pezzo, che viene sommersa dalle vibrazioni prodotte dai molluschi, al finale di uno dei racconti più celebri della Highsmith (dove un ragazzo sarà assalito da questi animaletti, dopo averli amati e accuditi).

Esaurendo l’ascolto di tutto il disco, non si può fare altro che arrivare a definirlo un concept-album nel vero senso della parola, soprattutto per quelle particolari relazioni che s’instaurano tra la materia concettuale e quella sonora.

Anche questa volta i Matmos dimostrano di non aver tradito le aspettative, riuscendo ad ottenere una completezza stilistica che fino ad ora non era del tutto emersa: ciò li conferma indiscutibilmente tra i più grandi scultori sonori dell’attuale scena elettronica avanguardistica.

V Voti

Voto degli utenti: 7,9/10 in media su 5 voti.
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george 8/10
REBBY 6/10
loson 7,5/10

C Commenti

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george (ha votato 8 questo disco) alle 17:46 del 17 aprile 2009 ha scritto:

un pò esagerato...

Roberto_Perissinotto (ha votato 9 questo disco) alle 23:22 del 24 aprile 2009 ha scritto:

E' sicuramente un disco non facile da assimilare, per la grande varietà stilistica che ricopre e per l'atteggiamento schizoide verso ogni singolo brano...ma se si riesce ad entrare nella mentalità del lavoro, si scopre che è una meraviglia. A parte che ai Matmos andrebbe un premio solo per le origini concettuali dei dischi che fanno, questo concept-album è tutto immerso in un proprio universo parallelo dove la musica viene decomposta e poi riassemblata con altri pezzi che non c'entrano nulla con quelli di partenza. Quel che ne esce sono 10 pezzi che suonano tutti come dei trompe-l'oeil, dove ti immagini anche di più di ciò che c'è realmente. Dalla disco-music sbilenca di Steam and Sequins for Larry Levan, al delirio organizzato di Snails and Lasers for Patricia Highsmith, fino alla sana follia degli ultimi due brani, è tutto bello e spiazzante.