R Recensione

7/10

Mudhoney

The Lucky Ones

Dai Green River a The Lucky Ones, Mark Arm e Steve Turner hanno costruito con testardaggine unica un percorso assolutamente virtuoso e senza compromessi.

Non contenti della piega che il suono dei Green River andava prendendo, già nel 1987 lasciarono Jeff Ament e Stone Gossard liberi di dar vita ai Mother Love Bone prima e ai Pearl Jam subito dopo, e tutto quel che è accaduto successivamente pare proprio non abbia lasciato rimpianti nell’animo dei due leader dei Mudhoney.

Non sono diventati dei multi miliardari idolatrati da mezzo mondo, ma vanno assolutamente fieri delle scelte artistiche fin qui percorse.

Mai un potenziale hit, la costante intenzione di restare una bandiera per pochi fedelissimi, quasi a voler definire un livello di successo tale da poter mantenere intatta la propria libertà artistica.

Scelta voluta o adeguamento al volere del mercato?

Due anni fa ci lasciarono chiedendosi “Where is the future?”.

Nell’anno di grazia 2008 li ritroviamo consapevoli delle proprie caratteristiche e decisi a costruire il proprio futuro attingendo dal passato, come in una sorta di ritorno a casa, come in una sorta di ritorno alle radici del rock’n’roll più puro.

Future” e “Past” sono due vocaboli che ritornano in “I’m Now”, la traccia di apertura di The Lucky Ones, ed ecco che tutto torna.

Scorgiamo la consapevolezza di essere fortunati ad esistere ancora, unici superstiti (proprio assieme ai Pearl Jam) di quello che resta l’ultimo grande scossone nella storia del rock’n’roll, un gigantesco movimento tellurico chiamato Grunge, che troppi protagonisti ha visto perdere per strada troppo velocemente e prematuramente.

Ci sono molti ingredienti interessanti in questo nuovo disco dei Mudhoney: grandi chitarre, il meraviglioso beating ending di “Inside Out Over You”, elementi psichedelici in “And The Shimmering Light”, mood sabbathiani in “In Search Of…”, addirittura una sorta di drum solo nella title track.

Non troviamo i fiati che avevano caratterizzato congrue parti delle più recenti produzioni e l’atmosfera è per molti versi differente rispetto alla generale pulizia propinata dal pur eccellente Under A Billion Suns, secondo me uno dei migliori dischi del 2006.

Tutte le scelte qui fatte riportano alle origini, quasi a voler sottolineare che in contemporanea con l’uscita di The Lucky Ones è stata immessa sul mercato la Deluxe Edition del classico Supermfuzz Bigmuff in occasione del ventesimo anniversario di uno dei più importanti dischi della scena alt rock mondiale.

Nel dubbio tra sentirsi vecchi o orgogliosi, il quartetto americano dimostra di sapersi muovere sia in atmosfere quasi tribali (“Next Time”), sia nelle situazioni più selvagge (“The Open Minds”), ma soprattutto troviamo l’ennesima conferma che ogni nuovo album dei Mudhoney suona come soltanto un album dei Mudhoney potrebbe suonare.

Ovunque è evidente quell’attitudine punk che ci riporta alle sbornie adolescenziali di “Here Comes Sickness” e “Touch Me I’m Sick”, ed è forte la sensazione di trovarsi al cospetto di un disco costruito e suonato tutto d’un fiato, pronti via e buona la prima.

In effetti pare si tratti del lavoro più veloce mai registrato dai nostri, addirittura meno di quattro giorni, overdubs inclusi.

Nello spazio di due mesi Mark and Steve sono tornati anche con il proprio progetto parallelo denominato Monkeywrench, avvenimento che li pone nell’attuale panorama musicale internazionale come degli iperattivi, nonché protagonisti di una seconda giovinezza, cosa meravigliosa oggi per “la band che fu grunge prima che Soundgarden, Nirvana e Pearl Jam fossero grunge”.

Chissà se già all’epoca si sentirono parte integrante di qualcosa di magico e nuovo?

Chissà se quei giorni furono per loro davvero così fantastici?

Per tutti noi oggi la cosa davvero importante è ritrovarli ancora qui, alive and kicking.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 6 voti.
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luca.r 5/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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DonJunio (ha votato 6 questo disco) alle 23:00 del 24 ottobre 2008 ha scritto:

Inossidabili

autentiche bandiere di Seattle. Magari i loro dischi non saranno più freschi come un tempo, ma che mondo sarebbe senza questi adorabili ubriaconi?

Alessandro Pascale (ha votato 9 questo disco) alle 23:40 del 19 dicembre 2008 ha scritto:

incredibile ritorno.

Pochi cazzi i Mudhoney se ne sono usciti con un disco che spacca di brutto e che mi ricorda per compattezza, violenza, maturità e valore quell'Into the woods delle sleater kinney che qualche anno fa (2005? mah, la memoria non è più quella di una volta) mandò ion visibilio chi pensava che l'alt-rock non avesse più niente da dire.