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R Recensione

7,5/10

Verner

Fiori dal limbo

Da Caserta a Bologna, non per motivi di studio: l’epopea di Verner è quella del musicista che va all’arrembaggio, verso città in fermento culturale. Dopo l’esordio de “Il mio vestito” (2009), Gianandrea Esposito c’ha riprovato nel 2014 con un disco piuttosto raffinato, curatissimo nei testi e davvero gradevole nei suoni. Perseguendo, al pari di Marco Parente, Paolo Benvegnù o i Perturbazione, un genere in grado di unire la musica d’autore alla godibilità del pop, Verner ha confezionato un disco che, sin dal primo play, si offre assolutamente piacevole. Bella, poi, l’idea delle sei copertine intercambiabili, tutte illustrate da Mara Cerri e tutte contenute nello stesso digipack: ad ognuno la libertà di scegliere la copertina che preferisce.

Passiamo all’ascolto. “Fiori dal limbo” consta di dodici quadretti raffiguranti le ansie, le incertezze, le vittorie, i timori, l’allegria, le attese e le peregrinazioni mentali del nostro Verner. A differenza del primo LP, questo è leggermente più complesso, e spesso la convenzionale forma-canzone viene contagiata da strumenti inusuali quali l’armonio indiano o da ritmiche elettroniche che rendono più serrato l’ascolto. Sovrane regnano le chitarre (alle quali Verner attacca pure l’archetto elettronico EBow) tanto che l’impasto sonoro in pezzi come “Tutti questi anni”, “Terra dei miracoli” e “Portami in giro” risulta perfettamente equlibrato; un po’ di elettronica (Domenico Stranieri) la troviamo invece in “Di noi due” e “Cose semplici”; menzione particolare invece per “Giorno di riposo”, elegantissima nelle sue volute di violoncello (Frauke Spangenberg). E le gradite collaborazioni, di tutto rispetto, permettono al disco di decollare definitivamente: Simone Cavina (Yuppie Flu e Junkfood) alla batteria, Luca Nicolasi (Beatrice Antolini) al basso, Giacomo Fiorenza (Colapesce e Moltheni) al mixaggio.

Se prima di ascoltare “Fiori dal limbo” ci sembrava di impazzire in uno spazio angusto, claustrofobico, senza speranza di fuga -come d’altronde percepiamo dalle surreali illustrazioni-, dopo tre quarti d’ora, quasi fossimo esperti escapologi, ci sentiamo liberi da tutte le catene e costrizioni e, in un baleno, siamo fuori dal limbo

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