Genesis
Nursery Cryme
I primi vagiti furono consumati al tramonto degli anni 60 con ladolescenziale From Genesis To Revelation; lalba dei 70 portò in serbo quel Trespass ancora in parte acerbo, ma dal quale si iniziò a delineare il suono di quella che in Italia divenne di lì a poco la band progressive per antonomasia, culla di personalità che avrebbero scritto pagine importanti anche in brillanti percorsi solistici.
Anno di grazia 1971, cè un omicidio che si consuma tra le mura di un ospedale ed un carillon che continua a suonare la stessa canzone, una vecchia canzone di Nat King Cole, i sogni e le visioni del signor Peter Gabriel iniziano a prendere forma in Nursery Cryme (occhio al Cryme del titolo, in linea con la moda del periodo che amava storpiare parzialmente i nomi conservandone il suono) che significa innanzitutto The Musical Box, immortale mini suite di oltre dieci minuti che si dipana da impercettibili e timidi accordi di chitarra e passando attraverso assoli di flauto ed intermezzi tipicamente rock approda ad un esplosivo finale in crescendo.
La chitarra dei Genesis non è più nelle mani di Anthony Phillips, sostituito da Steve Hackett, e dietro la batteria si siede per la prima volta un giovanissimo, e per il momento silente, Phil Collins.
Michel Rutherford lascia da parte le mire chitarristiche e si concentra sul basso, Tony Banks inizia a distinguersi come anima artistica e strumentale del gruppo, dietro il suo groviglio di tastiere.
La copertina disegnata dal fedele Paul Whitehead (ripresa in parte nel successivo Foxtrot) richiama il tema della nurse assassina che gioca a golf con le teste dei malcapitati neonati, ma la sua lugubre atmosfera non impedirà alla band inglese di affermarsi proprio con questo disco su larga scala nel nostro paese, prima che nella terra dorigine e nel resto dEuropa.
Gli scarsi 40 minuti dellalbum sono un susseguirsi di emozionanti affreschi musicali, dove Gabriel e Banks costruiscono racconti mitologici ed impareggiabili allegorie, con il tripudio nella conclusiva The Fountain Of Salmacis, epico e sognante racconto favolistico che narra mitici racconti di ermafroditi e ninfee.
Cè anche il giusto spazio per soluzioni più aggressive, ed è il caso di The Return Of The Giant Hogweed che continua il filone più hard iniziato dalla The Knife del disco precedente.
For Absent Friends ed Harlequin sono dei rilassanti intermezzi piazzati strategicamente come a suddividere il disco in diversi atti.
Ma il vero gioiello nascosto è il pezzo che apre il lato B del vinile, la misconosciuta Seven Stones un brano da brividi che racconta di avventure marinaresche, strategicamente seguito dalla disimpegnata Harold The Barrell, simpatico siparietto su un ubriaco che decide di gettarsi da un cornicione, e nella quale è possibile notare quanto la voce di Collins mutuerà da quella di Gabriel (qui a cantare è proprio Peter, non lasciatevi ingannare dalle apparenze).
Onirico, fiabesco, denso di grandi suggestioni, Nursery Cryme è il primo capolavoro dei Genesis dellera Gabriel, disco fondamentale del rock progressive inglese, non meno dei successivi Foxtrot e Selling England By The Pound, con i quali costituisce un trittico che permetterà al quintetto inglese di iscriversi nellesclusivo club delle più grandi band di sempre.
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