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6/10

Justin Currie

The Great War

Justin Currie è una di quelle persone che è stata baciata dalla dea bendata.

Il destino gli ha generosamente concesso di disporre di una voce di qualità superiore, un ipotetico incrocio fra Peter Gabriel, Paul McCartney e Ray Wilson (alcuni di voi lo ricorderanno come sostituto di Phil Collins nei trascurabili Genesis di “Calling All Stations”).

Justin mise cotanta qualità al servizio dei Del Amitri, progetto momentaneamente archiviato anche se mai ufficialmente sciolto, con una manciata di album molto apprezzati nel carniere, tre dei quali in grado di raggiungere la top 5 delle chart britanniche durante gli anni ’90.

Oggi Currie prosegue la propria carriera come solista e l’anno 2010 è marchiato a fuoco da “The Great War”, disco piacevolissimo e gradevolmente estivo, nel quale il felice songwriting dell’autore si coniuga alla perfezione con arrangiamenti orecchiabili, ma non certo smaccatamente pop.

L’artista scozzese (è nato a Glasgow nel dicembre del 1964) si destreggia ottimamente sia quando disegna irresistibili up tempo (“Anywhere I’m Away From You”, “Everyone I Love” e soprattutto “At Home Inside Of Me” si impongono come i migliori del lotto), sia quando sfodera il proprio versante più malinconico (“You’ll Always Walk Alone”, “The Way That It Falls” e la conclusiva “Baby, You Survived”), lasciando magari al pianoforte ed agli archi la possibilità di impadronirsi momentaneamente della scena al posto delle chitarre, suonate in maniera ineccepibile dal fedelissimo Mike Slaven.

L’unica pecca emerge quando l’ex Del Amitri cerca di complicare le strutture, come nel caso di “The Fight To Be Human”, tirata avanti per oltre otto minuti girando intorno ad una buona idea sviluppata male.

Quando invece Currie sintetizza il materiale a propria disposizione, nascono i momenti migliori di un disco in grado di fare degna figura in qualsiasi playlist.

Magari si perde un pochino nel finale, con qualche traccia un po’ sotto la media (“As Long As You Don’t Come Back”, comunque di innegabile eleganza), e di fatto “The Great War” è lungi dall’essere considerabile un capolavoro dei nostri tempi, pur imponendosi per freschezza e buona costruzione delle architetture.

E sarebbe bello ascoltarlo sfrecciare a tutto volume da qualche auto in uno dei tanti pomeriggi estivi che ci attanaglieranno nelle prossime settimane, al posto dei soliti Lady Ga Ga o Ligabue.

 

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