R Recensione

7/10

Ibrahim Maalouf

Red & Black Light - Kalthoum

Saltando fra passato e futuro, oriente ed occidente, classico e moderno, il giovane trombettista libanese Ibrahim Maalouf sta disegnando, nel mare musicale che lo circonda, una rotta originale e ricca di piacevoli imprevisti, mosso da una voglia di esplorare che sembra non conoscere confini.

Dopo la colonna sonora del film di Jalil Lespert dedicato ad Yves Saint Laurent, e la relativa nomination al premio Cesar, sono ben due le uscite giunte sul mercato contemporaneamente in tempi recenti, entrambe  dedicate all’universo femminile.

Kalthoum”, è un omaggio alla celebre cantante e musicista egiziana Oum Kalthoum, attiva dagli inizi del 900 e scomparsa nel 1975, simbolo della storia del mondo arabo e figura in grado di attraversare le generazioni con la eloquenza di un patrimonio artistico che ha ispirato lo stesso Maalouf. Il lavoro è composto da una lunga suite articolata in sette movimenti, che prende spunto dal tema della celebre canzone “Alf Leila Wa Leila (Le mille e una notte) per sviluppare una complessa sintesi fra le voci jazz del sassofono coltraniano di  Mark Turner e del basso di Larry Grenadier e quelle della tradizione araba espresse dalla tromba del protagonista. Musica molto densa, ricca di passaggi strutturati e con i fiati assoluti protagonisti sia negli unisoni che negli spazi solisti. Il quintetto, completato da  Clarence Penn (batteria), e Frank Woeste (piano) è lo stesso di “Wind, omaggio a Miles Davis, registrato nel 2011, con cui “Kalthoum” si pone in linea di continuità.

Red & Black Light”, con una veste sonora più accessibile ed esterna al recinto della musica colta, è la sorpresa più consistente. Concepito come un’ode alla donna contemporanea ed alla sua capacità di cogliere nella vita quotidiana il senso dell’essenziale, il disco affida al quartetto composto, insieme al leader, da Eric Legnini (tastiere), François Delporte (chitarra) e Stephane Galland (batteria), l’ elaborazione di un jazz (post) rock in chiave fortemente elettrica, che non disdegna puntate nell’easy listening, spunti elettronici ed allunghi in chiave world. Partite dal fondo e verificate come la sensibilità  musicale di Maalouf riesca a trasformare l’irritante marzialità di “Run The World” di Beyoncè in una felpata e sincopata ballad condita di elettronica. Poi andate all’estremo opposto del lavoro e troverete “Free Spirit”, un pezzo camaleontico che inizia con un lungo soliloquio del piano elettrico, sfodera un ritornello a presa immediata, da colonna sonora di un telefilm o canzone dell’estate, e quindi riesce a trasformarsi di nuovo, con gli echi orientali della tromba di Maalouf ed una sezione finale di chitarra e synth. Fra questi lidi e le imponenti architetture di “Kalthoum” c’è un abisso, ma Ibrahim Maalouf manifesta  capacità di essere a proprio agio in entrambi in contesti, e con la massima naturalezza. Fra i due estremi del disco troverete il post rock di “Essentiels” condotto da un prodigioso fraseggio della tromba, il nervoso sviluppo di “Goodnight Kiss”, gli abissi elettrici degni dei Mogwai della title track, l’elettro fanfara di “Escape”, le suggestioni jazz ed elettroniche di “Improbabile”, per quaranta minuti assolutamente godibili ed accattivanti, nonostante un lavoro di scrittura estremamente elaborato, che, come sottolinea l’autore, non risparmia poliritmi in 19, 17 o 27 tempi. “Abbiamo cercato di arrangiare i pezzi in modo da nascondere le complesse strutture armoniche e ritmiche di una musica che si può cantare o ballare, e che rivela la sua complessità solo ad un’analisi matematica”. 

Voi leggetelo come volete, in modo istintivo o scientifico, ma “Red & Black Light” resta un esempio davvero eloquente di sconfinata libertà espressiva.

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Paolo Nuzzi alle 9:15 del 29 ottobre 2015 ha scritto:

Interessante, quante cose interessanti stanno uscendo in questo 2015. Lo segno, ottima segnalazione!