R Recensione

3/10

The Pigeon Detectives

Wait For Me

La carica dei cloni non è finita. Ecco a voi l’ennesima riproposizione dell’indie-rock che va per la maggiore, l’ennesima band con un cantante imberbe dal capello riccioluto (the-kooksiano) e con il chitarrista che indossa magliette a righe orizzontali; l’ennesima band che non resiste alla tentazione di darsi un nome con il the davanti, scadendo inevitabilmente in trovate sempre più penose (vengano a Venezia, i Pigeon Detectives, e poi vediamo se decidono di tenersi il nome o se la puzza di schitate li fa cambiare idea); l’ennesima band, infine, che rivendica con orgoglio la propria originalità.

È probabile che questi generosi ragazzotti inglesi non abbiano neppure mai ascoltato i Clash o i Jam, sicché mi limiterei ad una lista delle derivazioni ristretta alla contemporaneità. E quindi, in ordine decrescente: Kaiser Chiefs, Franz Ferdinand, Five O’Clock Heroes, Strokes, Maximo Park , Futureheads. Vi assicuro che sarebbe ozioso aggiungere dell’altro nel disperato tentativo di dare al lettore qualche indicazione più precisa. Basti dire che su tredici pezzi l’unico lento (o quasi) è l’ultimo: il resto è una gittata unica di schitarrate, riff molto yeah, cori very cool, melodie troppo in. Ascoltare i primi trenta secondi di ogni canzone è sufficiente.

Provo lo sforzo immane di qualche distinzione: in “I Found Out” i cori gettano una luce spaventosamente retrò sul pezzo, tanto da far sembrare “Employment” dei Kaiser Chiefs un disco di trent’anni fa. Si segnalano, qui, l’assolo e un intervallo in cui rimane la sola voce con dei claps sullo sfondo. Ci si può divertire, per carità.

I testi sono sconfortanti. Nessuna traccia di intelligenza (“I’m so in love with you, I just don’t know what I should do”: spararti?). Quasi tutti i pezzi, almeno, sono brevi. In “Caught In Your Trap” c’è qualche tentativo di rottura dello schema, se non altro in virtù di appigli più vicini allo stile un po’ segmentato e demenziale dei Futureheads, oltre che di un finale lento che non c’azzecca nulla col resto (Arctic Monkeys docent). “I’m Not Sorry” è il singolo, e forse il pezzo più felice: il cantato scimmiotta lo stile di Casablancas, l’assolo di chitarra è una riproduzione in laboratorio di un qualsiasi assolo della coppia Valensi/Hammond Jr, ma va beh, per una volta ci si passa sopra: la melodia è riuscita, le continue interruzioni rilanciano a catena la canzone.

Tutti gli altri brani non aggiungono nulla. “Let Go”, in chiusura, unico pezzo più rallentato, è forse il peggiore, ripetitivo e stancante. Solo, per i curiosi: sentitevi i primi quaranta secondi di “Stop And Go”. Io all’inizio stentavo a crederci: non sono i Kaiser Chiefs.

Odio chi stronca un disco perché è troppo ‘derivativo’. Odio la parola ‘derivativo’. Ma in questo caso sento di poter correre il rischio di odiarmi senza troppi rimpianti. I Pigeon Detectives mancano del tutto di intensità e anima. E non divertono neppure tanto: ripetono, si ripetono, e basta. Solo per appassionati patologici del genere.

V Voti

Voto degli utenti: 3/10 in media su 3 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Marco_Biasio (ha votato 2 questo disco) alle 10:06 del 6 luglio 2007 ha scritto:

O_o

Cazzo se questi sono brutti. I cloni dei cloni dei cloni dei cloni dei cloni dei cloni. Senza un minimo di originalità (per forza, copiano da chi ha già abbondantemente copiato a suo tempo), senza passione, svogliati, certe volte anche loro sembrano schifati da quello che fanno. Brutto! Ma ottima recensione e, quel che importa, obiettiva.

Nadine Otto alle 9:11 del 7 luglio 2007 ha scritto:

Perchè i piccion son buoni solo a far .....

Mi ha divertito molto questa recensione!