R Recensione

7/10

Mapuche

Autopsia

Mapuche lo avevamo incontrato per caso, con la sua chitarra e la sua cruda ammissione di inadeguatezza. Credevamo, sbagliando clamorosamente, che fosse uno dei tanti guitti che popolano il web in cerca di visibilità. Scoprimmo invece che era un cantautore vero, che aveva già pubblicato un' EP dal titolo geniale ("Anima Latrina") e che "L'Uomo Nudo" (il suo primo album) era un disco meraviglioso. Avevamo citato, tra gli altri, la poesia ribelle di Rino Gaetano e l'enfasi del primo Vasco Rossi, ma soprattutto avevamo notato in lui una volontà di raccontarsi genuina, diretta e ispirata. 

Quel Mapuche "nudo" di quattro anni fa raggiunge oggi un livello di introspezione talmente profondo da diventare dichiaratamente "autoptico". Archiviati i momenti "leggeri" presenti nel primo disco, "Autopsia" ne segue il filo logico (l'ultimo brano de "L'Uomo Nudo" si intitolava "Al mio funerale") ma ne accetta definitivamente il destino mortale e doloroso. C'è pochissima luce in "Autopsia", un disco che diventa un racconto complesso, devastante e personale. E se quattro anni fa Colapesce aveva dispensato ovatta tra le scarne narrazioni di Mapuche, oggi Alessandro Fiori riduce il proprio intervento al minimo, nella volontà di preservare la forza delle parole di Cesare Lanza.

"Scegli me" ("perché tra tutti sono io il più inutile") è ancora un brano rock, ma già con "Il Chiodo" si entra in un clima di profondo intimismo, come se la musica fosse un mezzo strumentale al servizio delle confessioni "a cuore aperto" del suo autore. E il cuore del disco è già lì, legato da un filo sottile con le atmosfere malinconiche di "Primo Discorso" ("ricordi quando stavo bene / fuggivo sempre alla vista delle persone"). In mezzo, nuove domande esistenziali ("Cosa vuoi che ti cucini?" come soluzione in "La responsabilità civile dello chef"), nuove reminiscenze del Vasco Rossi migliore ("Son finito nel tuo armadio") e l'evidenza di un notevole passo avanti nella scrittura. Un passo avanti che allontana Mapuche dai paragoni più diffusi (BugoRino Gaetano) ma avvicina Enrico Lanza ai grandi della canzone d'autore "off" (Ivan GrazianiClaudio LolliFlavio Giurato). E in chiusura, una canzone perfetta che sa di resa, dolore e chiarimento ("e tu continui a consigliarmi / uno stacco improvviso / un periodo di pausa / per poter guardarmi dentro / e non capisci che nel mio caso / non c'è differenza alcuna / tra l'introspezione e l'autopsia").

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