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R Recensione

7/10

Uli

Black and Green

Alice Protto, in arte Uli, è una di quelle persone che il lavoro d’ufficio non avrebbe mai potuto svolgerlo. Cantautrice, musicista e attrice, Uli ha imparato a suonare il sassofono, ha fatto parte di una band surfabilly grind, ha frequentato una scuola d’arte drammatica, ha lavorato in teatro e ha infine composto canzoni. Insomma, un’inclinazione all’arte che sta impressa nel suo codice genetico. "Black and Green" è in fondo la prima grande prova di quest’artista vercellese, dopo aver già pubblicato un EP e condotto un lungo tour per mezza Italia. Visionaria e delicata, Uli è una dai gusti sofisticati, e il disco che ci apprestiamo a recensire non fa che confermare queste peculiarità, che possiamo idealmente far corrispondere ai colori verde e nero. Ad aiutare la Protto ci sono Federico Bortoletto al basso, Federico Branca Bonelli alla batteria e percussioni, Domenico Finizio alla chitarra, Filippo Cuomo Ulloa all’organo e Luigi Napolitano ai sax.

La psicologia spicciola sostiene che chi ama il verde sia calmo, ordinato, realista ma grintoso, quindi abile ed efficiente sul lavoro, e possegga inoltre una forte autostima. Al contrario, chi ama il nero è irrazionale, ribelle, autoritario e precipitoso, ma adora l’eleganza. Uli decide di vedere il mondo con lenti verdi e nere, e di cantarlo per quello che è, con particolare attenzione al bicchiere mezzo pieno (lente verde); d’altro canto, nei suoi testi v’è un’insofferenza e una smania tipiche degli animi inquieti, una torma di cavalli imbizzarriti che non sopportano le redini (lente nera). Ecco: questa ci sembra l’interpretazione critica di "Black and Green" che più si avvicina alla natura bipolare di questo bel disco, in cui compare la romantica leggerezza degli Amycanbe, le atmosfere caliginose della prima Goldfrapp e quella voglia di gettarsi negli anni ’60-’70 che fu tipica di Róisín Murphy coi Moloko.

Nove pezzi abbastanza brevi in questo CD, che prende il largo da "To Live Forever in a Hidden Safe", brano dalle atmosfere fatate con Uli incantata a dirigere un’orchestrina di piovre, tanto che pare di rivedere le pareti dello "Yellow Submarine" beatlesiano. Il disco prosegue con "From" e il ritmo si fa più incalzante, con un gran giro di basso e un ottimo arrangiamento; è poi la volta di "Martial Heart", canzonetta corale dalle inflessioni free jazz, quasi fosse lo spot di un istituto di igiene mentale. Con "Emerald Dance" Uli torna a una forma canzone più classica, regalandoci un brano ben confezionato sotto tutti i punti di vista, dal cantato ai cori, la rotondità del basso, la progressione della batteria e l’adagio delle tastiere: il mood è assieme allegro e malinconico, la melodia strutturata ma non per questo difficile da digerire. È ora la volta della confortante title-track, in principio piatta come un lago di montagna, poi più movimentata, senza per questo giungere alla burrasca, con Uli che riesce a mantenere sempre toni pacati, mai parole fuori luogo, offrendo suoni caldi e melliflui. Dopo l’omaggio ad una delle più belle voci femminili di sempre, Nina Simone, Uli presenta "Dry River", il brano più rock di questo "Black and Green", e "Dark Curls and Blondie", dalle dichiarate morbidosità surf. In chiusura c’è "Hicks Y Z", in cui la nostra torna ad essere un’insofferente anima affabile dalla voce importante ma sinuosa.

"Black and Green" è un disco garbato, che rivela un approccio alla composizione e al canto i cui elementi fondativi sono l’istinto e la riflessione, è un disco che non cede allo stereotipo, al mainstream, che non ha cadute di stile, è semmai fin troppo elegante e posato, quasi mai sovversivo. Insomma, per essere un esordio, è un esordio coi fiocchi.

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