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R Recensione

7/10

Katie Gately

Color

Per quanto l’aggettivo sperimentale sia affibbiato un po’ a chiunque, con Katie Gately siamo senza dubbio di fronte a un’artista che lo può portare su di sé a pieno titolo: a due anni da “Pivot”, pezzo di 14 minuti e mezzo con cui si riaffacciava dopo i lavori del 2013 (l’eponimo e “Pipes”), oggi la sound designer di base a Los Angeles debutta su disco per la Tri Angle, ed è un buon disco.

Ciò che conferma è un’attitudine a un suono massimalista, invasivo, continuamente condotto alla miccia che lo fa esplodere, con un collage che appiccica sopra all’art pop più destrutturato le più impensabili pezze sonore, su uno sfondo di un nero ferroso quasi stregonesco (l’etichetta è la stessa di Forest Swords, Holy Other, Balam Acab e altri). L’esercizio di assommare più cose possibili è rischioso, ma “Color” riesce a non urtare, lasciando per strada anche qualche gioiello, a partire da “Tuck” – tra i pezzi dell’anno. È l’apice melodico di un disco, per il resto, più concentrato sui tessuti sonori, ma che mantiene, rispetto a questo pezzone, la stessa tendenza a sovrapporre e intricare strati, samples, richiami tradizionali (qui la tromba), tutti poi incrostati e impeciati da un’elettronica crostosa, in una resa di esaltata ebbrezza.

Vengono in mente, altrove, Glasser (“Frisk”) o la prima Bat For Lashes (nel paganesimo notturno di “Color”, dove convivono accenni di ninnananna a modulazioni vocali storpiatissime), sullo sfondo di Bjork. Le basi sono quasi sempre furiose (“Sift”), sicché dove abdicano lasciano l’ascoltatore in una terra desolata straniante, quasi ai confini con i paesi tzigani (vd. i Balcani stravolti di “Rive”: qualcosa come il Matt Elliott più zingaresco rifatto da Julia Holter).

Il complesso è arduo da incasellare – sperimentalismo, appunto. E funziona.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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woodjack 7,5/10

C Commenti

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woodjack (ha votato 7,5 questo disco) alle 11:46 del 4 ottobre 2016 ha scritto:

azz, e questa stava per passare inosservata! segnalazione ottima! il sound in effetti è parecchio affastellato e alcune stratificazioni sembrano pretenziose, ma l'insieme è affascinante, caos del XXI secolo non sviluppato in orizzontale e in senso centrifugo (tipo Fiery Furnaces) ma in verticale, per sovrapposizioni su strutture canoniche e ripetitive... ascolterò con attenzione, nel frattempo: up!

woodjack (ha votato 7,5 questo disco) alle 23:11 del 5 febbraio 2017 ha scritto:

attenzione, disco importante! imperfetto ma importante nel suo essere originale utilizzando linguaggi contemporanei: l'estetica "witch" sembra solo il pretesto più logico e accattivante per miscelare EBM e astrattismo digitale; in questo senso più che Holly Herndon (che pure potrebbe essere un attualissimo riferimento), mi vengono in testa i lavori di quest'anno dei veterani James Ferraro e Oval, insomma siamo a metà tra glitch e vaporwave ma declinati in chiave molto "progressiva", totalista, dalla scrittura complessa e densamente stratificata. Il risultato è una inedita soluzione di umori arcani/tribalistici e costruzioni post-moderne (non sarebbe fuori luogo citare i Chrome tra i possibili riferimenti del passato, quantomeno concettualmente). Almeno, io l'ho sentita così! Da non sottovalutare secondo me, c'è solo da mettere a punto la ricetta e, si volesse andare in direzione più art-pop, affinare il songwriting.